Cinema BUGIE DALLE GAMBE CORTE

| 1 ottobre 2002


Roberto Benigni sta sperimentando (in parte) il nostro sport nazionale: dare addosso a chi è stato potente. Infatti, il suo Pinocchio ha cominciato ad incrinare il mito nazionalpopolare che era stato edificato sullíOscar conseguito tre anni fa. Come al solito, insomma, si aspetta líerrore del personaggio sotto i riflettori per attaccarlo meglio, con il consueto accanimento contro chi non Ë più forte,o perlomeno appare un pò più debole. Arrivano le prime critiche, i primi mugugni, le perplessità sul suo lavoro. Come non notare che qualcuno sta visibilmente godendo della generale insoddisfazione che colpisce lo spettatore alla proiezione del film? Come non accorgersi che qualche cantore della purezza begnignana ora si compiaccia del mezzo passo falso dell’attore toscano? E non si tratta certo dei suoi nemici manifesti che già attaccarono “LA VITA È BELLA” Benigni può, però, stare tranquillo: gli incassi sono ancora dalla sua parte. I soldi, però, hanno rinviato la resa dei conti che lo attende da qualche parte nel prossimo futuro. Nonostante questo, non si può non rilevare come Benigni si sia rifugiato, dopo il suo successo mondiale, in una storia dal riscontro sicuro, peraltro preparata con un marketing degno del mercato americano. Proprio questo marketing lascia perplessi perché dà il segno di un’operazione commerciale preparata a tavolino, pianificata per ottenere il massimo guadagno possibile da un film che, francamente, non è un granché. Le mie critiche verso Benigni sono note: non ha grandi capacità registiche e dimostra scarsa inventiva dietro la macchina da presa. Questo film le ha confermate tutte, anche se a mio parere è apparso più ispirato in quest’opera che in tutta la sua carriera cinematografica. Merito probabilmente di un cast tecnico di primissimo ordine, capace di realizzare un’ambientazione che in Italia non si vedeva da molti anni, da Fellini (a cui si deve molto dei riferimenti iconografici) probabilmente. Merito dei soldi, tanti 40 milioni di Euro, che il regista attore toscano ha avuto a disposizione. Merito di uno straordinario scenografo, Danilo Donati, che ci ha lasciato un gioiello postumo che può aspirare tranquillamente ad un Oscar, tanto è poetica e magnificamente aerea la ricostruzione dei paesaggi collodiani. Punti deboli sono la consueta incapacità di valorizzare i personaggi di contorno, sempre ridotti a macchiette stereotipate per consentire al protagonista di primeggiare. Di questo hanno pagato pegno durissimo Giuffrè, che si è pubblicamente lamentato del trattamento subito, e Kim Rossi Stuart, bravissimo nei pochi istanti ritagliati per Lucignolo. Ulteriore punto debole la fata turchina di Nicoletta Braschi a cui si potrebbe attagliare la definizione coniata per John Wayne sulla sua espressività, mai variata nelle sue apparizioni cinematografiche. Altro dubbio assale nella traduzione filmica del romanzo di Collodi che è assai rispettosa dell’originale. Tuttavia, colpisce come Benigni abbia accuratamente evitato le parti più cupe del libro, solo accennate. Il giudizio complessivo non può che essere poco positivo, anche se questo film rappresenta un autentico toccasana per le disgraziatissime sorti del cinema italiano. Da tempo, infatti, nessuna opera locale primeggiava nelle classifica stagionali e i nostri autori erano relegati negli scampoli di stagione a ridosso dei festival per avere un minimo seguito.L’opera di Benigni apre un’annata che, se non dal punto di vista qualitativo, dovrebbe essere positiva per l’Italia. A dicembre, infatti, è molto attesa l’ultima fatica di Aldo, Giovanni e Giacomo, mentre a febbraio uscirà “RICORDATI DI ME” di Muccino. Tutti noi ci auguriamo, ovviamente, che questi tre film facciano da traino per l’intera nostra cinematografia, perché la crisi nera (nascosta dai media con le bugie pietose a cui accennava il titolo) in cui versiamo non può essere fermata dai film di pochi personaggi.

Di: Giovanni Scolari

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