Venezia: A OCCHI SPALANCATI

| 19 marzo 2015
Impressionismo Russo 1

Capolavori dal Museo dell’Impressionismo Russo di Mosca

“La mostra ‘A occhi spalancati ‘ segna l’esordio del Museo dell’Impressionismo Russo sulla scena europea. Il fatto che si tenga a Venezia, città da sempre considerata un luogo cruciale nella geografia della cultura mondiale, per noi non rappresenta soltanto un punto d’onore, ma anche una grande responsabilità. Voglio esprimere la mia gratitudine al Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) di Ca’ Foscari per il sostegno, l’inesauribile spirito d’iniziativa e l’inventiva dimostrati durante l’allestimento.” Queste parole di Boris Mints, collezionista e fondatore del Museo dell’Impressionismo Russo, sono tratte da un suo saggio nel catalogo (Terra Ferma Edizioni) di una bella ed interessante mostra che ha per titolo “A occhi spalancati”, allestita a Palazzo Franchetti, un’anteprima assoluta per il pubblico italiano ed internazionale di 50 capolavori del futuro polo museale moscovita.  L’Impressionismo Russo vede il periodo di massima fioritura tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, poco dopo quello francese. Il nuovo modo di dipingere diviene presto oggetto di studio della Scuola di Pittura, Architettura e Scultura di Mosca, i cui maggiori esponenti sono Konstantin Juon, Petr Petrovičev e Stanislav Żukovskij, tutti presenti in mostra. Il 1863 è l’anno della realizzazione del celebre dipinto, in Francia, “Le déjeuner sur l’herbe” di Eduard Manet, e, al tempo stesso, l’anno in cui un gruppo di giovani pittori si ribellò all’indiscussa autorità dell’Accademia delle Arti di San Pietroburgo. Mosca diventò un secondo polo di influenza artistica, e nel 1870 nacque la Società dei Pittori Ambulanti (Peredvižniki), che organizzò più di 50 rassegne ed ebbe un ruolo fondamentale in questa nuova fase dell’arte russa. La rassegna veneziana, curata dal direttore del Museo moscovita Yulia Petrova e da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri del Centro Studi sulle Arti della Russia dell’Università Ca’ Foscari (Csar), accosta rari dipinti giovanili di Korovin ad opere recenti di Vladimir Rogozin e Valerij Košljakov, a dimostrazione di quanto la matrice francese continui a influenzare la ricerca artistica contemporanea. Nel percorso espositivo incontriamo di volta in volta rappresentazioni di paesaggi, scene ambientate in interni o in esterni – con o senza figura umana – ed anche una manciata di “tracce” italiane; di Nikolaj Dubovskoj (1859-1918), esponente della scuola pietroburghese, vediamo il dipinto del 1895 “Sul Lago Maggiore”, un poetico scorcio con onde turchine che paiono accompagnare i leggeri frammenti di nubi a conferire più contrasto ai monti sullo sfondo. Boris Kustodiev (1878-1927) è noto al pubblico soprattutto per le tele variopinte che celebrano la vita popolare russa; le fiere, le feste, le belle mercantesse rubiconde, le sagre di paese con le loro varietà di colori, il loro fasto scenografico e lo spiccato carattere narrativo.         Kustodiev viaggiò molto in Europa, e nel 1907 giunse per la prima volta a Venezia. In una lettera all’amata moglie egli descrive la città in termini entustastici: “Venezia è una città di cui ci si può innamorare perdutamente: solo la piazza San Marco, con la Basilica e il Palazzo Ducale suscita ogni volta emozioni sempre nuove. (…)” In un viaggio successivo, nel 1913, sempre alla sua donna egli scrisse: “E’ un vero peccato che debba guardare tutto ciò da solo, che non abbia qualcuno accanto per goderne insieme.”; in quel mentre stava rappresentando sulla tela la Basilica di Santa Maria della Salute e la chiesa di San Giorgio Maggiore nel punto di confluenza tra il Canal Grande e il Canale della Giudecca. Qui il cielo notturno, eseguito con pennellate piene, libere e rapide, è rischiarato dai lampi luminosi provocati da fuochi artificiali. Altra vicenda è quella di Dimitrj Nalbadjan (1906-1993); “Non confonderò mai l’aria limpida dell’Italia con la nebbiolina azzurrognola che avvolge l’Arbat o con l’oro pallido del tramonto a Mosca.” Fin dalla prima giovinezza, questo artista si è diviso, nella sua attività lavorativa, spesso rischiando di persona, tra l’asservimento dei dettami del potere politico sopravvenuto in Russia dopo la Rivoluzione del 1918 che portò alla fine degli Zar e all’avvento dei Soviet (prima con Lenin, poi Stalin) e le sue vedute poetiche e nature morte con fiori; in mostra è presente un olio su cartone del 1908, “Il pescatore italiano Longo che ha visto Lenin”: qui con spiccati effetti cromatici tra i lineamenti del volto, l’artista ha inteso rappresentare della persona ritratta soprattutto l’aspetto psicologico interiore unitamente ad un senso di disincantata saggezza.

Per descrivere in modo preciso il luogo espositivo niente di meglio riportare quanto ha scritto Yulia Petrova nel suo contributo in catalogo. Il museo andrà ad occupare uno degli edifici del complesso commerciale e culturale “Bol’sevik”, all’inizio del Leningradskij prospekt, poco lontano dalla stazione Belorusskaja. Il complesso è stato costruito alla fine del XIX secolo, così come la fabbrica di dolciumi Siou. Qui ebbe inizio la prima produzione di cioccolata della Russia, dopodichè lo stabilimento divenne famoso in tutto il paese grazie ai biscotti “Jubilejnoe”, creati in occasione dei trecento anni della Casa Imperiale dei Romanov. Attualmente l’edificio è in ricostruzione per adeguarsi alle normative più moderne sulla tecnica museografica e sulla sicurezza. Il nucleo costitutivo del museo è rappresentato dalla collezione personale di Boris Mints. La raccolta sistematica della collezione continua ormai da oltre dieci anni, e fortunatamente non conosce battute d’arresto. Per noi è una gioia sapere che a breve queste splendide opere saranno mostrate al grande pubblico. Allo stesso tempo il Museo dell’Impressionismo Russo non è solo una collezione privata che vuole presentarsi al mondo.    Il museo è pensato come una piattaforma dinamica, che alla vivace attività espositiva associa l’impegno sul piano educativo e della formazione scientifica. Al suo interno è prevista tra l’altro una speciale sala cinematografica da 80 posti, dove si terranno sia proiezioni, sia incontri scientifici e conferenze. Ci sarà inoltre uno spazio riservato alle lezioni con i bambini. Il nostro desiderio è quello di creare uno spazio espositivo vivo, interattivo, di effettiva eccellenza, dove possano agevolmente essere ospitati tanto i pezzi d’arte, quanto i collezionisti che presentano i loro tesori in mostra e, ancora,  i curatori e i visitatori.

Palazzo Franchetti – Campo Santo Stefano (Ponte dell’Accademia); Fino al 12 Aprile 2015; orari: 10-18, chiuso lunedì; ingresso libero

Fabio Giuliani

 

Commenti

Salvato in: MOSTRE
×