Festival Tener-a-mente: intervista a Viola Costa

| 4 luglio 2023
Viola Costa direttrice Tener-a-mente

La direttrice artistica del Festival, Viola Costa, ci racconta curiosità, dietro le quinte ed aneddoti del Festival dell’Anfiteatro del Vittoriale

Il Festival Tener-a-mente vide la sua prima edizione nel 2011. Dal 2011 ad oggi il Festival ha ospitato tantissimi artisti sia nazionali che internazionali. Cos’è cambiato da allora ad oggi?

Sono successe davvero tantissime cose ed è cambiato davvero tutto; a livello artistico, perché siamo partiti con un festival trasversale nei generi che spaziava dalla danza, alla musica, al circo contemporaneo, al teatro e pian piano ci siamo spostati verso il taglio prettamente musicale per una serie di ragioni legate al mutato scenario culturale del contesto italiano. Fare spettacolo dal vivo in Italia oggi è molto complicato ed il genere che consente più margini di sopravvivenza è proprio la musica. Noi tuttavia non abbiamo ceduto alla lusinga del teatro pieno come primo obiettivo, che comunque era un obiettivo sin da subito giustamente dichiarato dal Presidente del Vittoriale Giordano Bruno Guerri. La gestione precedente aveva un cartellone molto diverso ed in teatro c’erano una media di 400 persone a sera: in un teatro simile era davvero un peccato. Al di là della qualità artistica, ogni luogo va valorizzato per le sue caratteristiche architettoniche. Non abbiamo pensato solo a riempire l’anfiteatro, ma ad artisti che avessero anche una caratura artistica ed una cifra identitaria molto forti: artisti che avessero qualcosa da dire. Questo ha davvero permesso al Festival negli anni di affermarsi come uno dei punti di riferimento in Italia, per la qualità del cartellone e sicuramente per il luogo meraviglioso che lo accoglie, che aggiunge bellezza alla bellezza.

Quanti spettatori fa oggi il Festival Tener-a-mente?

Dipende sempre dalle stagioni, però diciamo che siamo intorno ad una media di 25 mila spettatori a stagione, per 15 appuntamenti. La media è spesso, di fatto, quella del tutto esaurito. Al momento abbiamo già tre concerti che hanno fatto il tutto esaurito ed un quarto con solo 12 posti liberi. Sono spettacoli molto attesi ed uno era esaurito a pochi minuti dalla messa in vendita: ci sono state 48 ore di prevendita riservate a chi era iscritto alla nostra mailing list e quando si sono aperte le vendite generali è bastato un quarto d’ora per avere il tutto esaurito. Si tratta di un’unica data italiana e gli spettatori arrivano da tutto il mondo. Da ovunque si provenga si può cogliere l’occasione per organizzare un piccolo viaggio culturale. Purtroppo non abbiamo ottenuto il travaso dei turisti del Garda verso il teatro ma accade il contrario: ci sono persone che con il pretesto di uno dei concerti del Festival organizzano una permanenza breve o lunga nella zona del Garda e del Nord Italia.

Da dove proviene la maggior parte del pubblico del Festival?

Abbiamo un pubblico che è composto per il 30% da cittadini della nostra provincia e da poco più del 40% da cittadini della Lombardia; il resto degli spettatori arriva da tutta Italia e nei primi 12 anni abbiamo venduto biglietti in 56 Paesi del mondo, dai più vicini ai più esotici. C’è lo zoccolo duro dell’artista che lo seguirebbe ovunque e che in Italia trova un ottimo territorio per organizzare un viaggio all’inseguimento del proprio beniamino.

Qualche ricordo e curiosità da condividere con i lettori, che ha caratterizzato questi ultimi anni?

Ricordo con grande affetto un artista come Ryan Adams sul quale abbiamo lavorato tanto, che era rimasto molti anni senza venire in Italia, noto per avere un carattere abbastanza scontroso. Al termine della giornata è uscito di notte dai camerini ed ha incontrato per caso il cane che abbiamo qui in ufficio che è la mascotte del Festival ed è letteralmente rinato. All’epoca si chiamava Gas, oggi si chiama Supplì perché adesso c’è un erede, si sono passati il testimone. Abbiamo anche un’iniziativa che consente l’accesso dei cani in teatro in alcuni posti appositi. Siamo molto pet friendly. Gas ha incontrato Ryan Adams ed hanno “parlato” più loro di quanto non avessimo parlato noi in tutta la giornata con l’artista. Era veramente molto contento. Sono stati tantissimi gli artisti a venirci a trovare con il loro cane, come Steve Vai.

Quali sono state le richieste più insolite degli artisti?

Sono tante le richieste particolari per l’accoglienza degli artisti. Le più tipiche sono quelle culinarie: arrivano grandi crew composte magari da oltre 40 persone, ciascuna con intolleranze, allergie, gusti… molto spesso sono Americani e vogliono quel determinato prodotto che in Italia è difficilissimo da trovare, figuriamoci a Gardone Riviera che non è proprio una metropoli… Poi ci sono quelli che proiettano anche sugli animali queste esigenze. Ricorderò sempre quando siamo andati dal ristoratore che doveva preparare la cena che c’era anche un cane vegano. Gli abbiamo detto che doveva preparare un hamburger vegano per il cane… Oppure, sempre a proposito di amici a quattro zampe, c’era questo gruppo che aveva un “cane bestia di Satana” e come rito propiziatorio prima di entrare in scena, i componenti del gruppo se lo passavano di mano in mano, fino a che il cagnolino non avesse morso qualcuno. Pare che sia un rito che ripetono prima di tutti i loro concerti. Abbiamo poi avuto anche ospiti estremamente esigenti; come Keith Jarrett, che ci ha consegnato le regole da dare al pubblico. La prima era: vietato tossire. Lo abbiamo avuto nostro ospite nell’ultimo Tour che ha fatto in Italia.

Il nome “Tener-a-mente”, come è nato?

Qui siamo a casa di Gabriele D’Annunzio e non potevamo non rendergli omaggio. Crediamo di poterlo fare, nel recuperare un’anima rock del Vate, ante litteram. Lui era sicuramente un personaggio estremamente moderno e futurista in senso letterale del termine. Grazie al Presidente, Guerri che ha una visione non polverosa della gestione museale, abbiamo potuto fare un cartellone che anche se non rende ossequiosamente omaggio alle opere del Vate, come il teatro e la poesia, che erano i suoi generi prediletti, si esprime con linguaggi contemporanei. Anche D’Annunzio comunque era un grande amante della musica. Il nome è un gioco di parole, Tener-a-mente, che lui usava con le sue amanti. C’è proprio la lettera manoscritta che lo riporta, dove D’Annunzio scriveva ad Olga ed è esposta nel museo D’Annunzio segreto, collocato esattamente sotto il palco dell’Anfiteatro. Una sala museale espositiva che il pubblico può visitare anche nei giorni di concerto fino all’orario di chiusura del museo. È lì che troneggia e ci ha colpiti subito.

L’unico anno che il Festival non si è tenuto è stato nel 2020, durante il Covid.

Cosa ha significato interromperlo e come è stata la ripresa?

Interromperlo è stato inevitabile: era tutto talmente tragico. Sono stati mesi quelli della Primavera talmente drammatici che il primo pensiero non era “dobbiamo tutelare il Festival” ma:  “dobbiamo tutelare la vita e la salute”. Diverso e più sofferto è stato il 2021, quando la situazione in qualche modo sembrava consentire di poter trovare delle modalità operative, ma è stata veramente straziante la definizione delle norme entro cui ci si poteva muovere. Una macchina organizzativa come quella del Festival parte un anno prima; ci siamo trovati ad aprile, due mesi prima dell’inizio del Festival a scoprire che era radicalmente cambiata la normativa, in maniera molto restrittiva rispetto alle capienze del pubblico. Noi abbiamo davvero pochissimi contributi: coprono meno del 5% dei costi totali, il resto è dato dalla vendita dei biglietti. È chiaro che per noi una capienza molto ridotta sia molto inficiante. Lì devo dire che hanno letteralmente salvato il Festival, la fondazione Il Vittoriale degli Italiani ma anche il Comune di Gardone Riviera, che ogni anno ci dà un sostegno economico, contenuto rispetto alle proporzioni così grandi del Festival ma sicuramente molto importante per loro. In un Comune che non supera le 2000 persone, quell’anno hanno drasticamente aumentato il contributo, decidendolo in poche ore e salvando il Festival. Ricordo ancora adesso con emozione dov’ero e com’ero vestita quando ho chiamato il Sindaco di Gardone e gli ho detto che non saremmo riusciti a fare il Festival. Nel 2021 abbiamo sentito la comunità stringersi attorno al Festival: sia la comunità del territorio che ci ha aiutati materialmente ad organizzarlo, sia il pubblico che ha accolto con entusiasmo inimmaginabile la notizia del ritorno del Festival ed è stato disciplinatissimo, ha sempre rispettato le indicazioni e le norme. C’era un tale desiderio di tornare alla vita che da parte di tutti c’erano entusiasmo e positività.

E per quanto riguarda gli sponsor?

Dallo scorso anno sono tornate anche quelle aziende che hanno sempre sostenuto il Festival; nel 2022, quando si temeva che il rapporto potesse essersi sgretolato, quasi tutte sono tornate a sostenerci. Ce ne sono due storiche, che sono la Morgan Tecnica, un’azienda del territorio che è molto fertile e gestita in modo molto illuminato, nel settore tessile ed il consorzio Provolone Val Padana, di cui posso dire lo stesso. Da quest’anno c’è un nuovo partner che si è aggiunto, la Fondazione delle Ferriere Valsabbia. Il Covid non è stato una cesura che ha rappresentato un punto di non ritorno, è stata una sospensione dopo la quale rimboccandoci le mani e con grandissima fatica, ci è rimasta la sensazione molto positiva di questo territorio che risponde e quindi di questa importante collaborazione.

Le maggiori difficoltà che ha incontrato nell’organizzazione del Festival negli anni?

Proprio il dialogo con il territorio. Che non è il dialogo con il Comune né con tutto il territorio, perché le eccezioni ci sono. Ma un Festival come questo non può essere organizzato in maniera avulsa dal suo contesto: c’è bisogno delle infrastrutture e di tanta collaborazione. Si crea un flusso di turismo culturale che deve trovare: accoglienza, pernottamenti, pasti… il territorio è ostico da un punto di vista geografico e molto ricco dal punto di vista turistico. Il Festival si svolge in luglio quando c’è il picco del turismo sul Garda. Abbiamo fatto molta fatica all’inizio: a trovare camere, ad esempio. Qui sono tutte ville Liberty con poche camere. E l’altra difficoltà è il traffico: questo è un disagio che ha anche il pubblico. L’Anfiteatro è mal collegato dal punto di vista dei trasporti pubblici. Avevamo cercato di avviare con il gestore del trasporto pubblico su gomma una collaborazione che permettesse di raggiungere Gardone Riviera con un mezzo pubblico di notte. Inizialmente avevamo trovato in Arriva un partner disposto ad istituire corse notturne post concerto; il Covid ha interrotto tutto. Il pubblico, complice anche un grande ringiovanimento del target legato al ringiovanimento del cartellone, lo chiede moltissimo. Tanti preferirebbero venire sul Garda con un mezzo pubblico. Purtroppo arrivare qui è difficile.

Le più grandi soddisfazioni da Tener-a-mente?

Alcune precedono il suo inizio reale, nel senso che ci sono degli artisti che abbiamo corteggiato per dieci anni prima di riuscire a portarli a Gardone Riviera. Quando un artista che corteggiamo da anni ci dice di si è sempre una grande soddisfazione. Per un artista internazionale venire in Italia e fare una data, massimo due, vuol dire andare nelle località più blasonate: Milano e Roma. Significa quindi mettere gli artisti nella condizione di scegliere tra Milano e Gardone Riviera, che poi è un gioiello di cui si innamorano ma all’inizio non è così semplice. La primissima soddisfazione in questo senso mi arrivò con la più grande agenzia di management di artisti internazionali che contattai il primo anno di gestione, proponendo la location per qualche concerto dei loro artisti. Ricordo ancora il titolare che mi disse: “quel posto lo conosco, è stupendo ma non ha mai funzionato e non funzionerà mai”. Dall’anno successivo, visti gli esiti della prima edizione è proseguita una collaborazione che ci porta a lavorare insieme tantissimo perché molti degli artisti che abbiamo nel Festival li abbiamo grazie a questa agenzia. Sempre parlando di Keith Jarrett, quando lasciò il teatro, la sera prima si era esibito all’Umbria Jazz; leggemmo del concerto interrotto dopo un quarto d’ora perché uno spettatore estrasse il cellulare mentre lui suonava e Keith Jarrett se ne andò. Ritornò sul palco dopo tre ore e fece il concerto per chi nel frattempo era rimasto a luci spente. Eravamo terrorizzati. Tutto andò molto bene, addirittura concesse due bis, a distanza di qualche mese mi arrivò una mail del suo manager che mi informava che la sua assistente personale era rimasta incinta e che quindi non lo avrebbe potuto seguire nel suo tour degli Stati Uniti. Keith ha ripensato a tutto il suo Tour europeo ed a quale fosse il teatro che lo avesse accolto meglio: ci disse, è il vostro e chiese se l’assistente che avevamo ai camerini avesse voluto seguirlo negli USA.

Cosa caratterizza la gestione artistica del Festival?

Questo è un tratto che ci caratterizza: noi siamo una gestione molto femminile, sia come quote, perché molte di noi sono donne, ma femminile anche per quello che in senso più lato si intende per antonomasia pensando ai modi garbati dell’accoglienza. Ospitare artisti e pubblico è davvero un rito e vogliamo fare il possibile perché quell’incontro funzioni. Per creare le condizioni ottimali perché l’esibizione dal vivo sia un reale incontro di emozioni. Tant’è che io non ho mai assistito a nessun concerto del Festival in dodici anni -questo anche solo perché ho delle incombenze di ufficio- ma il momento a cui non voglio mai mancare è l’inizio, esattamente quando il pubblico è lì che attende l’artista, l’artista sale sul palco e parte il primo applauso. Ancora adesso dopo dodici anni mi commuovo sempre.

Elisa Zanola

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