La recensione: BLUFF VIRTUALI, SEI CORDE REALI

| 1 agosto 2007
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Quanti bluff, nel mondo della musica! Inganni che meritano vendetta. Alcuni Festival, per esempio: tutta immagine, carta patinata, conferenze stampa, interviste prezzolate, sostanza minima, pochi spettatori paganti, critici compiacenti. Violinisti scoppiati. Direttori finti. Pianisti virtuali.

Un caso emblematico: per anni i critici inglesi hanno proclamato la pianista Joyce Hatto, finlandese d’origine, londinese d’adozione, migliore pianista inglese del Novecento. I suoi dischi hanno fatto gridare al miracolo. Sono nati club di ammiratori, vergati articoli entusiasti, partiti torpedoni stracolmi di tifosi. Eppure mai nessuno l’aveva sentita suonare dal vivo. Nel giugno del 2006 la Hatto è morta, a 77 anni. I suoi dischi hanno continuato ad uscire. “Registrazioni nel cassetto” ha spiegato il marito. Mesi dopo ha dovuto ammettere: mia moglie non ha più suonato una nota da cinquant’anni. I suoi dischi li ho prodotti io, al computer, assemblando incisioni tratte da cd di pianisti diversi. La notizia in Italia è stata silenziata. Le case discografiche sono state colte da un silenzioso terrore. Amadeus, nell’aprile del 2007, otto mesi dopo la rivelazione della bufala, ha dovuto riportane la notizia, ma in questi termini: “i dubbi hanno cominciato a circolare e sono rimbalzati fino ai nostri circoli musicali….”. Dubbi? Ma questa si chiama truffa, imbroglio, contraffazione, bufala, tarocco, merce cinese di contrabbando. Certo, è dura ammetterlo, in “circoli musicali” nei quali butti la rivista e tieni il cd, che la registrazione in questione potrebbe essere un prodotto virtuale, fasullo, pura finzione. Il critico di Repubblica Dino Villatico si è spinto oltre: ha rivelato che i concerti per piano e orchestra di Mozart, incisi da Michelangeli e Giulini per la Deutsche Grammopohn qualche decennio fa, sono stati realizzati in sessioni diverse. Prima l’orchestra, e poi il pianoforte sovrainciso. Effettivamente nessuno li aveva mai sentiti suonare insieme. Nessuno ha avuto il coraggio di smentire Villatico. La D.G. non lo ha querelato. Duilio Courir, un modestissimo critico musicale che scriveva sul Corriere, butta giù due intere colonne parlando d’altro, senza confutare nulla. Non osa distruggere i miti per i quali ha versato fiumi d’inchiostro e si è rimpinguato il conto in banca. Anche a Brescia, del divino Arturo Benedetti Michelangeli intangibile santuario (museo disabitato o cimitero, fate voi), nessuno ne ha dato notizia. Siamo stufi di addentare silicone e di mangiare fuffa sintetica. Una cura alternativa? Ascoltare solamente musica dal vivo. O, almeno, il più possibile. Un grande musicista, che va goduto dal vivo è il chitarrista Luca Lucini. Ci sbilanciamo: il maggior chitarrista bresciano (il rivale Giulio Tampalini non me ne voglia). Tra i migliori in Italia della sua generazione (qualcuno dice che abbia superato il suo Maestro, Giampaolo Bandini). Lo scorso anno è tornato da una felicissima tournée giapponese, quest’anno ha fatto parlare di sé per i suoi concerti in Croazia ed Austria. Direttore artistico della stagione “I Pomeriggi musicali” di Salò, rivelazione tra le rassegne concertistiche di Brescia e provincia; uomo di poche parole e di studio tenace. Innamorato dei minimi particolari, delle voci interne, degli archi dinamici, del virtuosismo drammatico. Artista che non si rassegna ai Festivalbar. Nella sua interpretazione, la Sonata di Alberto Ginastera diventa inquietudine e mistero (primo tempo), inestinguibile fuoco d’artificio (lo Scherzo), estasi, Wunderkammer, castello di Miramar (terzo movimento), moto diabolico, catalogo Barocco (il Finale). Da tenere d’occhio. Vi parlerei volentieri anche del bresciano Michele Barchi, tra i migliori clavicembalisti d’Italia, ma non c’è più spazio. Alla prossima.

Di: Enrico Raggi

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