Desenzano del Garda CINQUANTENNI MA…

| 1 agosto 2004

RIFLESSIONI E RISPOSTE
DALL’ORATORIO DELLA TERZA ETA’
Caro Carlo,
permettimi nella risposta di apprezzare e dissentire. In mezzo mettici l’emozione che raccolgo al volo, tentando un colpo simile ai tuoi dal tocco morbido e inimitabile. Apprezzare per tutto il carico di intrigante nostalgia che ha i saputo trasmettere a quest’altro irascibile cinquantenne del Mirabello. Apprezzare ancora per la tua fotografia, dallo scatto innamorato, per questo piccolo mondo, spesso definito amabilmente nel ghirigoro della battuta “oratorio della terza età”. Leggendo la tua nota credo che un gruppo molto allargato di persone riconoscerà il tenero vigore di una generazione nel suo divenire tra campi di pallone e vita vissuta con complementi di sogno e passioni. E a queste passioni il tuo vivace pensiero sovrappone immagini passate, che tutelano la memoria e garantiscono riflessi al colorato mondo dei pallonari mitici in esposizione di mercoledì e sabato dalle parti del Mirabello. Perché alla fine proprio di esposizione si tratta. Rappresentazione del sogno e dell’emozione, che per noialtri cocciuti nocchieri del dribbling e della triangolazione risulta inimitabilmente attraente e creativa. Così corrono staticamente al vento le nostre curiose panta-mutande, invertendo la rotta della convenzione del tempo. L’età non conta nulla. Il piacere sta ad esempio nel dar la palla di prima, erogando magari in anticipo una finta da sballo per quel famigerato pubblico che non c’è. Onore dunque al tuo grande suocero, interprete esclusivo del tifoso sincero aldilà del tenore atletico del nostro faticoso ed appassionato andirivieni sul terreno di gioco. Mi associo nel ricordo nostalgico della sua presenza, utile e stimolante per il pathos di palcoscenico di noi statici atleti a denominazione di origine controllata. Altre nostalgie attraversano pensieri e parole comuni. E qui la faccenda si complica. Per questo vorrei dissentire da quella tua strana ipotesi di commiato a beneficio di desolanti campi di bocce di periferia. Non sono d’accordo. Questione di lignaggio. Di quel tuo lignaggio fatto di classe limpida e piedi vellutati. Ma quali bocce accidenti! – traduzione censurata di altra imprecazione più vicina al terra terra dei campi di gioco – Al massimo potrei vederti all’opera con le palline da tennis, da trattare non con la racchetta, ma con il delicato palleggio del piede di Carlo giocoliere. E non scherziamo neppure sul portiere e sul motto “va en porta”, destinato nella prosopopea goliardica al meno dotato tecnicamente. Quindi bando ai commiati che più o meno soppesiamo durante ogni nostra esibizione. Non ce n’è bisogno. Al contrario ti propongo un bell’evviva ai sogni ed alle emozioni, trascinati ancora con foga in questa malattia da ragazzi imbiancati tra zucca e cuoio capelluto. Richiamando a nostro vantaggio il grimaldello estetico del gesto bello da vedere che ti rende onore personale. Del gol di ottima fattura e del protagonismo nostrano che vanta tecniche sopraffine di volteggio palla al piede. Anche se il ritmo è più lento. Anche se il ruminare dei muscoli diventa meno reattivo. Anche se i polmoni protestano in un esperanto ansimante di bocche aperte a rintracciare il fiato. Ma il gesto, il tocco, l’armonia del piede nel dare avere di interno, di collo o di esterno, rimangono intatti. Statuariamente incastonati in questo fantastico, emozionante ed affettuosamente irascibile sogno, da vivere ancora una volta tutti assieme a te caro Carlo. Alla faccia del ritiro di Baggio.

Con affetto
Beppe Rocca

 

Di: Giuseppe Rocca

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