SPIGOLANDO

| 1 settembre 2001

Seneca e la vita contemplativa
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) ha scritto che, non esistendo in realtà quello stato che ci figuriamo nella mente, la vita contemplativa diviene una necessità. Infatti ciò che unicamente poteva esserle preposto, ossia l’operare nell’ambito e a favore di una meramente sognata organizzazione politica e giuridica, non si recepisce da alcuna parte (“quia quod unum praeferri poterat otio nusquam est”, De otio, VIII, 3).

Dante e il vino
Sul muro di una cascina abbandonata e prospiciente la strada gardesana occidentale, ho letto queste parole di Dante: “ Guarda il calor del sole che si fa vino, / giunto a l’omor che de la vite cola” (Pur. XXV, 77-78). In un libro del 1880 dedicato al liquore di Bacco Giuseppe Giacosa osservò che nella Divina Commedia esso appare solamente nei citati versi, in merito ai quali taluni commentatori si rifanno ad un passo di Cicerone (De Senectute, XV, 53). D’altro avviso fu uno studioso del quale non ho reperito notizie biografiche, il Barlow, che sostenne in un saggio pubblicato a Lipsia nel 1864 l’ipotesi di una visita del poeta nel Monferrato e la conseguente visione dei tralci rossastri al sole d’autunno. Di quanto precede tratta Luigi Negri in uno scritto di bibliografia dantesca per gli antichi stati sabaudi, che è contenuto nel volume “Dante e il Piemonte”, edito nel 1922 a Torino dai fratelli Bocca.

Petrarca e gli studi letterari
Giunto quasi al termine dell’esistenza terrena, Francesco Petrarca (1304-1374) scrisse da Padova a Giovanni da Certaldo: “ Son certo di questa gran verità: che come di tutti i piaceri del mondo il più puro è quello degli studi letterari, così non ve n’è uno più duraturo, più soave, più fedele, con tante semplicità di preparativi e con sì poca noia”. Con queste ed altre parole il cantore di Laura, respingendo l’affettuoso invito dell’amico a riposarsi trascurando la lettura e la scrittura d’ogni giorno, considerò che la vecchiaia non deve indurre ad interrompere gli studi. E concluse: “… mi auguro che la morte mi arrivi mentre leggo o scrivo: o, se piacerà a Cristo, mentre prego e piango”. Fu accontentato. La fine, infatti, sopraggiunse mentre era chino sul volume del diletto Virgilio. Memore di una celebre tela di Bacci Venuti, Olindo Paqualetti immaginò che una gattina, fedele compagna di tanti giorni lieti, gli fosse accanto fino all’ultimo istante (“Excubans poetae morienti feles”).

LA FIRMA
Nella grande casa le tre sorelle portano avanti giorno per giorno i loro ottant’anni. E’ questa un’età in cui sovente ci sono sorprese: un mattino il piede fa male, un pomeriggio duole la schiena, alla sera non ci si ricorda dove è stato messo lo spazzolino usato a mezzogiorno. Malgrado questo, tutto procede secondo le abitudini acquisite in una vita e non si avvertono grossi scossoni. Di impegni ormai non ce ne sono tanti e la firma occorre solo al momento della consegna delle cartelle delle tasse. I moduli li compila un nipote, ma occorre che la firma sia proprio quella delle tre sorelle. E’ un atto formale che hanno sempre fatto volentieri, perché poi confrontano la scrittura per vedere chi scrive meglio. Quest’anno però c’è un intoppo: la sorella più anziana non ricorda più come si scrivono maiuscole alcune lettere. Prova in brutta a fare e rifare la prima consonante del suo cognome ed è pronta a firmare. Purtroppo a metà firma non si ricorda come si scrive un’altra consonante. Si accorge di avere sbagliato e chiama in aiuto la seconda sorella. Questa, per un suo malanno, trema, ma soccorre, riscrivendo la lettera sbagliata. Poi la prima continua di sua mano e termina le lettere del suo nome. Guarda il risultato e non è contenta, ma occorre una seconda firma e questa volta la fa bene. Mostra così con orgoglio alle altre quanto ha fatto. Poi dice: “Provate voi ora!”. Le altre due, senza occhiali, malgrado i tremolii e i vuoti di memoria, scrivono correttamente i loro nomi. Questa volta, a differenza del passato, nessuna controlla le vocali dell’altra. Anche dal rito della firma si misura il passare del tempo. Per fortuna il passare dei giorni aumenta anche l’affetto e la reciproca tolleranza.

 

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