FIORI DI VETRO

| 2 ottobre 2006

La fragilità dell’essere in moderne short stories

Tredici storie di dolente quotidianità. Tredici veloci flash ambientati nei paesaggi gardesani che raccontano il dolore, che si alternano tra il lamento abissale e l’urlo ribelle. Personaggi maschili fuggevoli e profondi nello stesso tempo, dalle magre silhouette di maledetti, tutti immagine riflessa di una volontà autobiografica del giovane autore di Peschiera, che affonda le radici del suo raccontare nella tradizione decadente. “In ogni angolo del nostro brutto mondo si nasconde la Bellezza”, ci confida l’autore. E la ricerca di Lei è il lungo e travagliato vagare tra gli ameni paesaggi della colline gardesane e metropoli diaboliche, trascorso più nella contemplazione di Lei che nel (di Lei) vero desiderio; anche se alla fine l’amaro in bocca ci resta, di fronte al miraggio di un giardino delle Esperidi che ci è solo anticipato, ma proibito alla vista. La Bellezza, della quale lo scrittore si confessa appassionato cultore in tutte le sue forme, coincide spesso con il ritorno alle origini, alla terra, alla tradizione, retaggio di una cultura passata e macinata dalle potenti mascelle dell’onnivora cultura moderna. Un’àncora di salvezza è la letteratura reazionaria (in senso positivo) e anti-pop di Massimo Turrata che racconta i simboli del tempo che ci consuma giorno dopo giorno, con un linguaggio che oscilla tra gli abissi oscuri dell’introspezione e la profonda leggerezza della quotidianità.
Esordiente ma non troppo, con un bagaglio di tradizione che colora le sue parole, Turrata ha di fronte la possibilità di poter crescere, in attesa che i suoi “fiori di vetro” sboccino.

Massimo Turrata, Fiori di vetro, edizioni Ennepilibri, 2006, 13 euro 

Di: Matteo Todesco

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