DIABOLUS IN PARADISIUM

| 1 settembre 2003

Nulla di diabolico, nella loro storia, tranne il sulfureo nome del gruppo (che si rifà al famigerato tritono). Non troverete niente di arcano o di evanescente che li contraddistingua (come impone certa moda new age applicata al Medioevo). Diabolus in musica sono invece voci totalmente carnali, pienamente umane, davvero medievali: canti di infaticabili pellegrini incamminati verso la meta (celeste, non dimentichiamolo); uomini che chiedono con note e suoni, che invocano, interrogano la realtà e cercano risposte, sempre aspirando all’Eterno (qualcuno lo chiama Paradiso) con i mezzi di cui dispongono.


Le loro voci sono corpose, carnali, dotate di forza e di chiarezza verbale (irresistibili le “u” pronunciate alla francese); innervate di un’accesa vivacità ritmica, posta al servizio della parola e del fraseggio. Intonazione perfetta: nel libretto interno dei loro cd, li vedi fotografati con il diapason conficcato nelle orecchie, ora concentratissimi ora sorridenti e distesi. Hanno vinto premi prestigiosi e da qualche anno indagano repertori inconsueti, assolutamente poco frequentati: chansons monodiche in latino del 1100, polifonia franco-inglese del tardo Trecento, organa, sequenze, conductus e rondelli, interpretati con qualità vocale ferma, risoluta, esultante (per usare parole altrui).
Accettano di buon grado di rispondere alle domande. Sono solari, pieni di entusiasmo e umili allo stesso tempo.

Lo studioso Diether de La Motte, citando fonti d’epoca, definiva la musica polifonica del 1200/1300 “orgiasticamente grandiosa”: condividete questo giudizio? Purtroppo gli interpreti di questa musica (l’Hilliard Ensemble degli anni ‘80/90, per esempio), sembrano, al contrario, piuttosto freddi e distaccati. A che punto vi sembra d’esser giunti, oggi?
Non conoscevo l’affermazione di De la Motte, ma sono completamente d’accordo. Le polifonie del XIII secolo sono principalmente basate sulle consonanze d’ottava, di quinta e di quarta, con un gioco continuamente rinnovato di tensione e distensione, basato sui diversi gradi di consonanza/dissonanza. Ne deriva un piacere del canto davvero molto intenso, un canto che vibra immerso in un simile contrappunto. (Spero anche che gli ascoltatori provino lo stesso piacere che proviamo noi). Alcuni testi medievali, poi, ci parlano di una simile e veritiera estasi provata all’ascolto di queste polifonie. Non bisogna dimenticare che la regola quotidiana di quel modo di vivere la musica era il canto gregoriano e la polifonia costituiva l’eccezione riservata ai giorni di festa. La musicologia, l’interpretazione, ma ugualmente la storia sociale e artistica hanno compiuto importanti progressi dopo gli anni ’80. E’ perciò più facile, per i musicisti di oggi, lasciare libero corso alla loro personalità artistica, e nello stesso tempo rispettare lo spirito e la lettura delle fonti manoscritte. 

Il testo di una composizione già vi suggerisce il colore dell’interpretazione, oppure l’espressività medievale è qualcosa di totalmente diverso dalle nostre concezioni moderne?
L’espressività medievale è un effetto della nostra espressività (di noi interpreti ed ascoltatori moderni) ed è ciò che, oggi, più facilmente può “deragliare”, perdersi, scadere in cattivo gusto. Certe melodie incantevoli possono accompagnare sia superbe poesie d’amore che feroci pamphlets politici. Come interpretare queste differenti intenzioni, entrambe servite dalla stessa melodia? L’interprete moderno deve risalire alle fonti e studiarle, immergendosi il più possibile nella sensibilità medievale. L’artista medievale era totalmente inserito in una tradizione, con umiltà, in un quadro prestabilito ed immutabile. Solo Dio crea. Noi siamo lontani da questa coscienza. Siamo invece imbevuti d’una visione romantica dell’artista che si macera nel dolore della sua opera egocentrica.

Il vostro canto possiede calore, intonazione, verità, precisione di pronuncia. Quanto contano le vostre radici francesi?
Mi sento costituito di cultura profondamente francese e il mio gusto mi conduce irresistibilmente verso la musica francese. Amo anche molto il repertorio inglese, italiano e tedesco, ma mi sento in grado d’interpretare con verità soprattutto la musica medievale francese (che non a caso si trova all’origine di tutta la storia della musica occidentale). Il fatto d’essere francese è un dato insostituibile per restituire con precisione la pronuncia esatta del francese e del latino medievale, al quale teniamo in maniera speciale. Per quanto riguarda gli interpreti attuali, ho un’ammirazione sconfinata per l’assoluta qualità tecnica dei cantanti inglesi, per esempio; purtroppo, però, tendono a cantare tutto il repertorio sullo stesso tono, esasperatamente uniforme, senza riferirsi al senso di ciò che stanno cantando, senza applicare le ultime conquiste della moderna musicologia. Con i loro difetti e le loro qualità, Diabolus in Musica esprime invece la sua forte personalità artistica con passione e calore.

Il vostro uso degli strumenti è limitato al minimo; altri gruppi ne usano moltissimi. Ma neppure usate voci sole. Come mai?
Il nostro scopo è restituire agli ascoltatori moderni quello che le nostre conoscenze ci suggeriscono dovesse risuonare all’epoca. Altri obiettivi sono possibili, certo, ma noi siamo mossi da un senso di fedeltà storica e da una passione artistica. I progressi delle conoscenze musicologiche degli ultimi anni ci permettono di scegliere fra pochissimi strumenti e voci soliste. Occorre poi distinguere fra epoche e repertori. Attualmente stiamo cantando una Messa di Dufay con due cantanti per voce, perché questa era la prassi del XIV secolo. Il nostro strumentario può prevedere l’utilizzo di un’arpa medievale, un clavicythérieum, una guiterne (cetera), tre vielle (ma sto parlando di chansons trovieriche).

Una prolungata esposizione al suono della musica medievale ha cambiato la vostra comprensione della musica medievale, come scriveva anni or sono Christopher Page? Detto in altri termini, nel Medioevo si ascoltava e si faceva musica come accade oggi?
E’ evidente che, per comprendere meglio, una frequentazione prolungata della musica è necessaria, tanto più nel caso di quella medievale. Occorre esserne impregnati, occorre un sincero bagno musicale. Il nostro mondo moderno, con la sua sovraesposizione ai suoni e ai rumori d’ogni tipo, è totalmente lontano dall’universo medievale. E le musiche di oggi sono totalmente estranee al mondo modale del Medioevo. Ai nostri giorni, per poter gustare la forza straordinaria di una semplice monodia, occorre effettuare uno sforzo di concentrazione enorme e immergersi completamente in quelle note. Gli editori moderni, poi, ci permettono di disporre ormai della quasi totalità delle fonti disponibili. E’ importante, al riguardo, quando parlo di un argomento, decifrarne l’integralità del corpus. Per preparare il programma sui trovieri, per esempio, ho letto la maggior parte delle 1360 melodie che ci sono giunte. Lo stesso ho fatto per i conductus dalla Scuola di Notre Dame. Malgrado tutto non potrò mai ascoltare o far musica come un uomo del Medioevo. Sono un uomo del XXI secolo, addentro alla sua epoca.

Si sistema la coda, fermata con il solito elastico. Chissà se nel Medioevo si usava?

Di: Enrico Raggi

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