Cinema L’ULTIMO DEI TITANI

| 1 giugno 2002


Billy Wilder è stato uno dei più grandi dell’intera storia del cinema, forse il più grande in assoluto (ammesso che si possano fare graduatorie di questo tipo) nelle commedie. La sua opera ha saputo fustigare, ironizzare e dissacrare usi e costumi degli Stati Uniti d’America, la nazione che lo aveva ospitato e salvato quando lui, giovane artista ebreo, era dovuto scappare dall’Austria occupata da Hitler. Era un uomo di piccola statura, ma dall’immensa levatura morale. Uno sceneggiatore geniale che aveva saputo comprendere e superare il maestro che lo aveva ispirato, Ernst Lubitsch. Aveva 95 anni e non faceva cinema da oltre 20 anni, ma non esiste regista che si rispetti che non lo ha, almeno un pochino, citato nelle sue opere, ammirato per le sue battute fulminanti, invidiato per aver saputo spaziare con così tanta versatilità dal giallo, alla commedia, dal dramma psicologico, al noir. Proviamo a scorrere la sua filmografia: Viale del tramonto, Giorni perduti, Arianna, Sabrina, Cosa è successo tra mio padre e tua madre, Buddy Buddy, Prima pagina, Non per soldi ma per denaro, L’appartamento, Irma la dolce, Un due tre, La fiamma del peccato, Quando la moglie è in vacanza, A qualcuno piace caldo, L’asso nella manica,Testimone d’accusa, La vita privata di Sherlock Holmes, Stalag 17. Impressionante, vero? Una lista da far tremare le gambe che lo ha fatto diventare un regista di culto. Ha inventato la coppia più strana della storia del cinema: Walter Matthau e Jack Lemmon; ha saputo parlare di omosessualità aggirando perbenismo e censura in A qualcuno piace caldo; ha inventato una delle scene più erotiche giocando sulla sessualità di Marylin Monroe (ricordate la metropolitana che alza le gonne in Quando la moglie è in vacanza?); ha creato la più grande dark lady in La fiamma del peccato; ci ha donato il mito del muto in Viale del tramonto; ha dissacrato la guerra fredda in Un due tre (forse il film più parlato della storia); ha fatto sorridere Humphrey Bogart e lo ha fatto innamorare della meravigliosa Audrey Hepburn. Ha fatto tutto questo e molto di più. Ha raccontato la miseria del travet, ha immortalato l’amore, ha sbeffeggiato l’America, distruggendo la patina del moralismo, ironizzando sui luoghi comuni di una nazione che ha amato più di qualunque altro. Era amato da tutti per la sua battuta al fulmicotone, sempre pronta a sdrammatizzare qualunque circostanza. In Un due tre un personaggio diceva: “La situazione è preoccupante, ma non è seria”. Oggi, siamo tutti d’accordo con lui, ma ci sentiamo decisamente più soli.

Di: Giovanni Scolari

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