INTERVISTA A SHLOMO MINTZ

| 1 giugno 2005

AL MAESTRO SCESO DALL’OLIMPO
Potenza di un marchio e di un’intesa! Grazie all’etichetta discografica Avie è sbocciata un’imprevedibile amicizia tra il grande violinista Shlomo Mintz (solitamente artista imperturbabile) e il suo pubblico, sempre più numeroso e insistente.


Al termine di alcuni concerti, Mintz ha infatti rilasciato autografi a pioggia, come quando Baggio smise col calcio; ha firmato uno a uno i cd venduti, ha chiacchierato (solo a sorrisi, naturalmente: per i discorsi è un po’ troppo presto) con i presenti. Insomma, si è tolto quella maschera di ferro che indossa abitualmente sul palcoscenico. Con i giornalisti è ancora sulle difensive, finge di non capire, si nega agli appuntamenti, manda in avanscoperta agenti fidati, percorre stradine segrete nei dintorni del Lago Maggiore, dove risiede da una decina d’anni in gran segreto, per far perdere le sue tracce. Ma è solo una questione di tempo. La discesa dall’Olimpo dell’impassibilità sembra ormai irreversibile, anche per il violinista dagli occhi di ghiaccio. Anche l’intervista è stata atipica: previsto un incontro dove entrambi dovevamo essere invisibili l’uno all’altro, nascosti dietro ad una grata stile confessionale tridentino (o modello C’è posta per te, se preferite), con l’interprete/De Filippi regista; poi, all’ultimo minuto, tutto è saltato e si è mutato in reiterato scambio di fax con risposte in tempo reale.
Shlomo Mintz mette subito le mani avanti. “Non c’è una maniera originale di suonare Mozart”, avverte. “Innanzitutto è necessario avere chiaro lo spirito della composizione mozartiana… e poi, per un musicista che affronta Mozart, non si possono mai fare scelte autoritarie”, continua, e la sua voce perentoria e beata non sembra lasciare spazio a molte repliche. Se qualcuno confida ancora ciecamente nell’assioma “i musicologi fanno ricerca, gli interpreti la mettono in pratica”, si faccia da parte. Shlomo Mintz – come tutti i Grandi – ha ribaltato la formulazione: l’interprete apre nuove strade, che poi i musicologi descrivono e giustificano a parole. Il suo Mozart si muove nel solco della tradizione ebreo-russa: il canto dilaga, si slancia come un aquilone, ti si appiccica nei padiglioni auricolari. Senti tutto: canto, polifonia, accompagnamento, sospiri ed accenti. L’English Chamber Orchestra che accompagna Shlomo Mintz è flessibile, elegante, abbastanza espressiva. L’approccio è sempre un po’ troppo inglese, collegiale: molto pulito ma non troppo scavato, elastico ma non sufficientemente emotivo. Il suono che proviene dall’archetto di Shlomo, però, trascina tutti con sé, di peso, prepotentemente. Perché quel violino continua così ad allungarsi verso il cielo? Forse sale per salvarsi? Perché il suo violino è vellutato e fremente come una viola? Ma Mozart non era autore aguzzo, piagnucoloso e stonato? Dopo tanti radicalismi, un ritorno ad un Mozart pieno, corposo, rotondo; tempi comodi e auscultati; un Mozart che gode del suo canto; brunito, più ombroso del solito. Flussi e riflussi dell’interpretazione, oppure esistono tanti Wolfgang quanti sono gli esecutori? “Mozart stesso disse, dopo aver composto ed eseguito i Concerti 4 e 5 “E’ andata come burro e olio…”.
Mi sembra una risposta un po’ evasiva, Maestro… “Questo è il mio modo di suonare Mozart, è la mia interpretazione di questa meravigliosa musica. Per chi sa capire, questo è ciò che ho cercato di trasmettere con la nuova registrazione.”
Recentemente ha inciso Brahms e Mozart: affinità col mondo austro-tedesco? “Sì, certo, ma non solo.”
Il frutto delle sue assidue frequentazioni concertistiche? “C’è anche questo… può essere… ma non esclusivamente.” Dalla più grande casa discografica al mondo, lei è passato ad una intraprendente nuova etichetta indipendente, la Avie. Perché questa scelta? Quali sono stati i vantaggi di una piccola e libera casa discografica? “Certamente Avie è un nuovo modo di registrare. E’ una piccola etichetta che, diversamente dalle altre indipendenti, produce dischi con grandi nomi come José Cura, Trevor Pinnock e altri. In questo senso è nuova nel panorama discografico. Sono molto contento della mia scelta. Mi dà molte possibilità. Ora posso davvero consegnare la mia interpretazione ad una qualità eccezionale. Avie mi dà tutto ciò che un artista dovrebbe avere. Non voglio essere soltanto un numero di catalogo, non voglio aggiungere semplicemente un altro cd alla mia discografia. Con i due nuovi cd prodotti ho invece inteso realizzare una qualità che, considerati i budget ridotti a disposizione solitamente delle etichette indipendenti, non si sarebbe mai potuta avere altrove.”
E cosa ci riserverà per il futuro? “Sto vedendo. E’ presto per dirlo.”
Perché moltissimi ebrei sono musicisti magnifici? Cosa c’è nel vostro Dna che sa entrare così profondamente in rapporto con la musica? “E’ sempre pericoloso generalizzare, non voglio cadere in questo. Passiamo alla prossima domanda. ”
E fare musica con amore, come Lei vive, può davvero contribuire alla costruzione della pace nel mondo? O stiamo parlando di cose troppo grandi…? “Cerco di fare musica con passione, la musica è la mia passione. Nient’altro.”
Lei è un artista internazionale: ha suonato ad ogni latitudine ed ha incontrato ascoltatori di ogni tipo. Che ne pensa del pubblico italiano? E’ un pubblico caldo? Occorre conquistarlo poco alla volta, durante il concerto, oppure entra subito in sintonia con le sue intenzioni poetiche? “Provo sempre un grandissimo piacere ad esibirmi in Italia e trovo che ci sia un pubblico che sa apprezzare; ciò rende ancora più gradevole per me ritornarci frequentemente.”
Nell’ultimo disco dei concerti mozartiani, Lei ha scritto le cadenze. Sono quelle che usa abitualmente durante gli spettacoli, oppure ogni volta ne improvvisa una diversa? “Attualmente ho scritto solo le cadenze dei Concerti nn. 1 e 2. Per tutti gli altri uso quelle di Joseph Joachim, sia in disco che in concerto.”
Nella cadenza del Concerto n. 2 (primo movimento) lei usa il tema di apertura a note doppie e attraversa le stesse armonie; altrove (nell’Andante) mette in evidenza le patetiche appoggiature del tema. C’è anche molta analisi, quindi, nel suo lavoro di interprete, non solo un prepotente istinto musicale? “Penso che la cadenza sia davvero uno studio analitico e che essa dovrebbe sempre essere una riflessione sul contenuto tematico, armonico, ritmico del movimento cui fa riferimento. Le cadenze sono troppo spesso equivocate come una pura esibizione di maestria tecnica.”
Al termine del concerto da Lei tenuto a Cremona, ha firmato autografi e regalato cordialità. E’ sceso dal piedestallo? Sono finiti per sempre i tempi dell’artista romantico, intoccabile, lontano, avvolto nel mistero? E’ sempre stato un uomo disponibile al rapporto con il pubblico?
“Io sono una persona socievole! Non sono mai stato capace di identificarmi col ruolo di un intoccabile mistero!”

Di: Enrico Raggi

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