Alla radice del Rafano

| 4 novembre 2005
rafano-wikipedia

Ci sono sapori che per la loro intensità ed unicità sanno rievocare emozioni, in certi casi anche ricordi e sensazioni fisiche.

Se vi è capitato di assaggiare la radice del rafano, sapete di cosa si parla. Un gusto che non sa avvolgere, assale. Stordisce piacevolmente le papille impazzite e si arrampica nel naso, conquista il condotto lacrimale, scatenando una repentina reazione. Pianto ed estasi. Non stiamo parlando di rapporti sado-maso-culinari, ma della stranissima, contraddittoria esperienza di chi è entrato in contatto con il kren. Grande protagonista sulle sapide tavole sud-tirolesi e giuliane, associato felicemente, per la sua anima acre e piccante, a morbidi bolliti, a superbe carni affumicate, è davvero strepitoso, quando si sposa al buon cotto, quello alla brace, doverosamente tagliato a mano. La sua salsa prelibata si prepara grattugiando la radice raccolta a maggio e cocendola con aceto, mollica di pane o patate lessate. Ma la Armoracia Rusticana Gaertner porta con sé proprietà molto antiche e forse perse fra le pieghe della memoria delle nostre nonne. Era infatti un ottimo rimedio antiscorbuto e veniva utilizzata in presenza di strappi muscolari, reumatismi, sciatalgie oppure come depurativo e anticatarrale o per stimolare le secrezioni dello stomaco. Passato di colpo l’appetito? Nessun problema, il rafano sa attendere. La sua durata in frigorifero raggiunge tempi record. Basta frullarlo con due uova sode, amalgamarlo con del brodo bollente e si garantisce un anno intero della sua salubre compagnia.

Di: Elena Pellegrini

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