IL CARNEVALE

| 2 febbraio 2005


Nelle antiche ritualità babilonesi, durante le settimane che precedevano l’Equinozio di Primavera, tra il 20 e 21 marzo, si svolgevano processioni con i simulacri del dio Luna e del dio Sole che simboleggiavano il rinnovamento dell’anno. 
Etimologicamente complesso il termine rimanda all’espressione latina “carnem levare”, un addio alla carne che ricorda la sospensione nel consumo della pietanza durante il periodo della Quaresima: il Carnevale rappresenta, quindi, l’acme della dimensione orgiastica e di sregolatezza che precede un periodo di riflessione e di digiuno. Ma la dimensione che adulti e bambini aspettano tutto l’anno e che solo il Carnevale consente di tramutare, per qualche giorno, in realtà è quella del capovolgimento dei ruoli, del travestimento. L’usanza del travestimento carnevalesco si diffuse nelle nostre città nel tardo medioevo, quando mascherarsi consentiva lo scambio ardito dei ruoli sociali, il burlarsi di figure gerarchiche e permetteva di satireggiare vizi e persone con quelle maschere divenute oggi famose in tutto il mondo e assurte a simbolo stesso di alcune città. Il Carnevale ha così fatto in modo che ogni regione d’Italia possa vantare, con la propria maschera, una personale originalità, richiamando turisti e visitatori. I Carnevali italiani più famosi sono oggi quello di Viareggio e Venezia, ma molti altri presentano caratteristiche originalissime e legate alle tradizioni dei luoghi da cui prendono vita.


(I riferimenti storici sono tratti dal libro di Attilio Mazza TRADIZIONI BRE-SCIANE I santi, i riti, il folclore, i prover-bi -Fondazione Civiltà Bresciana – 2002) 


Un indovinello per Carnevale:
cosa significa “tagliare la testa al toro”?
La goliardica espressione nasce in occasione di un giovedì grasso a Venezia durante il quale gli abitanti della Repubblica festeggiano la propria vittoria su Ulrico, patriarca ribelle di Aquileia.
Il doge annienta il patriarca e i suoi 12 feudatari che, condotti a Venezia , vengono poi rilasciati per intercessione del Pontefice. I magistrati veneti chiedono però, come risarcimento, e a memoria della vittoria, che ogni patriarca di Aquileia mandi ai veneziani, nel giorno di giovedì grasso, un toro
e 12 maiali ben pasciuti.
Allo scadere della ricorrenza, quindi, gli animali venivano portati in Palazzo Ducale e macellati per tutto il popolo. Da tale usanza deriva l’odierna espressione “Tagliar la testa al toro”, cioè togliere di mezzo gli ostacoli e risolvere in maniera definitiva un problema.


 

Di: Laura Simoncelli

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