DA SANTA LUCIA …ALL’EPIFANIA

| 4 dicembre 2013
natale a riva72

Tradizioni, leggende popolari, storie di santi: dicembre e gennaio sono mesi carichi di sacralità nel calendario delle ricorrenze cristiane

Quella del 13 DICEMBRE è la notte più attesa da moltissimi bambini, la notte di Santa Lucia. Ma chi era in realtà questa Santa tanto amata dai più piccoli? Per quanto sia difficile, come spesso succede nell’agiografia, risalire all’identità di un Santo vissuto in epoche lontane dalla nostra, una delle più attendibili biografie di Santa Lucia vede in lei una giovane vissuta a Siracusa intorno al 304 d.C. Si narra che rimase affascinata dalla figura di Sant’Agata e che si fosse recata a Catania nel luogo dove la Santa era stata martirizzata. Da lei ricevette un particolare messaggio di fede che la invitava a non cercare da lei quello che Lucia stessa poteva offrire. Il primo miracolo avvenne, dice la leggenda, immediatamente, con il risanamento della madre malata. Fu poi un susseguirsi di rinunce e privazioni: Lucia annullò il matrimonio e iniziò ad offrire i suoi beni alle persone più indigenti. Il cambiamento repentino non piacque tanto al Renzo di turno, ossia all’allora fidanzato di Lucia di cui si ignora il nome, che per contenere la dissipazione delle ricchezze della donna e per protestare forse contro le sue nuove idee di morigeratezza anche in campo sessuale, decise di denunciarla a Pascasio, il governatore romano, denunciandola per pratiche cristiane. Lucia rifiutò di offrire sacrifici agli dei pagani e difese l’emorragia di ricchezze di cui era accusata, in nome di quegli ideali cristiani di cui lei si faceva portavoce. Come pena decisero che sarebbe diventata una “donna pubblica”, ma non riuscirono a smuoverla nemmeno con l’aiuto di un carro di buoi. Irremovibile. Nemmeno il fuoco ebbe effetto: si decise allora di usare la spada, amputandole la testa. Sembra che la leggenda del supplizio degli occhi non abbia fondamento e che sia nata più dal nome della Santa che rievoca la luce, che dalla sua storia personale. La tradizione che la vede portare doni ai bambini, sembra affiancarsi ad alcune leggende pagane, che fanno riferimento ad esempio alla dea Ecate e a figure divine associate alla notte. Bisogna ricordare poi che ai tempi in cui era in vita la Santa, quella del 13 dicembre era una delle notti più lunghe dell’anno, per questo ancora oggi si dice “Santa Lucia la notte più lunga che ci sia”. Pare però che fu solo dopo il 1204 che in un’area compresa tra Veneto, Lombardia e Trentino, iniziarono a venire associate alla Santa le pratiche dei doni rituali del 13 dicembre. A Brescia invece sembra che il culto della Santa si diffuse nel 1438, in seguito a un assedio milanese, come festeggiamento per la vittoria veneto-bresciana. I piccoli  avrebbero dovuto sfilare in segno di devozione a piedi scalzi e fu promesso dai genitori che se l’avessero fatto avrebbero rinvenuto dei doni nelle scarpe. Scarpe che riecheggiano la calza della befana… si pensa poi che la leggenda del carbone nasca dagli alberi fulminati e ridotti in cenere dalle fate celtiche che si vendicavano contro i contadini che non le avevano omaggiate in modo adeguato con appropriati doni.

Il 31 DICEMBRE, come molti sanno, è la notte di San Silvestro, quasi contemporaneo di Santa Lucia (fu nominato Vescovo di Roma nel 314 d.c.). Pare che il Santo venga venerato l’ultima notte dell’anno sulla base di una leggenda che narra di un’apparizione in sogno di San Pietro che consigliò a Silvestro, per salvare una città da un drago, di scendere 365 gradini (che simboleggiano i giorni dell’anno) e legare intorno al collo del drago (simbolo del paganesimo) un fi lo che lo avrebbe reso vulnerabile. Il suo culto ebbe inizio intorno al 759 d.c. I contadini ricordano il giorno di S.Silvestro con proverbi evocativi, come “Se per tutto l’anno è stata dura, a San Silvestro fa buona chiusura.” In realtà però il nuovo anno non sarebbe da festeggiare il 31 dicembre, ma il 21 del mese, in coincidenza con il Solstizio d’Inverno. Una curiosità è che in zona bresciana, fi no al 1797, l’anno nuovo iniziava il 1° marzo, secondo l’uso veneto.

Ma veniamo alla festa indubbiamente più importante di questo periodo, il 25 DICEMBRE, Natale. Nel bresciano e nel trentino il Canto della stella è un antico rituale natalizio che vede dei giovani impegnati in cori sacri recarsi nelle case per raccogliere doni. Tra loro, anche coloro che rappresentano i Re Magi, che viaggiano insieme ai cantori, uno dei quali porta una stella a cinque punte. Un’altra tradizione legata al Natale era quella di mettere vicino al camino un ceppo cosparso di acqua santa, latte, miele e vino, che doveva ardere insieme all’olivo benedetto per tutta notte, in alcuni casi fino all’Epifania e che se si fosse spento avrebbe portato sfortuna alla famiglia. I ceppi sono stati poi, negli anni, sostituiti dalle candele. Spesso si affi ancava alla vigilia natalizia, il digiuno rituale. A decretare invece la fortuna dell’albero di Natale pare fosse stato Martin Lutero che disse che l’albero sempreverde era di buon auspicio perché ricordava la Primavera e i lumi accesi rimandavano alla luce della fede. A portarsi via tutte vino, che doveva ardere insieme all’olivo benedetto per tutta notte, in alcuni casi fi no all’Epifania e che se si fosse spento avrebbe portato sfortuna alla famiglia.

A portarsi via tutte le feste, l’Epifania, il 6 GENNAIO. Il futuro veniva un tempo predetto mettendo fuori dalla finestra una scodella d’acqua che nel caso di gelo, avrebbe indicato un matrimonio nel giro di pochi mesi. Dalle conformazioni del ghiaccio si poteva dedurre anche quale lavoro avrebbe fatto lo sposo. La notte precedente invece era considerata magica dai contadini e come durante la notte di S.Silvestro, si pensava che gli animali potessero essere, in quelle occasioni, in grado di parlare. In particolare si ricordano i detti bresciani del bue: “Ara, ara, deenterà la polenta cara” e del cavallo “Sfera, sfera, vegnarà na gran guera”.

Elisa Zanola

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