Marzo, il mese delle donne: LA MADRE TOTALE

| 1 marzo 2014
mappamondo

In principio era Gea. Che, come d’uso per le dive e le mondane, si faceva chiamare Gaia. “Dunque, per primo fu Caos, e poi Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti gli immortali che tengono la vetta nevosa d’Olimpo”, scriveva Esiodo nella Teogonia.

La Grande Madre – la Dea Madre sin dal Neolitico – è figura universale, l’archetipo del femminile, l’eterna fonte della vita, della totalità del cosmo.

Le veneri votive si fregiavano dei simboli della dea, semi, boccioli, germogli, uova, crisalidi e segni acquatici, a rappresentare il divenire e la rigenerazione. Nel culto del femminino, religione di acqua, di sangue e di latte, tutto partecipava all’eterno cerchio della nascita e rinascita attraverso un incessante processo di trasformazione, dove la generatività si poneva da mediatrice tra l’umano e il divino. Il serpente cosmico, l’Uroboros, resta uno dei più noti emblemi di quella perduta unità con il tutto che è il ricordo dell’utero materno. Lungo le generazioni, la Grande Dea si è manifestata in una fitta varietà di nomi e di virtù: Ishtar e Astarte, come Afrodite e Venere, reggevano le sorti dell’amore, Ecate badava alla fertilità delle donne, Artemide e Diana vigilavano sulla caccia, Demetra, Cerere, Persefone e Proserpina si adoperavano per la copiosità delle messi. Fagocitate dalle religioni patriarcali, ma non per questo dissoltesi nelle sabbie del tempo, Iside alata tende la mano all’anatolica Cibele – la Magna Mater dei romani – e alla persiana Anahita, l’immacolata vergine, madre del dio Mitra. Il potere della donna, simboleggiato in epoca medievale nel vaso femminile, il calice del Sacro Graal, era inteso non come dominio ma come capacità di illuminare e trasformare la coscienza umana, attraverso non solo la conoscenza e la saggezza, ma pure in forza della verità, dell’amore, della giustizia. La modernità ne colse l’ambivalenza, la duplice natura, positiva e negativa, creativa e distruttiva. Secondo Jung l’archetipo della Grande Madre è «la magica autorità del femminile, la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l’istinto o l’impulso soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l’abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l’ineluttabile». Un gioco di specchi riflette quindi l’immagine muliebre che, rimbalzando fino ai giorni nostri, si propone di volta in volta con i caratteri propri della donna e della femmina, della figlia e della madre, della moglie e dell’amante, della vergine e della puttana, dell’ancella e della guerriera. La strega ancora affascina e intimorisce, e non serve una Santa Inquisizione per appiccare i nuovi roghi che ne riducono a cenere la libertà. Basta uno sguardo inclemente del pensiero collettivo a mettere all’angolo l’ingegno creativo, finanche eversivo, delle donne sintonizzate sulle frequenze della Grande Madre. L’autorità, l’autodeterminazione, l’inventiva, la capacità di ripensare a una convivenza umana più giusta e solidale, sono prerogative di una femminilità che non garba ai soloni della tradizione. Sono le eroine del sacrificio e della misericordia a gremire della loro abnegazione le pagine e gli spartiti della cultura condivisa. “Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva! Con man furtiva quante miserie conobbi, aiutai”, s’arrovella la Tosca pucciniana nell’aria che la celebra. La rivoluzione tecnologica non ha mutato l’approccio patriarcale. Alle donne è chiesto e richiesto alla bisogna di fare un passo avanti o di fare un passo indietro, di comprendere e di giustificare, di accudire e di consolare, di accogliere e di accettare. E chi presenta il conto è sovente di altro sesso e di altra sensibilità. Eterni figli che invocano mamme nella famiglia, nel lavoro, nella politica, nei letti e sugli altari. Le madonne nere, le divinità delle rogge, le valchirie e le figlie di Eva necessitano di uomini svezzati, diversi e speculari, maschi e signori, per inventarsi e reinventare ogni giorno un mondo nuovo. La Madre Terra.

Di: Anna Dolci, marzo 2011

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