Milano – ADOLFO WILDT (1868-1931) – L’ultimo “simbolista”

| 10 febbraio 2016
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“E’ quando la statua è finita che la si comincia” (Wildt, “L’arte del marmo”)

“Per loro la morte che è vita, per me la vita che è morte.” Queste parole illustrano la più famosa opera scultorea di Wildt nella Cappella Boschi del Cimitero di Castiglione delle Stiviere (Mantova), scelta a rappresentarlo sull’ Enciclopedia Treccani. La creazione nacque dalla dedica di un uomo che perse l’unico figlio in guerra e, poco appresso, la moglie morta dal dolore. Ora, proseguendo nella valorizzazione del suo patrimonio scultoreo la GAM-Galleria d’Arte Moderna di Milano, diretta da Paola Zatti nella prestigiosa sede di Villa Reale, presenta un’importante monografica con opere provenienti dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, dai Musei Civici di San Domenico di Forlì, dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano e di numerosi prestiti da parte di collezionisti privati italiani e in particolare dal Museo d’Orsay e dall’Orangerie di Parigi, con cui la rassegna ha condiviso progetto scientifico e cura a seguito della mostra nella primavera scorsa nella Capitale francese nell’ambito della triennale collaborazione con UBS (società universale di servizi finanziari, banca più grande e importante in Svizzera), con il progetto UBS Nex Art, a sostegno dell’arte e della cultura destinata della città di Milano. In un percorso cronologico dagli esordi agli allievi vediamo 50 sculture, fra gessi, marmi, bronzi, più 10 disegni e 7 opere a confronto: la precedente “Vestale” di Antonio Canova e lavori dei super-allievi di Wildt, Fausto Melotti e Lucio Fontana.                                                La mostra è divisa in sei sezioni. 1) “Sotto l’ala dei maestri (1885-1906)”; inizia come aiutante di Giuseppe Grandi e frequenta poi l’Accademia di Belle Arti di Brera. La sua prima vera opere, “Atte” (Vedova) del 1892, gli attira il mecenate Franz Rose che lo sosterrà sempre. 2) “La poesia del chiaroscuro (1906-1915)”; deforma e trasforma i corpi alla ricerca dell’effetto psicologico.  3) “La famiglia mistica (1915-1918)”; il tema della madre e del figlio, della Madonna e del Bambino sono importanti, creando un’iconografia più spirituale dissolvendo la materia in una rappresentazione più arcaica e semplificata. 4) “L’asceta del marmo (1918-1926)”; si fa strada una tendenza espressiva sempre più slegata dalla realtà anatomica e sempre più intrisa di spiritualità; da qui la rappresentazione di Santi e di concetti immateriali come l’anima, le ombre, la musica e la poesia. 5) “L’architettura delle forme (1922-1926)”; aderisce al “Novecento Italiano” di Margherita Sarfatti, privilegiando quindi monumenti e ritratti sempre più orientati al “ritratto di idea”, cioè alla rappresentazione dell’archetipo o della dimensione spirituale dei soggetti. 6) “Milano, gli amici e gli allievi”; Fontana e Melotti, allievi presso la Scuola del Marmo da lui fondata nel 1922, entrambi debitori della loro formazione al grande maestro. Le mie preferenze vanno alla quarta sezione che mette in luce in modo sconvolgente come dal freddo marmo con incomparabile tecnica esca l’anima del reale; e qui tornano in mente le parole di Wildt riportate all’inizio. Basta “L’Uomo antico”, (1914) della GAM a dirci tutta la biblica fatica di vivere e la sua estenuata personalissima interpretazione di San Francesco, così sereno nella sua povertà. Nella sala conferenze della GAM è inoltre possibile assistere al documentario “A. Wildt. Il marmo e l’anima” di 42 minuti, realizzato da Simone Marcelli, Fabio Ferri e Barbara Ainis, per raccontare l’artista, l’uomo e le sue opere, la sua tecnica strabiliante, la profondità della sua ricerca spirituale e l’originalità delle sue figure scolpite, onde rimediare alla colpevole trascuratezza di un artista sublime. Catalogo: Skira. Per perfezionare la conoscenza di Wildt è stato studiato un itinerario in vari punti della città, a partire dal giardino di Villa Reale dove è collocata la magnifica composizione in marmo della Trilogia (Il Santo, Il Giovane, Il Saggio). Teatro alla Scala: Busto di Arturo Toscanini; Cimitero Monumentale: Edicola Korner, Edicola Giuseppe Chierichetti, Monumento Ulrico Hoepli, Monumento Cesare Sarfatti, Monumento Bistoletti, Monumento Ravera, Monumento Aroldo Bonzagni: amico pittore per il quale lo scultore aveva ideato le tre maschere “Ironia, Satira e Dolore”, ora trasferito al Museo Bonzagni di Cento (Ferrara). Sempre al Monumentale si può rendere omaggio all’artista visitando la sua tomba, il Monumento Wildt, dell’architetto Giovanni Muzio (1931) dove è sepolto con la moglie. Largo Gemelli: il Tempio della Vittoria con un’imponente statua in bronzo di Sant’Ambrogio; Chiostro dell’Università Statale: modello in gesso della stessa opera; Via Serbelloni 10, presso il Palazzo Sola-Busca: l’ “Orecchio”, scultura in bronzo realizzata nel 1927 che ha rappresentato uno dei primi citofoni di Milano e della storia: concepita come un ingrandimento dell’orecchio del “Prigione” del 1915, presente in mostra, a testimonianza di come l’autore considerasse ogni frammento del corpo capace di esprimere un sentimento. Palazzo Berri Meregalli in via Cappuccini 8: “La Vittoria” (marmo con dorature in bronzo), sull’asta in bronzo sono incise date e località di battaglie della Prima Guerra Mondiale. Infine, per definire la sua poetica usiamo le sue stesse parole: “Studiamo i Maestri, teniamoli sempre davanti come guida, ma conseguiamo altra vetta senza toccare, senza manomettere, senza contaminare ciò che da loro è stato raggiunto. Con loro ho in comune solamente l’ansia di scolpire per il domani. Dal domani attendo la sanzione.” Il giudizio è certamente super-positivo.

Galleria d’Arte Moderna – Via Palestro 16, Milano; fino al 28 Febbraio 2016; Orari: da martedì a domenica 9-17.30; giovedì apertura prolungata alle 22.30 in occasione di conferenze, visite guidate e iniziative; Informazioni: Tel. +39 02 88445947; +39 02 88445951; www.gam-milano.com

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Fabio Giuliani

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