Salò: LES ENFANTS-PRODIGE

| 31 marzo 2008
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Domenica pomeriggio, Sala dei Provveditori di Salò. Rassegna concertistica “I Pomeriggi musicali”, curata dalla diabolica Associazione “Mu.Sa”. Escono sul palco, uno dopo l’altro, tre soldi di cacio. Tre marmocchi come tanti. Brachette di velluto a costine, pulloverini pastello spento, sguardi cerulei.

Cercavano il bagno? Hanno perso il loro cane per ciechi? Che ci fate davanti a 300 occhi esigenti e severi, che vi stanno squadrando da cima a fondo? Non dovevate giocare con le carte di Dragon Ball e con la PlayStation? Tornate indietro subito, prima che sia troppo tardi! Il più pacioccone dei tre comanda loro qualcosa. E’ uno che sembra aver già capito tutto della vita: è l’unico ad indossare un vestito nero, forse troppo stretto; c’è qualcosa che lo rende sproporzionato. Ci aspettiamo uno “strapp” sulle spalle da un momento all’altro. Non fanno trent’anni in tre. Si siede al pianoforte il più mingherlino del terzetto, Luca Torriani, e per i presenti cominciano i dubbi: come può un fanciullo parlarci di intimità artistiche che solo gli anni riusciranno a svelarci (e non a tutti)? Come può guardare nelle voragini dello spirito senza rimanerne impressionato? Mi ero dimenticato che certe cose saranno rivelate ai piccoli e nascoste ai sapienti. E che solo ritornando bambini potremo entrare nel Regno dei cieli. Vale anche per la musica… Questi musicisti in miniatura dominano la materia con tutto il virtuosismo possibile, con mille formule magiche, con continui colpi di scena, abracadabra che impietrano, il “c’era una volta” recitato da qualsivoglia strumento, fuochi d’artificio abbaglianti. Le carni rosee di Fiammetta Casalini (violino), ci leggono nel profondo dell’anima. I suoi occhialoni a culo di bottiglia non ci inquietano come i suoni paganiniani che riesce a cavare con l’archetto dal suo violino. Come può indugiare e contemplare con occhio tranquillo lo spettacolo agghiacciante di una turba di ascoltatori accigliati? Come può sedersi calma davanti allo strumento, abbracciarlo alla meglio, allungando piccole dita e un collo sottile, raccogliere forze interiori a noi sconosciute, col capo basso, persa dietro a chissà quali pensieri e poi tuffarsi nella musica come un monello si getta nell’acqua? Una volta dentro, galleggiare leggera e LES ENFANTS-PRODIGE felice come un sughero tra le onde, senza bere mai la minima sorsata. Non bastano studio forsennato, disperata applicazione, eccellenti maestri. C’è dell’altro, che fatichiamo a definire, che non si fa afferrare. E’ il turno di Stefano Borghi (clarinetto). Il suo vestito scuro d’improvviso diventa color panna, disegnato da un grande stilista. Il corpo vibra nervosamente, sussulta e traballa come il coperchio d’una pentola che bolle. Anche lui riemerge dai flutti, con la moneta d’oro tra i denti. Le nostre facce da monoscopio si rilassano. Torniamo finalmente a respirare, scrosciamo gli applausi, scuotendo la testa increduli, e ci vergogniamo un po’ della nostra pancetta, della nostra vecchia zucca pelata, di tutti i circle-time e gli screening pre-natali. Ci aveva già avvertito H. G. Wells nel lontano 1920: “La storia umana sarà sempre più una gara tra l’educazione e la catastrofe”. Salgo sul palco e distruggo con violenza la scritta che campeggia sul cartello esposto: “La musica è uguale per tutti”. Balle! In prigione chi l’ha scritto.

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