Manerba del Garda (Bs): FAI GIORNATE DI PRIMAVERA

| 1 marzo 2011
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Il Fondo per l’Ambiente Italiano, ogni primavera, apre al pubblico le porte di tesori italiani spesso poco conosciuti o raramente accessibili. Intorno al Garda per l’appuntamento primaverile del 2011 sono state scelte le antiche carceri di Peschiera nel veronese, mentre nel bresciano si apriranno le porte della Chiesa di San Giorgio e della Pieve vecchia di Manerba oltre al polo cartario della valle delle cartiere a Toscolano Maderno.

Domenica 27 marzo, dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18
Antica Pieve di Santa Maria in frazione Pieve e Chiesa di San Giorgio a Montinelle. Percorso panoramico sul lago dalla chiesa fino alla Rocca di Manerba. Ritrovo: presso i monumenti: oppure dal parcheggio in Via Pieve Vecchia con servizio navetta a San Giorgio di Dusano. Apprendisti Ciceroni: Scuole medie di Manerba del Garda e Ist. sup. Battisti di Salò

Chiesa di San Giorgio
Montinelle frazione di Manerba del Garda
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La piccola chiesa sorge sul versante meridionale del promontorio della Rocca di Manerba, all’esterno della fortificazione e in prossimità di un approdo lacustre. Le più antiche fonti scritte note sono le visite pastorali del vescovo veronese Giberti, che ricordano come già nel 1532 vi si celebrasse solo nella festa di San Giorgio (il 23 aprile). L’edificio è a pianta ad aula unica con abside semicircolare, orientata ad est, la cui tecnica costruttiva, all’esterno in blocchi sommariamente sbozzati e allineati e all’interno in conci regolari di tufo accuratamente posti in opera, insieme alla monofora strombata con ghiera in tufo suggeriscono una cronologia entro l’XI secolo. Alla base del montante N dell’arco trionfale è reimpiegato un frammento di pilastrino in pietra con decorazione vegetale stilizzata appartenente a una recinzione presbiteriale altomedievale (fine VIII-IX secolo); allo stesso periodo è databile un frammento di architrave decorato con una sequenza di agnelli, ora fissato alla parete con grappe metalliche. La presenza di altri frammenti simili al pilastrino riutilizzati in altri fabbricati del territorio di Manerba in epoca romanica suggerisce la loro provenienza comune dalla Pieve, oppure l’impiego durante l’Altomedioevo dell’opera delle medesime maestranze per gli arredi liturgici di vari edifici religiosi della zona. Che la chiesa romanica sia stata preceduta da un edificio altomedievale è tuttavia suggerito dalla conservazione di murature più antiche riconoscibili sul perimetrale N e nell’area absidale, oltre che dall’intitolazione a San Giorgio (tipica dell’età longobarda). Nel Seicento, infine, l’edificio venne restaurato e modificato, con l’aggiunta del profondo protiro e la decorazione della facciata. L’interno conserva parte di un ricco apparato pittorico, realizzato tra la fine del Trecento e i primi del XV secolo nel clima culturale legato ai raffinati esiti tardo trecenteschi veronesi, qui divulgati in una versione meno elevata rispetto alla Pieve. Sull’arco trionfale è rappresentata l’Annunciazione, di ispirazione tardo giottesca; sul perimetrale Sud si dispiegano i pannelli con San Giovanni Battista e, forse, Santa Caterina e San Leonardo, un committente e la Madonna in trono col Bambino; la parete N è, infine, occupata dalla grande scena di San Giorgio che uccide il drago e libera la principessa, con un esuberante sfondo paesaggistico. Tutti i dipinti della navata, al pari di quelli contemporanei della Pieve, sono caratterizzati dall’esteso ricorso all’applicazione di lamine metalliche per le aureole, la corazza di san Giorgio, le finiture delle vesti, riconoscibili dalle incisioni dei contorni.

Antica Pieve
Pieve Vecchia frazione di Manerba

Nell’area che in età romana (I-IV secolo d.C.) venne occupata da una villa con pavimenti in mosaico e pareti decorate con stucchi e intonaci dipinti affacciata sul lago, in epoca tardo antica (V secolo) dovette sorgere una chiesa battesimale alla quale facevano riferimento le comunità cristiane della zona. La successiva costruzione altomedievale, il cui alzato si conserva in parte nell’attuale edificio religioso e corrisponde a una chiesa ad aula unica con grande abside semicircolare, ebbe almeno due fasi distinte databili tra VII e XI secolo. La prima è testimoniata sia dal Chronicon Brixiae, che tramanda la notizia della presenza della pieve sin dall’VIII secolo, sia e soprattutto dai vari frammenti del suo arredo liturgico scultoreo, databili tra VII e inizio IX secolo. Di questi uno solo (la transenna della finestra dell’abside) è ancora in posto, altri vennero reimpiegati nelle murature della vicina cascina e nella chiesetta di San Giorgio, mentre due sono stati rinvenuti, erratici, sulla Rocca. La seconda fase è precedente ai dipinti più antichi del catino absidale e dunque ai primi decenni del XII secolo. Successivamente, il legame con il clima culturale veronese tardo trecentesco è testimoniato dai raffinatissimi affreschi dell’abside sud, caratterizzati, come quelli di San Giorgio, ma qui con esiti più elevati, dall’esteso ricorso all’applicazione di lamine metalliche per le aureole, le finiture delle vesti, riconoscibili dalle incisioni dei contorni. A partire dalla metà del 1400 la documentazione d’archivio si infittisce con gli atti delle visite pastorali, nei quali numerosi riferimenti all’edificio religioso attestano la sopravvivenza fino al tardo Cinquecento dell’assetto costituitosi tra l’Altomedioevo e il Trecento. Il complesso della Pieve, a un primo esame superficiale, appare costituito da tre distinte unità funzionali: una chiesa a tre navate, con due absidi semicircolari e una rettangolare, provvista di cinque cappelle laterali; una sacrestia addossata al lato sud, eretta o quantomeno ristrutturata dall’arciprete Lazzaro Zadei (1597-1625), come testimoniato dall’epigrafe e dallo stemma posti sull’architrave della porta verso la chiesa; una serie di corpi di fabbrica che si sviluppano a sud, attorno a un cortiletto interno. Lo studio dell’intero contesto ha permesso di ipotizzare un’articolata sequenza dell’edificio di culto e dei numerosi annessi, a loro volta risultato della trasformazione e dell’aggregazione di più corpi di fabbrica in un periodo compreso tra l’età romanica (XII secolo) e il XVIII secolo.

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