CARLO GRANTE IL NOBILE GESTO DI UN RE

| 1 agosto 2003

Dipende incontra un grande artista. E’ Carlo Grante, pianista romano, cosmopolita, formatosi al Conservatorio S. Cecilia di Roma, poi alla Julliard School di New York con Rudolph Firkusny, con Alice Kezeradze- Pogorelich a Londra. Ha inciso oltre 20 cd, ha suonato a New York, Londra, Roma, Milano, Singapore, Hanoi, Zagrabria, Bucarest, Lima, Rio de Janeiro, Vienna… 

La sua grandezza non sta tanto nella facilità con cui risolve ogni tipo di
virtuosismo (ce n’è comunque per tutti i gusti: velocità, timbri, dinamiche,
polifonie… ma quante mani sfodera sulla tastiera?); ciò che impressiona non
è nemmeno la cantabilità suprema che riesce ad infondere ad ogni pianismo
egli si trovi ad affrontare. Ciò che lascia a bocca aperta è l’eleganza, la regalità
del respiro, il gesto sonoro aristocratico e maestoso ad un tempo, una
signorilità che sembra provenire da altri tempi. Sono echi di un mondo di
grazia e di poesia che scompare velocemente, voci che ci giungono da una
lontananza smisurata, voci sempre più care, sempre più fioche. Davvero la
sua interpretazione diventa apoteosi dell’antico salotto romantico, glorificazione
del concerto inteso come scambio di esperienze, momento di
comunione artistica fra animi sensibili, confessione di sé offerta ad un
pubblico di appassionati e di intenditori; non è mai ostentazione, divismo
moderno, spacconeria. Questo respiriamo nelle incisioni di Carlo Grante: nei
brani di Scarlatti, Clementi, Busoni; ma anche in Liszt, anche con il rarissimo
e stupefacente Sorabij, o con l’ineffabile Leopold Godowsky di cui sta
incidendo l’integrale pianistico per la Music and Arts americana. La nostra
conversazione verte proprio sul misconosciuto compositore statunitense di
origine polacca, vera prelibatezza per gli ascoltatori. Illusionismo sonoro e
pirotecnie schiumogene, comunicano le pagine per pianoforte di Godowsky:
ascolti uno Studio, è Chopin, le stesse note, la stessa velocità, piccoli
ritocchi… eppure qualcosa non quadra… Poi ti accorgi che suona solo la
mano sinistra! Leopold Godowsky fu pianista leggendario e compositore
originalissimo: trascrisse e adattò liberamente alcune suites per violoncello
solo di Bach, tre suites per violino solo bachiane; lo stesso fece con lieder
schubertiani, compose incredibili Studi sugli Studi di Chopin, ed altre
chicche di eccezionale difficoltà esecutiva. Ha scritto Rattalino: “Godowsky
cerca soluzioni timbriche legate a posizioni della mano, cerca un suono che
si avvicini a quello di Scriabin, riesce talvolta a tirare fuori fiori fantastici la
cui derivazione dalla pianta chopiniana può essere paragonata al rapporto
Bach-Vivaldi”. 

Gli studiosi, a proposito di Godowski, parlavano di “difficoltà talmente assurde da
scoraggiare chiunque voglia addentrarvisi”. Condivide questo giudizio?
Non proprio. Ovviamente le difficoltà non sono assurde, però richiedono all’esecutore grande pazienza e la volontà di espandere le proprie capacità strumentali, perché è musica fatta “per essere studiata”, prima ancora che per essere eseguita. C’è un contenuto didattico che sottende sia gli Studi che altre composizioni importanti, e il pianista si trova a dover esplorare regioni del pianismo inesplorate, che eludono il tracciato tradizionale della tradizione romantica lisztiana. Comunque credo che suonare perfettamente una Sonata di Schubert sia più difficile, se si cerca la perfezione. Certamente studiando estensivamente le opere di Godowski si acquisisce un maggior dominio strumentale ed una più versatile elasticità tecnico-espressiva. Godowski richiede in primis una grande attenzione alle sfumature poli-dinamiche. E questa è tecnica.
Quali sono le difficoltà “puramente” tecniche che spaventano di più l’esecutore?
Certamente quelle di coordinazione psico-fisica, soprattutto per l’indipendenza digitale tesa a rispettare le richieste polidinamiche, poliritmiche e polifoniche della scrittura.
Non tanto la velocità d’esecuzione. 
Di Godowski non conosciamo quasi nulla. Quali “perle” meritano di essere riscoperte?
Le trascrizioni da Bach, soprattutto, quelle di opere del periodo barocco, quelle da Strauss, gli Studi sugli Studi di Chopin (che non sono proprio trascrizioni), la imponente Passacaglia, la Suite Java… e molto altro ancora.
La Sua attività sembra quella di un artista d’altri tempi: favorisce riscoperte, stimola gli ascoltatori, presenta novità. Cosa ci riserva per il futuro?
Ho registrato per Music&Arts opere di Liszt, di Busoni ed i Sei Preludi e Fughe di Paolo Troncon. Presto sarà pronta la registrazione di un nuovo CD con opere ispirate a Bach: la Fantasia Contrappuntistica di Busoni, Spiegelbilder (Immagini speculari sul nome B.A.C.H.) di Roman Vlad, Bachsche Nachdichtungen di Michael Finnissy. Queste ultime sono dedicate a me. Sono molto contento che Vlad, una delle massime menti musicale viventi, sia tornato alla composizione pianistica, con risultati memorabili. Spiegelbilder è un’opera complessa, satura di materiale tematico utilizzato con logica costruttivistica, ma dotata di rara sensibilità musicale. Sia il pezzo di Finnissy che quello di Vlad inneggiano (con riferimenti più o meno occulti) alla Fantasia di Busoni, a sua volta monumento a Bach.
Bach, ancora lui…

Di: Enrico Raggi

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