Milano – ALIGHIERO BOETTI – “IL MONDO FANTASTICO”

| 11 aprile 2018
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Figure singolari per il loro linguaggio di ricerca innovativo la storia artistica italiana del Novecento ne ha viste diverse, anche meritevoli di calcare le scene internazionali: una di queste è senz’altro Alighiero Boetti, la cui produzione è stata trattata in molte occasioni, tra mostre collettive e monografiche negli ultimi anni; un artista ormai diventato facilmente “riconoscibile” grazie soprattutto ai suoi “arazzi” volti a rappresentare la “Carta geografica” mondiale, da lui più volte aggiornata a seconda dei cambiamenti geopolitici succedutisi in particolare dopo la Seconda Guerra Mondiale e, più nel dettaglio, ben visibili nel settore riguardante l’Europa dell’Est all’indomani della “caduta” del Muro di Berlino e la disgregazione dell’Unione Sovietica. Ma giudicare Boetti principalmente per le “icone” sopra descritte sarebbe certamente alquanto riduttivo, la sua ricerca e la sua inventiva hanno prodotto molto altro… Presso la Galleria Dep Art è attualmente in corso una qualificata rassegna dove possiamo vedere una trentina di opere su carta concepite a partire dal 1965, annoverabili fra quelle descrivibili come di “mano propria”, cioè non realizzate con la collaborazione o interamente da altri, alle quali si aggiunge una grande installazione del 1979 ad oggi mai riproposta. I lavori presentati hanno a che fare spesso con la scrittura, il riporto, il collage o il ricalco, ma altrettanto spesso hanno a che fare con la pittura; non sono infatti progetti né disegni preparatori ma si presentano come dipinti a tutti gli effetti, strutturati, costruiti e definiti, in grado di svelare uno degli aspetti meno noti del procedere dell’artista che è stato anche un grandissimo pittore. Curata da Federico Sardella, l’esposizione si apre con una china del 1965, del primissimo periodo creativo, e prosegue con un approfondimento dedicato a una delle grandi tematiche care a Boetti, meno conosciuta rispetto ad altri cicli: la natura rivisitata ed il regno animale occupano, infatti, buona parte dell’attenzione dell’artista a partire dalla fine degli anni Settanta, differenziando fortemente la sua produzione degli anni Ottanta, sino a caratterizzarne il periodo. Scimmie, pantere, delfini, rane, stambecchi, tartarughe ed altre creature parte del mondo animale diventano in Boetti, e grazie a lui tornano ad esserlo, elementi decorativi ripetibili all’infinito e, come i numeri, combinabili senza limitazioni. Su questa stessa tematica è incentrata l’importante installazione “Zoo” del 1979, messa a punto dall’artista con i figli Agata e Matteo ed allestita unicamente nello studio di Roma, spesso pubblicata ma mai riproposta sino a oggi. All’epoca, documentata dalle fotografie di Giorgio Colombo, l’installazione – una sorta di assemblea di animali che vide i tre dedicarsi alla sua costruzione per alcuni mesi – è riproposta adattandola allo spazio della galleria, utilizzando un tappeto afgano sul quale sedersi ed osservare gli animaletti dall’alto, spostando inevitabilmente il punto di vista sull’opera e il ruolo dello spettatore invitato al suo completamento. Tali oggetti sono disposti secondo la classica concezione boettiana del raggruppamento per genere, teso anche alla definizione dell’area geografica di appartenenza, come l’artista stesso scriveva: “Questi animali portano in sé il ricordo di milioni di loro predecessori e ricordano il tempo, quello antico, lento, anonimo, identico, immobile, invariato”. Come sottolinea Sardella, “La scelta di Dep Art di dedicare uno dei due piani della galleria alla riproposizione di Zoo è, se non proprio coraggiosa, quantomeno atipica, dettata dal desiderio e dall’esigenza di offrire al pubblico qualcosa di diverso. Inevitabilmente, dall’accostamento di questo incredibile ambiente a una serie di opere realizzate negli anni subito successivi, risulta evidente anche una possibile lettura critica che determina la genesi di tali elaborati.” Altra sezione della mostra è dedicata a soggetti insoliti o particolarmente rari, di frequente in bianco e nero, o comunque non colorati, disegnati con grafite, inchiostro di china, acquarello o penna a biro, accomunati per di più dal supporto cartaceo, come ad esempio “Lampada”, del 1965, riconducibile al periodo torinese. La mostra è accompagnata da un volume bilingue (italiano-inglese) realizzato da Dep Art, contenente un’introduzione di Antonio Addamiano e Federico Sardella, un testo del curatore che dialoga con se stesso a proposito di Alighiero e Boetti, la riproduzione di tutte le opere esposte, una selezione di immagini di repertorio e riferibili all’installazione “Zoo” oltre ad un’aggiornata nota bio-bibliografica.

Galleria Dep Art – Via Comelico 40, Milano; fino al 26 Maggio 2018; orari: da martedì a sabato 10.30-19; Tel. 02 36535620; www.depart.it

Fabio Giuliani

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