IL SEGNO DI COCSET

| 1 febbraio 2006

E’ uno dei maggiori violoncellisti al mondo (nel campo della musica antica). Suona con Jordi Savall, Les Basses Réunies, Luca Guglielmi, fra i moltissimi. 










Il suo Vivaldi ha da poco vinto il premio “Cini” come migliore incisione dell’anno di musica del Prete Rosso. Le Suites di Bach hanno lasciato senza fiato gli addetti ai lavori. Il suo recentissimo Boccherini (Alpha) ha fatto gridare al miracolo. Insomma, ogni nuovo capitolo di Cocset lascia il segno.
Dipende Giornale del Garda ha seguito alcuni suoi concerti: il suo corpo filiforme avvolge il violoncello come il ragno l’insetto. Al termine di ogni corona il suo archetto taglia muto l’aria, percorre curve immaginarie. Quanto resta di una musica già svanita. Disegno nell’aria di un suono strappato al silenzio. Cocset sta dilatando ulteriormente gli ampi campi armonici abilmente calcolati in partitura da Boccherini. Gode del tripudio di armonici che si spandono dalla cassa. Cocset proietta il suono verso un punto lontano, che solo lui conosce. Appare altrove rispetto al luogo presente, impegnato in un’impossibile traduzione del mistero del suono. Del resto poco sembra importargli. Guardate le sue calzette slabbrate che salutano i presenti occhieggiando dalla zampa sollevata del pantalone, i suoi piedi immensi persi in improbabili scarpe, la camicia buttata a caso sul corpo teso: dove stai guardando, caro Bruno? Un’intervista al volo.
“Boccherini è irregolare, imprevedibile. Deve essere annoverato fra le selvagge creature del bosco” (William Jones, 1784). “E’ troppo amico dell’ombra, troppo cupo, troppo scontroso” (Carl Ludwig Junker, 1776). Ma non eravamo convinti del contrario? Condivide queste descrizioni?
-Se Boccherini fosse una “creatura del bosco”, dovrebbe amare i grandi chiarori, la luce del sole che filtra dalle fronde, i suoi raggi che giocano con le foglie… “Imprevedibile”? Sì, in lui tutto è contrasto: la ricerca dei colori, le tessiture sonore… “Amico dell’ombra, troppo cupo”? No. Il suo linguaggio non è che luce, luce frastagliata, luce frammentata, luce rifratta. Egli spinge la tessitura del suo strumento fino alle soglie del violino, donandogli un tono inedito, talvolta con una punta di insolenza. Ma sempre con una grande eleganza.
Boccherini è anche struggimento, malinconia, solitudine? E dove emerge questo lato oscuro?
All’inizio senti una finta galanteria, tipica della musica di quest’epoca. Ma poi arriva un’arte del vagabondaggio che ci cattura irresistibilmente, arriva una specie di Don Giovanni della musica. Certo, alcuni suoi passaggi sono stupefacenti, però la sua malinconia è sempre dolce e sincera. Io sento piuttosto, come prima sensazione, l’arrivo dell’oscurità; vedo un crepuscolo, piuttosto che il buio. Ma una simile percezione del languore non è forse la somma arte di giocare con il tempo, di creare sentimenti di abbandono?
Cosa ci riserva il grande Cocset per il futuro?
Oltre a Geminiani e all’esplorazione del repertorio bolognese, il progetto maggiore degli anni a venire è la ricostituzione di un consort di violoncelli, al fine di continuare l’avventura cominciata con le Canzoni di Gerolamo Frescobaldi insieme al liutaio Charles Riché. 

Di: Enrico Raggi

Commenti

×