Brescia I MUSICISTI BRESCIANI EMIGRANO

| 1 marzo 2010
articolo raggi

Se i giovani artisti crescono, una volta diventati grandi c’è il rischio che emigrino. La “fuga dei cervelli” all’estero sembra riguardare anche non pochi musicisti bresciani.

Prendete il pianista Mauro Bertoli. Reduce da una spettacolare tournée in Cina, da un po’ di mesi lavora in Canada, Ottawa, insegnante di pianoforte nella scuola di musica annessa all’università. Un contratto annuale, che potrebbe diventare a lunga scadenza. Nel 2006 aveva ricevuto dalle mani di Giorgio Napolitano il prestigioso premio “Giuseppe Sinopoli”. “Ma in Italia è difficilissimo vivere di musica”, si sfoga Bertoli. “Al massimo si riesce a dare qualche lezione privata in scuole civiche. Rari i concerti e pagati poco. E’ quasi impossibile costruirsi un futuro sicuro, programmare il domani. Non mancano nemmeno i concorsi fasulli. L’anno scorso ne ho vinto uno a Perugia: non ho ancora ricevuto alcun premio, come indicato nel regolamento; ho sporto denuncia e ci sta pensando il mio avvocato. All’estero, almeno, essere musicista è considerato un lavoro”. “Capisco certa amarezza”, gli risponde Sem Cerritelli, una recente affermazione al concorso di Musica da Camera di New York, un primo posto che gli consentirà un debutto alla Carnegie Hall. Da vent’anni Cerritelli accompagna cantanti di ogni tipo, forma e dimensione. Lieder, melodramma, opera barocca, arie da camera. E centinaia di strumentisti. Ha inventato concorsi per pianista accompagnatore, creato associazioni, stagioni musicali. Nel 1996 aveva vinto il “Cortot” di Parigi. Da tempo Cerritelli fa la spola tra l’estero e l’Italia, Brescia, la civica musicale di Corsico, il conservatorio “Pollini” di Padova. Per quattro mesi l’anno risiede a Seoul (Corea), pianista nella facoltà di Canto Lirico della locale università. Con l’affermazione di New York l’America è sempre più vicina: nel cassetto interessanti proposte lavorative. “Ma il lavoro all’estero non può essere mai un punto di arrivo: è qualcosa che arriva naturalmente, dopo una carriera internazionale alle spalle, sempre con la speranza di tornare a vivere di musica in Italia”, dice. Il violinista Francesco Ugolini è stato tra i primi bresciani a cercare(e trovare) fortuna fuori dall’Italia. Ha lavorato con molte orchestre europee, dalla Filarmonica di Vienna alle orchestre sinfoniche di Birmingham, Manchester, Londra; ha suonato con i più grandi mostri sacri del podio internazionale, Kleiber, Abbado, Rattle, Prêtre, Metha. Da una decina d’anni è approdato a Stavanger, in Norvegia, dove è primo violino dell’orchestra sinfonica della città. Vive con una bella norvegese, ha casa, una figlia, un lavoro che ama. Non ha grandi nostalgie dell’Italia. Torna a Brescia una volta ogni due/tre anni per incontrare i genitori e qualche vecchio amico. Il chitarrista Luca Lucini, il migliore allievo di Giampaolo Bandini, ha tenuto per anni tournée in Russia e Bielorussia, in duo con il fisarmonicista abruzzese Mario Stefano Pietrodarchi; sta valutando di spostarsi in quei luoghi: un buono stipendio mensile, allievi motivati, molti dei quali già diplomati, che desiderano perfezionarsi, un lavoro serrato e costante con un’orchestra da camera e un direttore fisso. “Ho ancora in mente il recente concerto nel teatro di Minsk”, ci dice. “Mille persone, biglietti esauriti da quindici giorni, gigantografie, pubblicità ovunque, interviste, la gente in piedi come allo stadio; e giovani, giovani, giovani ovunque. Se qui la musica è vissuta sempre in questo modo, sono senza parole”. Il compositore Antonio Giacometti è una delle massime autorità nel campo della pedagogia musicale e della didattica compositiva. Ha pubblicato libri fondamentali nel campo, si è affermato in moltissimi concorsi nazionali e internazionali, svolge attività musicali innovative con ragazzi di tutte le età e ha vinto due premi “Abbiati” per la scuola. Oggi insegna composizione al civico istituto musicale “O. Vecchi – A. Tonelli” di Modena e Carpi. Pure Giacometti sta progettando impegni extra-italiani. “E’ prematuro parlarne. Ma mi sto preparando per andare in Brasile. Voglio mettere le mie competenze musicali e pedagogiche al servizio dei bambini che ne hanno veramente bisogno. E quello è un paese che adoro. Almeno avrò l’illusione di non essere vissuto invano! Di questa Italia musicale che si perde nelle polemiche Ughi – Allevi e che appalta le opere per bambini a tutti tranne a chi con i bambini ci ha lavorato una vita, preferisco non parlarne. Forse un giorno, a Salvador de Bahia, mi passerà la nausea…”, si lascia sfuggire con evidente rammarico. Sta esagerando?

Di: Enrico Raggi

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