CINEPARTENZA 2001 SOFT

| 1 novembre 2001

Anche quest’anno la partenza della stagione cinematografica è stata al rallentatore.
Assenti quasi completamente i blockbuster,
col bel tempo a farla da padrone, le sale sono state poco frequentate.

In attesa del Natale che diventa sempre di più l’ultima ancora di salvezza per distributori ed esercenti, diamo un’occhiata ai risultati che ha ottenuto il cinema italiano. Il finale della scorsa stagione aveva, infatti, lasciato una scia di speranze che, come al solito, non si sono concretizzate. I titoli più interessanti sono stati riservati per un periodo più fortunato e così, necessariamente, lo spazio è stato occupato da pellicole di giovani esordienti o di coloro che hanno utilizzato il Festival di Venezia come rampa di lancio. È il caso di “Luce dei miei occhi” di Piccioni che figura solo al 13.mo degli incassi stagionali (primo degli italiani) con poco più di 4 miliardi. Dopo questo film il nulla, se si eccettua il modesto successo di “Ravanello pallido”, prima opera che vede come protagonista assoluta la frizzante Luciana Litizzetto. Dunque, siamo ancora daccapo, in attesa delle festività natalizie che ci riproporranno la solita sconcezza della coppia Boldi-De Sica, o il ritorno di Benigni con il suo annunciatissimo Pinocchio. Nel frattempo parecchie pellicole sono fallite miseramente come “Mari del Sud” con Abatantuono, “Tutta la conoscenza del mondo”, protagonista Giovanna Mezzogiorno, e l’esordio cinematografico degli Articolo 31, snobbati dal pubblico per il loro “Senza filtro”. Falliscono dunque alla prova dei fatti, sia Abatantuono, passato in poco tempo in secondo piano dopo aver inanellato una serie d’insuccessi, che Giovanna Mezzogiorno, talentuosa attrice, che purtroppo non riesce a portare pubblico nelle sale. In questo vuoto preoccupante emerge ancora più chiaramente la debolezza strutturale della nostra cinematografia, incapace di creare pellicole di livello medio nei più disparati generi in grado sostenere il mercato durante il corso della stagione. Non è, però, su quest’aspetto, più volte approfondito, che voglio soffermarmi. Piuttosto, sull’apatia del nostro pubblico che sembra vivere di un’esterofilia di principio rozza e insensibile. La crisi del cinema non si può spiegare solo con l’avvento della televisione digitale, con il progresso della tecnica con DVD, home theatre o altro. Tutto questo accade anche in altre nazioni dove, sia pure tra oggettive difficoltà, la cinematografia di casa è protetta e fornisce sempre nomi nuovi all’attenzione generale. Facciamo l’esempio della Spagna che ha portato negli Stati Uniti in pochi anni Banderas e Cruz come attori, ma anche i registi Amenabar, autore di “The others”, Trueba e proposto un maestro dello spessore di Almodovar. È il caso della Francia che ha un proprio star system consolidato che in patria incassa sempre moltissimo e che, ogni tanto, lancia qualche produzione di livello internazionale come il recente “Belfagor”. Certo, altre cinematografie versano in gravi difficoltà, ma se leggete gli incassi stagionali troverete titoli a noi sconosciuti di artisti locali che sono seguiti sempre da un numero di spettatori consistente. A meno che non ci si voglia paragonare per ricchezza e tradizioni a nazioni come Belgio od Olanda, condizionate da un mercato forzatamente minore. È ora, quindi, di scrollarci di dosso questa patina opaca di ignoranza, di levarci dal torpore intellettuale che ci ha colpito e che viene rappresentato perfettamente dalla pochezza della televisione generalista. È ora, o sarebbe ora, sapendo che le nostre esigue truppe di spettatori schiacciati tra grandi e piccoli fratelli e tra show di dubbio gusto non sanno legittimamente a chi chiedere aiuto abbandonati come sono da istituzioni, produttori e registi.

Di: Giovanni Scolari

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