DOPPIO ANNIVERSARIO D’ANNUNZIANO

| 6 agosto 2013
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Quest’anno ricorrono i 75 anni dalla morte del poeta (Gardone Riviera, 1 marzo 1938) e i 150 anni dalla sua nascita (Pescara, 12 marzo 1863). Un numero e il suo doppio: una singolare ricorrenza, un’occasione per ricordare la vita e le opere di uno scrittore così legato al Lago di Garda, dove trascorse anche gli ultimi anni della sua vita.

“Io ho quel che ho donato”: questa scritta campeggia all’ingresso del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera e i doni che il Vate ha fatto ai posteri sono innumerevoli, a cominciare proprio da quel tesoro architettonico bizzarro e incantevole, che è, appunto, il Vittoriale. Un monumento ad un poeta che amava venir celebrato sia per i suoi scritti che per le sue eroiche imprese. Ma chi era D’Annunzio? Ricordarlo in poche righe non è semplice, ma ci sono alcune date che non si possono trascurare. Ad esempio quando, ancora liceale, mentre frequentava il Convitto Cicognini di Prato, nel 1879, scrisse una lettera ad uno dei poeti più in auge del momento, Giosuè Carducci, dalla quale già traspariva il suo temperamento ambizioso. Nello stesso anno, sedicenne, già pubblicava la sua prima raccolta di poesie, Primo Vere che riuscì subito a rendere celebre diffondendo la notizia falsa della sua morte, per incrementare le vendite. Dopo il periodo abruzzese e gli studi in Toscana, D’Annunzio cominciò a frequentare Roma introducendosi da subito in quei circoli intellettuali che contribuirono alla sua ascesa. Al 1883 risale il matrimonio con Maria Hardouin che gli diede tre figli; nel 1890 i due già si separarono e quattro anni dopo il Vate iniziò una relazione con una delle sue amanti più note, Eleonora Duse. Sono quelli gli anni fiorentini, dove visse nella villa La Capponcina. Abitò qualche anno poi a Parigi, tornando in Italia poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Interventista nel periodo pre-bellico, fu molto attivo militarmente durante il conflitto, partecipando a diverse missioni in aereo. Una ferita vicino all’occhio, che si era procurato dopo un atterraggio d’emergenza nel gennaio 1916, gli fece trascorrere lunghi periodi di semi cecità durante i quali scrisse la sua opera Notturno. Tra le sue imprese più note, la partecipazione all’incursione nota come la Beffa di Buccari e il lancio di manifesti (inizialmente scritti da D’Annunzio; si preferì poi la versione di Ugo Ojetti) durante il Volo su Vienna del 1918. Ma sicuramente quello che rese più famoso D’Annunzio dal punto di vista militare fu l’impresa di Fiume, del 1919. Nel 1921 acquistò a Gardone Riviera la villa di Cargnacco che sarebbe diventata Il Vittoriale. Noi gardesani abbiamo un debito verso il Vate anche in termini di viabilità, avendo egli contribuito alla creazione di parte della Gardesana occidentale. Firmatario con Marinetti ed altri del Manifesto degli Intellettuali fascisti, non prese mai la tessera del PNF ed ebbe rapporti complessi e controversi con il Duce, che si narra facesse entrare dalla porta d’ingresso degli ospiti sgraditi, al Vittoriale. Se D’Annunzio cercò di mantenere un’indipendenza almeno formale dal fascismo, il fascismo si appropriò di molti motti del poeta che divennero tra gli slogan più diffusi dell’epoca. Un altro episodio curioso della vita del Vate da ricordare è il cosiddetto “volo dell’arcangelo”: nel 1922 il poeta precipitò da una finestra, al Vittoriale, non si sa ancora bene se fu spinto da un’amante gelosa o per ragioni di natura politica. D’Annunzio fu un personaggio scomodo e molto chiacchierato al tempo: libertino, narcisista, amante del bello fino a riempirsi di debiti, eroe di guerra… a lui sono legati tanti aneddoti e innovazioni linguistiche, come la resa al femminile del termine automobile, allora maschile o l’invenzione della parola “fraglia”, che nel mondo velistico gardesano ci è così familiare. Tra i motti da lui coniati o legati alle sue imprese, i più celebri sicuramente sono: Memento Audere Semper (Ricorda di osare sempre), Ardisco non ordisco, Cosa fatta capo ha, Me ne frego, Habere non haberi (Possedere, non essere posseduto) e il grido di guerra Eia! Eia! Eia! Alalà! Come scrittore, fu fine poeta, elegante prosatore e raffinato autore di teatro (con tragedie come La figlia di Iorio, del 1903). Le sue opere di poesia più note sono: Primo Vere (1879), Canto Novo (1882), Poema Paradisiaco (1893), Le Laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi (terminate nel 1918 con Asterope). Per la prosa, il ciclo narrativo I romanzi della Rosa (Il piacere, L’innocente, Il trionfo della morte), Giovanni Episcopo (1892), Le vergini delle rocce (1895), Il fuoco (1900), Le novelle della Pescara (1902) e Notturno (1916).

Elisa Zanola

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