LA VENDEMMIA DEL TERZO MILLENNIO

| 1 ottobre 2001
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E’ arrivato l’autunno (anche se, per le temperature, sarebbe potuto sembrare inverno)
e l’argomento principale dell’autunno è la vendemmia, soprattutto dalle parti del Lago di Garda.

Dappertutto si sente l’odore delle uve raccolte ed il piacere che accompagna il pensiero di bere del buon vino è accresciuto dal fatto che i primi dati riguardanti la prima vendemmia del ventunesimo secolo sono molto positivi. A fronte di una piccola diminuzione della quantità, rispetto allo scorso anno (una percentuale che non raggiunge le due cifre), la qualità è ottima: qualcuno afferma che può essere, quantomeno per le uve nere, la migliore degli ultimi anni! Inoltre, per quanto riguarda il territorio veronese, il 2001 è il primo anno in assoluto per alcune vinificazioni: per il Bardolino DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita, primo ed unico vino rosso veneto ad avere tale denominazione, già il Soave Passito era stato il primo vino veneto ad avere la DOCG) e per il Custoza Passito e Superiore i cui decreti disciplinari sono stati pubblicati in luglio ed agosto di quest’anno. L’uva di questa vendemmia, quindi, dovrebbe essere la base per un vino ancora migliore di quello delle annate scorse. Uso il condizionale perché, purtroppo, il processo di vinificazione, in molti casi, non sta progredendo come dovrebbe. Le nuove indicazioni che vengono dagli studi più recenti e più avanzati (meno viti per ettaro, meno grappoli per vite, rapporto corretto tra fogliame e grappoli, maturazione dei grappoli sulla vite, ecc. insomma “il vino si fa nella vigna”) sono accolte con diffidenza (come si fa a diminuire la quantità per ettaro da 250 q.li a 120!!!) o, peggio ancora con furberia. Perché ciò non avvenga la funzione di controllo dei Consorzi di Tutela va aumentata (chi meglio dei Consorzi conosce i propri Soci? Cosa fanno e come si comportano?) o, quantomeno, migliorata. Si sa che invocare la serietà o, ancor più, l’onestà di tutto il Settore, può apparire offensivo o, tuttalpiù, velleitario. Visto che il mercato “tira”, comunque. Ma è necessario prevedere altri scenari per il futuro. Il consumatore beve meno, ma è più consapevole. I “media” stanno acquisendo più dati sull’argomento e, soprattutto il vino non è più considerato un alimento, ma una bevanda. Una bevanda che va armonizzata con un cibo (quanti cibi ci sono!) Una bevanda che oltre ad avere caratteristiche organolettiche proprie, ha anche una storia, un territorio da cui proviene e una grande capacità di evocazione e rievocazione. Quindi il vino “moderno” deve essere considerato un bene di interesse pubblico e come tale deve essere trattato, non solo dalle Istituzioni che, comunque devono fare il loro dovere, ma anche dalle Aziende vitivinicole che dipendono dal Consumatore (notate la maiuscola!).
A rivederci per raccontarci qualche cosa sul vino prodotto con le uve della prima vendemmia del terzo millennio che, sembra, farà epoca.

Di: Carlo Gheller

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