ARTE, VERDURA, COSCIENZA. (cuocere a fuoco lento)

| 1 aprile 1993
desenzano

Punti di vista

Si muove nervosa mentre mi parla dei suoi quadri, già dipinti o solo progettati, e mentre spiega i desideri e i dubbi che la animano. Le parole corrono e si accavallano, nell’ansia di dire il senso di una pittura spesso fraintesa e in questo inseguirsi di discorsi, lentamente io scopro che Marina Marcolini, nata a Carpenedolo ma desenzanese di adozione, parla un linguaggio che è anche il mio, punto di arrivo di un tortuoso percorso intellettuale. Marina dipinge grandi quadri il cui tema parrebbe rientrare nella categoria della “natura
morta”. Parrebbe, poichè mi riesce veramente difficile definire “morte” queste immagini forti e carnose di spaccati vegetali, la cui sensualità inquietante traspare da un gioco di luci ed ombra magicamente combinati. Oltre la foglia o dentro uno dei suoi vegetali c’è ogni donna, mi spiega, e c’è il bisogno di analizzarsi per poter cambiare. Partire dall’introspezione per arrivare alla critica e, quindi, all’affermazione di sè. Ed eccolo il punto in comune di storie altrimenti diverse; è questa sensibilità verso un discorso artistico al femminile, poichè proprio le donne sono le interlocutrici privilegiate di un dipingere che affiora dalla nebbia delle cose uguali o già viste. Nessun appiattimento ma forti sensazioni, quindi, come una sfida contro un destino che, uguale a tante altre, l’aveva costretta a guadagnarsi da vivere già da adolescente. Assume così un significato ancora più incisivo la necessità di analisi interiore, analisi che porta a conquistare nuovi traguardi e , soprattutto, ad aprire la mente a nuovi orizzonti. Arte come vita, vita futura ma anche vita passata, patrimonio culturale che si assomma a patrimonio culturale, perchè, mi dice, nella sua pittura c’è anche un recupero della tradizione del “fare quadri” che oggi non c’è più: troppo uso di materiali e troppa confusione senza novità, specchio fedele di un mondo contemporaneo troppo noto. Allora, nella palude del poco che c’è, lascio che i colori solari di un “fico allegro” scaldino la mia anima gelata dal ghiaccio del niente e mi scuotano più di un inarrestabile ritmo sudamericano.

Tiziana Rossi

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