BRESCIA-VERONA, ANCORA AL CENTRO DELLA MUSICA

| 1 novembre 2001

Continua lo spettacolo quindi, nonostante tutto. E nonostante tutto si consolida la felice congiuntura che vuole Brescia e Verona, le due orbite del lago di Garda, sempre più al centro della musica, sempre più crocevia di appuntamenti internazionali di grande rilievo artistico: passato il tempo dei grandi eventi estivi, anche novembre riesce ad infilare nel cartellone un paio di imperdibili concerti che, a distanza di sole 24 ore, il 7 e l’8 novembre, terranno per l’appunto banco nelle due città. 

Cominciamo da Verona, dove l’Interzona si è accaparrata per il 7 una delle date del nuovo tour italiano di Michael Franti & Spearhead (attesi anche al Fillmore di Cortemaggiore il 2 e al Leonkavallo il 3). Franti è un nome ancora poco conosciuto in Italia nonostante il peso del suo contributo alle vicende musicali afroamericane dell’ultimo decennio. Poeta militante, attivista per i diritti dei neri americani, personaggio di notevole statura culturale, Franti è l’erede moderno di maiuscole icone della storia della musica americana come Marvin Gaye, Curtis Mayfield, Stevie Wonder, Gil Scott Heron: l’ultimo anello di una catena che, negli ultimi anni, ha rischiato di spezzarsi sotto il peso dell’indifferenza generale, di perdere i contatti con le antiche radici del jazz e del blues, del soul e del funk… Negli ultimi anni la situazione della musica nera americana non è stato un grande spettacolo: fra pop edonista ultraprodotto e senz’anima e gansta-rap becero e della peggior specie il soul ha rischiato di morire quasi definitivamente. Franti rappresenta una delle poche barriere a questo degrado: la sua musica, specie nell’ultimo splendido album “Stay Human”, uscito quest’anno, parte da lontano, dai fertilissimi terreni di quel “soul politico” che tra gli anni ’60 e ’70 ha lasciato sul campo un pugno di capolavori ancor oggi inarrivabili per profondità delle intuizioni e per spessore artistico: dischi come “Psychedelic Shack” dei Temptations, come “Talking Book” di Stevie Wonder, come l’insuperabile “What’s going on” di Marvin Gaye… Ecco, gli Spearhead prendono spunto da queste radici per costruire un sound fisico, avvolgente, che tiene in conto anche i linguaggi della contemporaneità, di quell’hip hop di cui tra l’altro lo stesso Franti è stato esponente fra i più combattivi ai tempi dei Disposable Heroes of HipHoprisy, quando dispensava hit pericolosi come “Television drug of a nation”. Tradizione, modernità e anche consapevolezza: “Stay Human” è efficacemente presentato come una sorta di show radiofonico contro la pena di morte: un manifesto coraggioso, oltre che uno dei pochi, veri dischi di grande musica soul moderna che vi potrà capitare di ascoltare per parecchio tempo ancora. Inutile sottolineare che dal vivo gli Spearhead sono straordinari: una perfetta macchina da ritmo. Dall’America nera a quella bianca, malinconica, introspettiva, quasi silenziosa dei Cowboy Junkies, che l’8 suoneranno a Chiari per iniziativa dell’attivissima associazione degli Amici per la Diffusione della Musica Rock. Per la verità i Cowboy Junkies sono canadesi, ma gli umori di cui è permeata la loro musica puntano indiscutibilmente alla prateria, ai grandi spazi, ad un country quanto meno possibile ortodosso, venato di malinconica psichedelia, di lontane parentele folk, di soffici ed aristocratiche radici pop. Di loro si è cominciato a parlare nel 1988 grazie ad un folgorante album di debutto, “The trinity sessions”, registrato con un solo microfono in una Chiesa abbandonata, ed impreziosito da riletture personalissime di classici senza tempo come “Blue moon” o come “Sweet Jane” dei Velvet Underground. Con i loro ritmi rallentati, con la voce suadente e sussurata dell’affascinante Margo Timmins, con le loro sonorità quasi distillate ed impalpabili, i Junkies hanno anticipato di parecchi anni una tendenza destinata a fare scuola nel pop sotterraneo americano degli anni ’90. Hanno scritto e pubblicato altri dischi di grande statura (come “Pale sun crescent moon”, del ’93), e quest’anno hanno pubblicato “Open”, settimo album in studio che ne ha confermato l’ottima forma. Ed anche per loro quindi, il consiglio non può che essere quello di non mancare.

Di: Claudio Andrizzi

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