Torino – DIVISIONISMO – Tra Torino e Milano, da Segantini a Balla

| 23 dicembre 2015
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“Il mescolare i colori sulla tavolozza, è una strada che conduce verso il nero; più puri saranno i colori che getteremo sulla tela, meglio condurremo il nostro dipinto verso la luce, l’aria e la verità.” (Giovanni Segantini, “Lettera a Orsi”, Ottobre-Dicembre 1896)

Il Divisionismo, movimento pittorico italiano sviluppatosi a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, nasce essenzialmente dall’Impressionismo e ne sviluppa ulteriormente la ricerca sulla scomposizione dei colori e della luce. La sua tecnica innovativa, prende spunto dalle teorie ottiche di Chevreul, Sutton e Road, e scaturisce dall’esigenza di rappresentare il vero attraverso gli effetti della luce del sole. I pittori che ne aderiscono accostano pertanto i colori puri e li applicano sulla tela a piccoli tratti, con nuove personali sperimentazioni certamente consapevoli di altre realtà come il “puntinismo” francese, lasciando che sia l’occhio dello spettatore a ricomporli. Diffusosi in più parti d’Italia ma con principale centro artistico a Milano, nacque ufficialmente nel 1891, quando le prime opere divisioniste vennero esposte all’esposizione Triennale di Brera. L’importanza del Divisionismo italiano è stata oggetto di numerosi e approfonditi studi e pubblicazioni e svariate mostre in Italia, tra collettive e su protagonisti presi singolarmente. Lombardia e Piemonte hanno svolto un ruolo prioritario nella nascita, sviluppo ed applicazione della pittura divisa a colori puri. Tra Milano e Torino, coinvolte a fine Ottocento in un consistente rinnovamento economico e sociale, si è giocata una partita decisiva nel passaggio dal concetto di arte come rappresentazione del vero alle moderne aspirazioni sociali e ideali. La rassegna attualmente in corso nel capoluogo piemontese presso la Fondazione Accorsi-Ometto, curata da Nicoletta Colombo e organizzata in collaborazione con lo Studio Berman di Giuliana Godio, intende esplorare attraverso 45 opere, selezionate secondo un elevato criterio qualitativo e storico. Vediamo qui i protagonisti principali della sperimentazione pittorica luminosa: Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Gaetano Previati, Vittore Grubicy de Dragon, Emilio Longoni, Matteo Olivero, Carlo Fornara, Giovanni Sottocornola, Cesare Maggi, Achille Tominetti, Andrea Tavernier, Giovanni Battista Ciolina, Giuseppe Cominetti, Angelo Barabino. All’ingresso del secolo nuovo, accanto ai maestri ormai storicizzati, si affiancano pittori di più giovane generazione: i futuri Futuristi, come Carlo Carrà, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Leonardo Dudreville con altri promettenti autori legati per nascita o per formazione alla storia artistica piemontese e lombarda del tempo. L’esposizione conduce il cammino del Divisionismo fino alle soglie del Futurismo, chiudendo cronologicamente l’indagine sulla poetica dei giovani divisionisti al 1910. Tra le opere più significative citiamo: “Ave Maria sui monti”, 1890, “Alpe di maggio (o “Primavera sulle Alpi” o “L’alpe di maggio” o “Amore materno” o “Madre amorosa”), 1891, “Un bacio alla fontana” (o “Idillio al pozzo” o “Amore al chiaro di luna”), 1892-1894, di Segantini; “Le parche”, 1904, “Vecchine curiose”, 1891 e “Ave Maria della sera”, 1910, di Morbelli; “Il sole”, 1903-1904 di Pellizza da Volpedo; “La via del Calvario”, 1901 e “Gregge all’alba”, 1910 di Previati; “Bosco di faggi (Sensazioni gioiose)”, 1887-1912 di Grubicy de Dragon; “Il ritorno dal bosco”, 1883-1884 di Longoni; “Lavoro dei campi in Val Vigezzo”, 1895-1936, di Fornara; “La piccola ricamatrice (Serenità)”, 1900, e “La pastorella”, 1910, di Sottocornola. La mostra è corredata da un bel catalogo di Silvana Editoriale, con saggio introduttivo della curatrice mentre schede tecniche e profili biografici sono a cura di Serena Redaelli. Alcuni cenni sulla sede espositiva. Palazzo Accorsi, nel quale è ospitato il Museo di Arti Decorative, ha una nobile ed importante storia. La sua origine si deve all’intraprendenza dei Padri Antoniani, che in Piemonte avevano come centri principali la celebre Precettorìa di Sant’Antonio di Ranverso ed a Torino l’antica prevostura dei Santi Dalmazzo e Antonio posseduta fin dal 1271. All’indomani della cessione di quest’ultima, su pressione del duca Carlo Emanuele I, ai Padri Barnabiti, gli Antoniani pensarono di costruire una casa religiosa più grande e comoda, con annessa la chiesa dedicata a Sant’Antonio abate, al fondo dell’odierna Via Po. In seguito alla soppressione dell’Ordine degli Antoniani da parte del papa Pio VI Braschi (17 dicembre 1776), il palazzo e la chiesa, affidati all’Opera della Mendicità Istruita, godettero ancora di un momento glorioso. Furono invece le soppressioni napoleoniche a condizionare fortemente le costruzioni: l’Opera abbandonò il complesso, provocandone una inarrestabile decadenza. La proprietà degli edifici passò nell’Ottocento all’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro. Fu allora che in alcuni locali del palazzo trovò abitazione il grande pittore Antonio Fontanesi, che vi morì il 17 aprile 1882. Pochi sono oggi i resti riconoscibili delle costruzioni antiche: un brano di affresco del coro della chiesa nei locali delle segreterie del primo piano; due colonne in pietra sotto i portici di via Po mentre quanto rimasto del campanile è stato murato per preservarlo. Nel Novecento la storia del palazzo ha trovato una prosecuzione ideale ed un nuovo grande impulso. Nel 1956 l’intera struttura fu acquistata da Pietro Accorsi che adibì il piano nobile a sua abitazione e galleria d’arte. Alla sua scomparsa Giulio Ometto, suo allievo, rispettoso della storia secolare del palazzo, ha completamente rinnovato l’edificio rendendolo degna e splendida sede del Museo di Arti Decorative con 27 sale ed oltre tremila opere d’arte fra quadri, ceramiche, mobili, arredi, cristalli e arazzi. Fra le eccellenze conservate qui straordinaria è la collezione di mobili di Pietro Piffetti, che comprende il celeberrimo “doppio corpo” firmato e datato nel 1738, universalmente considerato il “mobile più bello del mondo”. Ambiente, questo che, indipendentemente dalle esposizioni temporanee, merita senz’altro una visita approfondita.

Fondazione Accorsi-Ometto – Via Po 55, Torino; fino al 24 Gennaio 2016 Orari: da martedì a venerdì 10-13 e 14-18; sabato e festivi 10-13 e 14-19; Per aperture speciali durante le festività natalizie: Info e prenotazioni: Tel. 011 837688 int. 3; sito Internet: www.fondazioneaccorsi-ometto.it

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