Brescia – LO SPLENDORE DI VENEZIA

| 10 aprile 2016
Splendore di Venezia 1

Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’ Ottocento.

Per la prima volta il mito della città lagunare immortalato dal famoso vedutismo settecentesco dei suoi pittori prosegue lungo i decenni del XIX secolo. Il percorso espositivo, in ordine cronologico inizia con le vedute dell’olandese Gaspar Van Wittel (Vanvitelli) e del friulano Luca Carlevarjs che aprono la strada al grande Canaletto, cui è dedicata una sezione intera, dove le sue tele dialogano con quelle del padre Bernardo Canal, del nipote Bernardo Bellotto e del misterioso Lyon Master attivo nella bottega del Canaletto sulla fine degli anni Quaranta del XVIII secolo. Seguono Michele Marieschi, Antonio Ioli, Apollonio Domenichini, Antonio Stom e lo svedese Johan Richter. Quindi la precisione lenticolare di Canaletto si stempera nel pittoricismo di Francesco Guardi, si direbbe un impressionista ante litteram con la sua dissolvenza dei colori nella luce. Arriva il friulano Giuseppe Bernardino Bison (Palmanova 1762-Milano 1844) a traghettare il vedutismo dal ‘700 all’ ‘800 complici i canoni estetici della nuova sensibilità romantica. Bison, qui presente con vari inediti è messo a confronto con tele di altri importanti artisti della prima metà del secolo, non tutti noti al grande pubblico, fra cui Giovanni Migliara, Giuseppe Borsato, Francesco Moja, Giuseppe Canella, Carlo Bossoli, che attualizzano la città lagunare secondo lo spirito del loro tempo. Seguono due sale dedicate rispettivamente alla famiglia Grubax (Carlo, Giovanni, Marco) e al grande Ippolito Caffi per finire coi dipinti realizzati nella seconda metà dell’ 800 da Luigi Quarena, Francesco Zanin, Guglielmo Ciardi (seguito con pregevoli risultati artistici dai figli Emma e Beppe), Pietro Fragiacomo, Rubens Santoro. L’ultima sezione dal titolo “Venezia teatro della vita” ci presenta oltre ad una rarissima tela del maestro bresciano Angelo Inganni firmata e datata 1839, opere di Giacomo Favretto, Alessandro Milesi, Alessandro Zezzos, Luigi da Rios, Giorgio Belloni, atte a documentare scene di vita quotidiana fra calli e campielli. Completa l’esposizione: “ Venezia riflessa nel rame” con incisioni di Canaletto, Marieschi e Visentini che, con la tecnica dell’acquaforte, grazie alle ampie tirature hanno contribuito alla diffusione del mito della città lagunare in tutta Europa. Nel saggio introduttivo all’esposizione “Precursori e protagonisti del vedutismo veneziano settecentesco” il curatore Davide Dotti afferma come vedutisti vengono normalmente indicati i protagonisti del XVIII secolo, in effetti bisognerebbe partire da ben più lontano, addirittura da Gentile Bellini, di cui pubblica, esempio illuminante, la processione in Piazza san Marco e, a seguire, Carpaccio, Giorgione ed altri, come già vide Filippo Pedrocco a proposito del ciclo della Scuola di San Giovanni Evangelista, per cui scrisse: “Mi pare che i teleri siano da ritenere davvero, con la loro rappresentazione accurata dell’aspetto urbano, la radice lontana del vedutismo settecentesco, perché moltissimi degli elementi presenti nelle opere degli artisti attivi a due secoli di distanza sono in essi già contenuti.” La differenza è l’autonomia dei vedutisti settecenteschi nei confronti dei precursori nel non essere legati ad episodi di vita religiosa o politica. Personalmente in tema di veduta autonoma (e penso piacerà a Brescia trattandosi di un pittore lombardo nato nella vicina Bergamo) voglio ricordare la definizione che diede il famoso critico Roberto Longhi (“Paragone” 123/1960) di Viviano Codazzi (Bergamo 1603-Roma 1672): “Il grande inventore della veduta realistica, una specie di Caravaggio dell’architettura e un Canaletto prenato… un’altra eccezionale aggiunta all’antologia del pittore con una veduta del Colosseo e tale da confermare la definizione ebbi poi il piacere di ospitare su queste pagine con l’appropriato e sobrio commento di Oreste Marini.”( “Paragone” 113/1959). Una rivendicazione dunque lombarda del puro vedutismo come filone iconografico autonomo, al pari, nel campo della natura morta, della “Canestrina” del Caravaggio? Sta di fatto che i precursori del vedutismo scollegato da fatti particolari sono indicati dal curatore Carlevaris e Vanvitelli sono vissuti anche a Roma dove possono aver visto le vedute del Codazzi, dipinti tutti cari soprattutto ai viaggiatori desiderosi diportare in patria una fedele istantanea delle città visitate. Il catalogo edito da Silvana editoriale, ricco oltre che delle opere esposte e di immagini correlate alla tesi del curatore, contiene due contributi che riguardano Brescia ai tempi suddita della Serenissima: Elena Frosio “tracce di pittura veneziana in terra bresciana dal 1400 al 1800” con dipinti dei più famosi artisti veneti fra cui Tiziano, Tintoretto, Giandomenico Tiepolo e Daniele Montanari: “Tra centro e periferia- Istituzioni politica e società nella Brescia veneta”.

Palazzo Martinengo – Via dei Musei 30, Brescia; fino al 12 Giugno 2016; Orari: da mercoledì a venerdì 9-17; sabato, domenica e festivi 10-20; Biglietti: intero 10 €; ridotto 8 €; scuole 5 €; Info e prenotazioni: Tel. 327.3339846 (lun-ven, 10-12 e 14-17); Sito internet: www.mostravenezia.it

Fabio Giuliani

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