Il casello della memoria

| 24 novembre 2023
casello alta velocità rocca di Manerba

Gli anni ’20 e ’30 del secolo breve rappresentano il tempo espansivo dell’aviazione e della Regia Aeronautica, sorta nel 1923, una “età dell’oro” guarnita di primati, imprese, raid e trasvolate che hanno collegato l’Italia alle Americhe e all’Asia, financo al Polo Nord.

Ma la sfida si giocava pure sulla velocità, con i colori vincenti che sventolavano Oltre Manica, dove la coppa Schneider sembrava aver trovato una stabile dimora. Ed è in questo magma di orgoglio e di sconforto che entrava sulla scena il nostro casello, testimone delle imprese di Francesco Agello che, con il suo idrovolante Macchi Castoldi 72, il 10 aprile 1933 conquistava il primato di velocità con una media di oltre 682 km/h. Lui era lì, severo e composto, anche quando l’“uomo più veloce del mondo” infrangeva il record mondiale di velocità detenuto dagli inglesi fino a quel 23 ottobre 1934, quando la velocità media salì a ben oltre 709 km/h, con picchi che sfiorarono i 711 km/h. Il casello di Manerba del Garda è ancora al suo posto, piantato come un faro sulle falesie della rocca, respira l’alito della macchia mediterranea di un lago che è quasi mare. Fiero di quel primato tutt’ora imbattuto e misurato sulle sue spalle, testimonia al passante di un tempo in cui il Reparto Alta Velocità era il fiore all’occhiello dell’aviazione italiana e la Scuola di Desenzano un distretto tecnologico d’avanguardia. Il casello sa che il sacrificio della vita dei collaudatori dell’MC72 fa parte di una storia di valore che lui non ha la voce per raccontare, ma che talvolta sente insinuarsi nella brezza dell’Ander con le parole del Comandante della Scuola, Colonnello Bernasconi: “l’idrocorsa col suo rombo possente e risonante, eccitava l’eco dei monti racchiudenti il Garda, quasi a chiamare in adunata gli spiriti di tanti eroici velocisti, caduti perché egli riuscisse vittorioso e potesse dare alla Patria, all’Italia, più alto onore e più ammirabile prestigio”. Il casello non ha labbra, ma può avere parole per narrare la sua storia, e quel gesto di ascolto riguarda tutti, i cittadini ed i villeggianti, gli escursionisti ed i botanici, gli amministratori e le scolaresche, gli storici ed i cultori dei congegni alati. Dare voce e dignità ai cementi del casello rientra in quel circuito del fare memoria che sta impegnando il comitato spontaneo, di concerto con la famiglia Cavazza, titolare di quella roccia di paradiso che fende il basso Garda come la testa di un coccodrillo. Uno sforzo, quello di fare memoria, affinché la storia del casello diventi la nostra, per tanti novant’anni a venire.

Anna Dolci

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