IL MATRIMONIO DEL VATE

| 5 dicembre 2011
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D’Annunzio si accinge a sposare Maria Hardouin: in questa lettera inedita e straordinaria tra tanti epiteti carichi di dolcezza e passione, la preparazione delle nozze…

Gabriele e Maria si sarebbero sposati il 28 Luglio 1883 a Roma, nove giorni dopo la stesura di questa lettera, nella cappella di Palazzo Altemps. Qualche mese prima, come testimonia lo scritto di D’Annunzio “Il peccato di Maggio”, i due avevano avuto la loro prima relazione carnale che aveva messo Maria incinta. Uno scandalo per l’epoca. Il loro quindi era un matrimonio riparatore, fortemente osteggiato dai genitori di lei. Solo la madre di Maria sarebbe stata presente alla cerimonia; assenti anche i famigliari di Gabriele. Nonostante queste circostanze negative, la lettera che qui presentiamo gronda di tenerezza e amore. Maria è chiamata con i nomignoli di “tigretta” e di “divina”. D’Annunzio si sofferma sul suo talento letterario: il poeta le domanda anche di pubblicare un libro insieme a lui. Viene pianificato inoltre il viaggio di nozze, che avrebbe toccato le principali città italiane: Firenze, Bologna, Milano… Abbiamo qui un D’Annunzio focoso e passionale che fatica a nascondere i sentimenti per Maria e che vorrebbe al più presto farla di nuovo sua. La loro relazione era nota alla stampa romana che l’aveva già ampiamente divulgata sulle pagine di diversi giornali; per questo la coppia cerca un luogo dove la fama negativa che li perseguita li lasci in pace, per poter finalmente godere del loro reciproco amore.

19 luglio ore 8 ½ pom
Tigretta bella, io parto tra poco, fra due ore, senz’averti veduta. Tornerò qui per la mattina di giovedì. Maledetta la milizia! Io stavo leggendo la tua lunga e veramente splendida lettera, quando è venuta la donna a portarmi l’altra lettera. Quando pubblicheremo insieme un volume? Tu scrivi delle pagine che io t’ invidio, parola d’onore, tigretta miracolosa! Quante cose ho da dirti! Ma te le dirò a voce, se avrò tempo, se tu mi lascerai dirtele. Ora bisogna pensare a qualche altra cosa. Guai a farsi prendere dal torpore della beatitudine!
Dunque noi ci sposeremo giovedì, credo, se non sorgono incidenti. Senti, a che ora finirà il matrimonio? A che ora io ti avrò? Noi partiremo la sera; dunque se tu sarai tutta mia per legge prima, qualche ora alla partenza, questa qualche ora bisognerà pure passarla insieme. Non ci annojeremo mica! no? Allora tu verresti con me, a casa qui, dove saremmo soli fino all’ora della partenza; mentre i miei amici Michetti e Lopez si occuperebbero del resto, cioè della spedizione, dello scompartimento, ecc… Non ti pare? Se il matrimonio si farà la sera, allora partiremo subito dopo. Che dici tigretta? Dove andremo? A Pescara no perché sarebbe seccante. Noi dobbiamo essere soli soli per molto tempo, capirai. Tu non mi potrai sfuggire né potrai chiamare aiuto… Dunque partiremo per Firenze, passeremo delle ore là per ripartire, poi, a Bologna.Milano, poi da Milano a un paese solitario sui laghi. Penseremo a questi posti. Io intanto m’informerò. Bisognerebbe trovare insomma un luogo solitario, dove la natura fosse splendidamente complice, dove lì dei curiosi e degli importuni non arrivassero. Capisci tu che la fama ci segue alle calcagna? Io mandai jeri, a proposito, due padrini al corrispondente dell’Italia, dove si parlava di te, di me, della duchessa, non col dovuto rispetto. Il corrispondente ha fatta una ritrattazione in tutte le regole che sarà pubblicata con una lettera dei padrini a me. Tu scrivimi a Pescara subito, dimmi tutto, dimmi quel che tu vuoi, quel che ti par meglio. Io parto. Sai che Feliciangelo (?) mi ha fatto promettere che oggi io non avrei tentato nessun assalto per vederti?
Addio, Tante cose al mialo (?), tu dammi, dammi, dammi tutti i tuoi morsi pieni di miele, dammeli tutti… Io ti soffoco. Ho un’allegria pazza di bimbo, non so che farei se ti avessi.

Addio, tigretta.Addio, divina
Tuo Gabriele

Elisa Zanola

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