Milano – BELLOTTO e CANALETTO – “Lo stupore e la luce”

| 22 febbraio 2017
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Così simili, così diversi

“Il grande Antonio Canal parte dapprima dalla secca ‘Veduta’ romana del genere del Vanvitelli e del Pannini; poi, per essere più vero, si valse della camera ottica, miracolosamente, versa in poesia…quella sua certezza illuministica di verità assoluta, volta alla luce dorata, a traversoni d’ombra dei pomeriggi inutili in una Venezia che si sbriciola e screpola come le rughe, ha la mestizia stereoscopica delle vedute del ‘mondo nuovo’. Né si può dimenticare che il poco men grande nipote, Bernardo Bellotto, trasferì quella stessa poesia sui ponti di Torino, Sulle mura e sui campanili di Dresda e di Pirna, anzi con una magica densità da prevedere quella dei grandi descrittori russi dell’Ottocento.” Così Roberto Longhi nel “Viatico” per la mostra veneziana nel 1946. Partendo da questa ammirazione di uno dei più grandi critici del Novecento avviamoci a visitare la superba mostra in corso alle Gallerie d’Italia, sede museale di Intesa-Sanpaolo a Milano, con ben 100 opere, di cui molte mai viste in Italia, provenienti dai più grandi musei del mondo. L’esposizione vuole illustrare uno dei periodi più affascinanti della pittura europea, il “Vedutismo” veneziano attraverso i dipinti dei suoi due maggiori interpreti di questo genere che tramite loro divenne caratteristica peculiare del Settecento: Antonio Canal, detto il “Canaletto” (Venezia, 1697-1768) e suo nipote Bernardo Bellotto (Venezia, 1722-Varsavia, 1780) che, cresciuto nella bottega dello zio, ne carpì i segreti e talvolta anch’egli venne chiamato “Canaletto”. Il percorso della mostra indaga i rispettivi processi creativi fondati sull’uso della prospettiva e lo stretto legame fra disegno, stampa, dipinto. Entrambi contesi dai maggiori collezionisti internazionali, il loro viaggio artistico parte da Venezia per toccare Roma, Firenze, Verona, Torino, per proseguire in Europa: Canaletto per Londra, Bellotto per Dresda, Varsavia. Omaggio al territorio che la ospita, questa rassegna approfondisce il ruolo fondamentale di Milano e della Lombardia nello sviluppo della poetica del Bellotto, perché qui egli perfeziona il proprio originale punto di vista nel rappresentare la natura e il paesaggio che acquista rigore prospettico e luce argentata con più spiccato realismo nella Milano illuminista ed accogliente rispetto alla stessa veduta della città dipinta da Canaletto. Dopo avere girato l’Italia, diciamo pure poeticamente “fotografandola”, il Bellotto, forse sentendosi in parte incompreso, si trasferisce all’estero, prima a Monaco (1745), poi a Dresda dove resta quasi vent’anni, salvo un breve intermezzo viennese ed un viaggio in Russia. Trasferendosi definitivamente a Varsavia, pittore di corte di Stanislao II Poniatowski, dove muore nel 1780. La mostra alle Galleria d’Italia è arricchita dallo studio di Sergio Marinelli condotto sull’inventario della biblioteca appartenuta a Bellotto ed andata distrutta nel bombardamento prussiano a Dresda del Luglio 1760. In esposizione vediamo il documento originale con l’inventario ed una selezione di 28 libri nelle stesse edizioni di quelle del pittore. Si tratta probabilmente della più straordinaria biblioteca d’artista della storia con oltre 1000 titoli. I volumi spaziavano su campi totalmente imprevedibili: dai “classici” greci e romani come Pausania, Plauto, Cicerone, Orazio, ai moderni quali Dante, Petrarca, Ariosto, Machiavelli, Aretino, Tasso e l’amato Boccaccio. La biblioteca conteneva anche opere filosofiche, fra cui Erasmo da Rotterdam, Montaigne, Hume, Newton, Montesquieu. Una riscoperta che ci parla di una personalità complessa ed inquieta che ce lo mostra fervente sostenitore dell’illuminismo estremo. Ma come riuscivano i due artisti (e così altri interpreti “vedutisti” di quel tempo) a rendere prospettive e linee così perfette e aderenti alla realtà? A questa domanda molti critici hanno ipotizzato l’utilizzo della “Camera ottica”.  Ma a cosa si riferivano? La camera ottica o oscura è uno strumento basato sul principio della proiezione di un’immagine su una superficie attraverso un foro su cui è applicata una lente. Il principio, lo stesso della visione dell’occhio umano, è noto fin da Aristotele. Applicato nella costruzione di apparecchi ottici, trova utilizzo nel campo topografico, scientifico, militare e soprattutto artistico fin dalla prima metà del Quattrocento. Subì vari perfezionamenti nel tempo ed è noto che l’inventore della Fotografia, Nicephore Niepce (1765-1833), si servì per le sue ricerche del metodo di fissare l’immagine di due camere oscure con lenti concave, acquistate a Parigi nel 1826. La camera ottica del Museo Correr di Venezia (dono di Luigi Vason nel 1901), esposta in mostra, recante la scritta “A. CANAL” che suggerisce la sua appartenenza a Canaletto, è una semplice scatola di legno. Di piccole dimensioni, dunque portatile ed utilizzabile “en plain air”, rappresenta il genere più noto, a specchio interno, utilizzato dai pittori di paesaggio e di vedute sin dalla seconda metà del Seicento. Lo specchio interno, inclinato a 45 gradi, riflette l’immagine, introdotta all’interno attraverso il piccolo foro stenopeico fornito di lente concava, sullo schermo di vetro opalino smerigliato, collocato sulla parte superiore della scatola. Appoggiando la carta oleosa e trasparente sul vetro è possibile disegnare i contorni dell’immagine, riflessa invertita destra/sinistra. Da qui parte il lavoro dell’artista, agevolato nella ripresa dei dettagli e della prospettiva, mettendoci ovviamente anche del suo in quanto a preparazione tecnica e sensibilità. Infine, Bozena Anna Kowalczyc, curatrice della mostra e dell’esaustivo catalogo bilingue (italiano-inglese, Banca Intesa Sanpaolo, edito da Silvana Editoriale), sottolinea il sentimento più moderno del nipote caratterizzato da una vista più ampia del paesaggio e più realistica dei personaggi inseriti, temi moderni che lo differenziano dallo zio ancorato al più splendido ed idealizzato Settecento. Queste caratteristiche, insieme alla riscoperta dell’inventario sopra citato, ne fanno una delle personalità più libere tra gli artisti del Settecento. Da parte mia ricordo come il critico Oreste Marini amava distinguere i due dalla rappresentazione dei cieli: rosee e vaporose le nubi veleggianti in Canaletto, più dense e grigie nel Bellotto, che, indubbiamente, avvertiva ansioso quelle che si sarebbero riversate a breve sull’Europa. La curatrice stessa, ora, lo sente presago della “Rivoluzione Francese”.                                                                  La mostra si completa con una sezione multimediale in cui il visitatore è accompagnato alla scoperta del Vedutismo, di Venezia e del Settecento europeo, fruibile anche al sito www.ilbookshopdellemeraviglie.it . Numerose le attività didattiche per le scuole di ogni ordine e grado con laboratori.

Gallerie d’Italia – Piazza Scala; fino al 5 Marzo 2017; orari: martedì-domenica 9.30-19.30 (ultimo ingresso 18.30); giovedì 9.30-22.30 (ultimo ingresso 21.30); da martedì 28 Febbraio a domenica 5 Marzo apertura prolungata fino alle 23 (ultimo ingresso 22); Informazioni: Numero Verde gratuito: 800 167619; www.gallerieditalia.com

Fabio Giuliani

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