Milano – ALDO MONDINO – “Tappeti” e “Quadrettature”

| 29 gennaio 2016
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Geniale simbiosi tra minimalismo e decorazione

Aldo Mondino è considerato dalla critica specializzata uno degli artisti più interessanti e creativi della sua generazione per l’originalità e particolarità delle sue realizzazioni. Nasce a Torino nel 1938. Nel 1959 si trasferisce a Parigi, dove frequenta l’atelier di William Heyter, l’Ecole du Louvre e frequenta il corso di mosaico dell’Accademia di Belle Arti con Severini e Licata. Nel 1960, rientrato in Italia, inizia la sua attività espositiva alla Galleria L’Immagine di Torino (1961) e alla Galleria Alfa di Venezia (1962). Atipico e anticonformista per l’epoca, Mondino anticipa i temi di un’arte globale e trasversale. Nei primi anni ’60 elabora l’ispirazione surrealista attraverso il gioco di parole, il nonsense, il calembour. Nel frattempo “studia” la Pop Art cogliendone però l’aspetto più concettuale e freddo, fino a entrare in relazione con l’ “Arte Povera”, partecipando alla storica mostra “Con/templ’/azione” a Torino nel 1967. Sono proprio di questo periodo le “Quadrettature”, che rappresentano della fase iniziale del lavoro di Mondino un ciclo già maturo. Le sue prerogative principali sono il ricorso a immagini banali, molto semplici, facilmente ripetibili che chiamano in causa un modo di “fare arte” ingenuo e scolastico; l’uso del foglio quadrettato che si rifà ai tentativi, talora maldestri, di dare ordine a un disegno per bambini. Questi lavori, secondo lo stesso artista, volevano dire “abbandonare il Surrealismo e ispirarsi a soggetti esistenti, ritrovare la mia infanzia da pittore e riproporla da adulto”. Degli anni Novanta sono invece i “Tappeti”, un soggetto su cui Mondino ha lavorato nell’ultima parte della sua carriera. Difficile definirli semplicemente dipinti, quanto piuttosto pitture-oggetto sovrapposte in composizioni a parete, con colori vivaci e realizzati su eraclite, un materiale industriale utilizzato nell’edilizia. Non a caso si parla di “orientalismo” in questo ciclo di opere dell’artista torinese. La sua visione dell’Oriente non è nostalgica ma divertita e affascinata e gli permette di superare quei confini che l’uomo occidentale convinto della propria supremazia culturale si autoimpone. Ma sentiamo, su questo argomento, il suo racconto di alcuni anni fa, (da un’intervista con Claudia Casali) riportato in uno dei due testi critici di Luca Beatrice nel catalogo della contenuta ma importante esposizione attualmente in corso presso la Galleria Tega, che testimonia appunto i due periodi e i relativi percorsi creativi dell’artista: “Stavo passeggiando nel souk di Tangeri, quello piccolo, quello che chiamano Soko Chico, alla spagnola, quando i miei occhi da miope si soffermano su un tappeto sbiadito in mezzo al vicolo. Aveva persino le frange. Mi avvicino, non è naturalmente un tappeto, ma un pezzo di materiale probabilmente da costruzione, edile. Lo raccolgo e me lo porto sotto il braccio all’Hotel Minzah dove abitavo. Non sto nella pelle per dipingerci sopra: un tappeto naturalmente. Compro i sei colori a olio che vendono al Bazar e incomincio la prima di una lunga serie di opere, ispirate ai tappeti orientali. Il materiale è un truciolato, usato come insonorizzatore, ignifugo e quindi ancora molto usato nei locali pubblici, si chiama Eraclite, o Tamburato, e lo inventarono durante il fascismo con il nome di Populit. La trama dei trucioli impastati una volta dipinta crea un trompe-l’oeil da cui anche celebri mercanti di tappeti come Halevim ed Eskenazy sono rimasti colpiti, diventandone collezionisti. A tutto questo bisogna anche aggiungere il benestare di Delacroix con la sua celebre frase: ‘Non ho mai visto un quadro bello come un tappeto persiano’”. Ma torniamo ad alcuni cenni tratti dalla sua “Aldobiografia”. L’incontro con Gian Enzo Sperone, direttore della Galleria Il Punto, risulta fondamentale per la sua carriera artistica, con un sodalizio tuttora esistente. Importanti personali vengono presentate anche presso la Galleria Stein di Torino, lo Studio Marconi di Milano, la Galleria La Salita di Roma, la Galleria Paludetto di Torino. Tra le principali mostre si ricordano le due partecipazioni alle Biennali di Venezia del 1976 e del 1993, le personali al Museum fϋr Moderne Kunst – Palais Lichtenstein di Vienna (1991), al Suthanamet Museo Topkapi di Istanbul (1992, 1996), al Museo Ebraico di Bologna (1995), alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Trento (2000). Muore nella sua città natale nel 2005. Le sue opere appartengono alle collezioni permanenti dei più importanti Musei nazionali ed internazionali ed a numerose collezioni private. Riferirsi anche al sito Internet ufficiale www.aldomondino.it

Galleria Tega – Via Senato 20, Milano; fino al 12 Febbraio 2016; orari: da lunedì a sabato 10-13 e 15-19; Tel. +39 02 76006473;  mob. +39 3487421417; www.galleriatega.it

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Fabio Giuliani

 

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