LAGO DI GARDA: CANTASTORIE DEL GARDA

| 1 settembre 2010
lago di garda

Rivelare di sé, evocando un altrove. L’esperienza narrativa – al di là del resoconto propriamente autobiografico – pone in pagina un tracciato che rivela, riga dopo riga, le orme dell’autore. Sfumata o dirompente, ammiccante o austera, la sua presenza trabocca dal racconto e prende forma, reclamando uno spazio nell’immaginario del lettore.

Se le rispondenze emozionali rimbombano nell’animo e s’incanalano in parole, la passione trova modo d’insinuarsi nella trama come un fiume carsico che feconda il succedersi dei capoversi, erodendo le distanze fra autore e fruitore. I cantastorie del Garda – poeti e narratori, storici e biografi – si celano nelle fronde degli oleandri, nelle cavità delle falesie, nei nidi dei gabbiani, inebriandosi di profumi e colori che convertono in sinestesie per sopire l’appetito sensoriale dei lettori. Il concorso delle emozioni e dei sentimenti si rende maggiormente necessario nel campo della divulgazione storica, operando da collante fra le generazioni e riducendo quella forbice culturale e temporale che rischia di atrofizzare la narrazione in un’inespressiva cronaca di episodi svincolati dalla sensibilità contemporanea. Attorno al Benaco e ai suoi iconemi paesaggistici, alla storia antropica del bacino perilacuale, all’accatastarsi di culture e di costumi si organizzano alcuni dei filoni di ricerca che indagano sulle origini e sulle peculiarità della famiglia benacense a cui i novellatori appartengono per nascita e per sensibilità. L’analisi del quadro storico e culturale più recente tracima dal fortino delle fonti accademiche, e – in forza del contesto affettivo e parentale – si rende partecipe del contributo di testimonianze orali, memoriali, scambi epistolari ed estratti giornalistici che rendono servizio alla diffusione della storia minima, quotidiana, anonima ma non banale, dipanatasi nei porticcioli e nelle più remote contrade. Il lago si fa così cornice e palcoscenico per la rappresentazione di vite singolari, di opposte esperienze che pongono a fattor comune il passaggio, stabile o fuggevole, in riviera. Raccontando il Garda e la sua gente, inevitabilmente i cantastorie danno notizia di sè. Dell’ammirazione per una natura mai uguale che si declina con l’avvicendarsi delle stagioni, dell’interesse per la vicenda umana e le sue manifestazioni sociali, della curiosità per le dinamiche interpersonali innescate dagli eventi dirompenti della Storia, dell’osservazione delle connessioni relazionali all’interno delle comunità e dei gruppi d’interesse. Rendendo omaggio al privilegio a cui appartengono con lo strumento del racconto. E tutelando, nella complessità dei fattori in causa, il gusto per una narrazione odorosa e vivace, che, nell’equilibrio fra dettaglio e contesto, organizza rappresentazioni di epoche trascorse in costante dialogo con il tempo presente. La vocazione turistica ha innegabilmente stimolato la conservazione del patrimonio storico e culturale del territorio gardesano ma, per lungo tempo, ha privilegiato l’affresco esotico, la retorica da cartolina illustrata, l’esibizione dei gioielli di famiglia. Un più moderno corso dell’indagine culturale e storiografica deve affrontare zone grige e impervie, dedicando sforzi e risorse allo studio delle collettività e dei comportamenti sociali, delle economie locali, della metamorfosi dei costumi e delle specificità produttive del distretto benacense. L’utilizzo disinvolto del territorio, l’assenza di politiche economiche condivise, la mancanza di un piano di sviluppo sostenibile, governato da organismi consortili autorevoli e riconosciuti, interrogano il narratore come il ricercatore sulle radici dello scadimento gestionale e amministrativo in un’area così fragile e preziosa. Un declino che mina quel senso valoriale di appartenenza a una comunità, motivo d’orgoglio per gli umili abitatori e i figli illustri di una terra di rara bellezza, crocevia di popoli e di merci che, sotto il dominio della Serenissima, prese il nome di Magnifica Patria.

Di: Anna Dolci

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