Un decalogo per difenderci: TEORIA DELLA MANIPOLAZIONE

| 15 dicembre 2015
Noam Chomsky

Dieci regole che corrono sui social, perlopiù attinte dal pensiero del grande linguista Noam Chomsky, inventore della grammatica generativa, per riflettere su come i media, ma anche certi politici, aggirano e spostano le nostre distratte attenzioni. Da leggere attentamente per essere più consapevoli e, di conseguenza, liberi.

Qualcosa di virale che ci fa pensare. Questa la sintesi per presentare questo decalogo sulla manipolazione mediatica, in dinamica presenza sui Social a partire da Facebook, attribuito al grande linguista statunitense Noam Chomsky. La provenienza specifica a decalogo, riferita all’inventore della grammatica generativa, probabilmente si permette qualche libertà, ma non c’è dubbio che la materia trattata trae spunto divulgativo diretto dalle importanti teorie dello studioso americano. Distrazione dagli argomenti forti verso quelli più deboli – inutile ed ossessiva analisi fatti cronaca a dispetto di fatti più concreti nelle necessità della gente. Ed ancora differimento dalla natura dolorosa da applicare al momento verso un orizzonte migliore – sacrifici da fare per ottenerne, in un avvenire lontano, i benefici destinati ipoteticamente a garantire le nuove generazioni eccetera, sono argomenti piuttosto evidenti di manipolazione scientifica se l’analisi, di quel che viene proposto alle nostre percezioni audiovisive, viene eseguito con adeguato approfondimento introspettivo. Per cui buona lettura. In ragione ed onore dell’esser sempre più consapevoli, ovvero, liberi.

1 La strategia della distrazione, fondamentale, per le grandi lobby di potere, al fine di mantenere l’attenzione del pubblico concentrata su argomenti poco importanti, così da portare il comune cittadino ad interessarsi a fatti in realtà insignificanti. Per esempio, l’esasperata concentrazione su alcuni fatti di cronaca (Bruno Vespa é un maestro).

2 Il principio del problema-soluzione-problema: si inventa a tavolino un problema, per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Un esempio? Mettere in ansia la popolazione dando risalto all’esistenza di epidemie, come la febbre aviaria creando ingiustificato allarmismo, con l’obiettivo di vendere farmaci che altrimenti resterebbero inutilizzati.

3 La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socio-economiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90: stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 La strategia del differimento. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, al momento, per un’applicazione futura. Parlare continuamente dello spread per far accettare le “necessarie” misure di austerità come se non esistesse una politica economica diversa.

5 Rivolgersi al pubblico come se si parlasse ad un bambino. Più si cerca di ingannare lo spettatore, più si tende ad usare un tono infantile. Per esempio, diversi programmi delle trasmissioni generaliste. Il motivo? Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni, in base alla suggestionabilità, lei tenderà ad una risposta probabilmente sprovvista di senso critico, come un bambino di 12 anni appunto.

6 Puntare sull’aspetto emotivo molto più che sulla riflessione. L’emozione, infatti, spesso manda in tilt la parte razionale dell’individuo, rendendolo più facilmente influenzabile.

7 Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. Pochi, per esempio, conoscono cosa sia il gruppo di Bilderberg e la Commissione Trilaterale. E molti continueranno ad ignorarlo, a meno che non si rivolgano direttamente ad Internet.

8 Imporre modelli di comportamento. Controllare individui omologati è molto più facile che gestire individui pensanti. I modelli imposti dalla pubblicità sono funzionali a questo progetto.

9 L’autocolpevolizzazione. Si tende, in pratica, a far credere all’individuo che egli stesso sia l’unica causa dei propri insuccessi e della propria disgrazia. Così invece di suscitare la ribellione contro un sistema economico che l’ha ridotto ai margini, l’individuo si sottostima, si svaluta e addirittura, si autoflagella. I giovani, per esempio, che non trovano lavoro sono stati definiti di volta in volta, “sfigati”, choosy”, bamboccioni”. In pratica, è colpa loro se non trovano lavoro, non del sistema.

10 I media puntano a conoscere gli individui (mediante sondaggi, studi comportamentali , operazioni di feed back scientificamente programmate senza che l’utente-lettore-spettatore ne sappia nulla) più di quanto essi stessi si conoscano, e questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un gran potere sul pubblico, maggiore di quello che lo stesso cittadino esercita su se stesso.

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