KAREN BLIXEN, HEMINGWAY E IL LAGO DI GARDA.

| 1 marzo 2004

“…Si è perduta l’arte dell’ascoltare in Europa. Gli africani la posseggono perché non sanno leggere. Ma i bianchi non sono più capaci di prestar orecchio ad un racconto…divengono irrequieti, si ricordano di mille incombenze da sbrigare proprio in quel momento; se addirittura non si addormentano. Le stesse persone, poi, sono capaci di cercare qualcosa da leggere e di trascorrere tutte le sere immerse nella lettura di un qualsiasi pezzo di carta stampato. E’ l’abitudine di cogliere le cose solo con gli occhi”                               
La mia Africa – Karen Blixen


 


Mentre mi alleno ad ascoltare il silenzio, eccomi di nuovo a Malindi, centro costiero africano del nord, situato a 120 km da Mombasa ed importante insediamento swahili del passato. Ampie ville create con verande ombreggiate dove rilassarsi comodamente su bianchi cuscini, l’aroma del tè e il profumo di chiodi di garofano, cannella e vaniglia, aleggiano nell’aria. L’atmosfera esotica è enfatizzata dai tetti in makuti che sembrano cappelli di paglia e dall’invito degli indigeni a vivere “pole pole”, piano piano. Non lontano, il richiamo selvaggio degli animali liberi nella savana.Sdraiata su un comodo pili pili, mentre le zanzariere e i ventilatori a pale danzano lenti nell’aria, faccio colazione con un bicchiere di gustoso latte di cocco. Il tempo che trascorro in questo continente, è scandito dall’avvicendarsi delle maree e dalla mia fantasia che è nutrita dalle pagine dei libri che, rappresentano perfettamente le mie sensazioni durante il mio soggiorno in Africa: “La mia Africa” di Karen Blixen e “Verdi colline d’Africa” di Hemingway. Non potevo scegliere momento e luogo migliore per rispolverare questi capolavori letterari! K.Blixen, tratta della sua lunga esperienza di vita, iniziata nel 1914 nei dintorni di Nairobi, (morì nel 1962). Il romanzo di Hemingway invece, è il diario narrativo di un safari che lui stesso compì in compagnia della moglie nel 1934. Il mondo del gioco della caccia, è accompagnato a conversazioni sull’arte dello scrivere e riferimenti alla tradizione letteraria americana, mescolati all’odore ed ai colori dell’Africa. Vissuta personalmente l’esperienza del safari, mi sento di affermare che nessuno meglio di Hemingway, era riuscito a percepire e descrivere meglio la forte emozione di curiosità mescolata alla paura provate nella savana. Non è finita..tra le pagine scopro, inoltre, un momento magico in cui l’Autore sfogliando, le pagine di un libro, nel bel mezzo di un safari, con fervida fantasia, rivive alcune località italiane: “…Così nel gran caldo il treno si fermò a Desenzano, ed ecco il Lago di Garda…..e un’altra volta pioveva e un’altra ancora era buio, un’altra si passava in camion o si veniva da chissà dove o ci si andava a piedi nel buio, a Sirmione. Perché ci siamo stati, in quei posti, nei libri e fuori dai libri- e dove noi andiamo… anche voi ci potete andare, come ci siamo stati…… Mille anni rendono stupide tutte le teorie economiche, mentre un’opera d’arte dura in eterno.”  Hemingway rileva così l’importanza della nostra capacità fantastica di raggiungere tutti i punti del mondo, semplicemente attraversando con la fantasia, le realtà che ci sono proposte dagli autori mentre leggiamo le loro opere. Anche la popolata Nairobi, appare ai miei occhi proprio come descritta da Karen Blixen nel XX° secolo: una città eterogenea sia con palazzi in muratura, sia con interi quartieri di bungalow, uffici e botteghe costruiti con vecchie lamiere, fra alberi d’eucaliptus, nelle strade nude e piene di polvere. Tuttavia, Nairobi è sempre una città dove, oggi come allora, si possono fare delle compere, una città piena di vita “un luogo che stava crescendo come le cose giovani…che persino dal ritorno da un safari, si trovava cambiato”. Purtroppo, oggi fra le strade, regnano frequentemente scene di violenza  tipiche delle grandi città. E come Hemingway, capace con il solo potere della fantasia di raggiungere mete fantastiche, spero che i lettori di Dipende, riescano a farmi compagnia, su queste spiagge di bianca roccia corallina e limpide lagune.  “…In mezzo alla natura selvaggia, avevo imparato a guardarmi dai movimenti bruschi. Gli uomini civilizzati non sanno più cos’è la vera calma e, devono prendere lezioni di silenzio dal mondo selvaggio…L’arte di muoversi con delicatezza, senza scatti improvvisi, è la prima arte del cacciatore, soprattutto del cacciatore con la macchina fotografica…che deve vivere col vento, coi colori, con gli odori del paesaggio, adattarsi al ritmo dell’insieme…Quando si riesce a cogliere il ritmo dell’Africa ci si accorge che è identico in tutta la sua musica …”.K.Blixen


 

Di: Angela G. Ferrari

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