Reggio Emilia : COLLEZIONE MARAMOTTI – Primavera-estate 2014

| 28 luglio 2014
Collezione Maramotti - Mark Manders

Mark Manders: “Cose in corso” – Jeannette Montgomery Barron: “Scene” Interessante periodo, questo, per fare una visita alla Collezione Maramotti, aperta al pubblico dal 2007 nella sede storica della società Max Mara. L’esposizione permanente, visitabile gratuitamente e su prenotazione, secondo il desiderio di Achille Maramotti, creatore della celebre Casa di Moda, consta di oltre duecento opere che rappresentano solo parte del patrimonio iconografico costituitosi in quarant’anni di appassionato collezionismo. La raccolta si è sviluppata organicamente includendo soprattutto dipinti, ma anche sculture e installazioni, realizzati dal 1945 ad oggi, e presenta opere di alcune delle principali tendenze artistiche italiane  ed internazionali affermatesi nel secondo Novecento. Oltre centoventi artisti sono rappresentati con realizzazioni significative che introducevano, all’epoca della loro realizzazione e acquisizione, elementi di sostanziale innovazione e sperimentazione nella ricerca artistica. Le opere del XXI secolo per la maggior parte non sono incluse nell’esposizione permanente: ad esse sono dedicate mostre tematiche negli spazi destinati alle esposizioni temporanee, in cui, con continuità, vengono esposti anche i progetti commissionati ad artisti internazionali. Le opere prodotte divengono parte della Collezione, con l’obiettivo di acquisizione e di apertura ad una loro fruizione pubblica. La Biblioteca e l’Archivio, un patrimonio di oltre diecimila oggetti tra volumi e documenti, sono accessibili a ricercatori e studiosi previa richiesta. La Collezione espone e acquisisce inoltre i progetti delle vincitrici del premio biennale “Max Mara Art Prize for Women”, in collaboration with Whitechapel Gallery, rivolto ad artiste emergenti con base nel Regno Unito. Questa iniziativa rappresenta un’ulteriore testimonianza dello stretto rapporto che Max Mara intrattiene con il mondo dell’arte. Attualmente vediamo l’installazione di Mark Manders, “Isolated Bathroom / Composition with Four Colors”, la cui genesi risale ad alcuni  anni fa, parte del più ampio progetto, “Cose in corso”, titolo dell’intera mostra. Una vasca piena di una finta massa di creta (resina dipinta coperta da un leggero strato di plastica appoggiato), una figura non–finita dall’espressione serena senza braccia e gambe, in bilico tra una sedia e il pavimento; una sedia che raccoglie una stoffa colorata, la stessa stoffa di colore diverso è arrotolata sul pavimento. Pochi e tenui i colori. Quelli naturali dei materiali – il grigio della creta, il marrone del legno, il grigio scuro del pavimento in ferro – e quelli dei teli appoggiati o stesi in questo ‘bagno isolato’ e siderale: verde tenue, giallo chiaro, arancio pallido e azzurro cielo. Come spiega Manders nel catalogo realizzato per la mostra (edito dalla casa editrice indipendente fondata dall’artista, Roma Publications): “Volevo realizzare una sorta di dipinto tridimensionale, una composizione cromatica. Nel mio lavoro non mi concedo spesso di scegliere il colore. Uso sempre colori connessi al materiale o all’oggetto. La stanza da bagno è un luogo dove le persone tengono gli asciugamani e gli asciugamani sono colorati. In un bagno si appendono gli asciugamani bagnati sopra alle sedie o sui bordi della vasca. O si lasciano cadere sul pavimento. (…) In rapporto a questo progetto diventa molto interessante l’antico mito greto di Galatea, in cui un’opera d’arte prende vita. Non voglio che i miei lavori prendano vita. Mi piace il modo in cui mi parlano da oggetti inanimati, morti. Tutte le mie opere, anche le figure, rimangono sempre cose. Sono oggetti morti, cose felici di essere cose. E’ semplicemente miracoloso che cerchino di dirci qualcosa.” L’artista concepisce le sue opere come il frutto di continui e ‘inarrestabili’ movimenti di oggetti nel suo studio. Senza posa, le ‘cose’ sono mosse seguendo un’invisibile geometria che si arresta solo quando raggiungono un’ideale (e misteriosa) composizione (l’opera che l’artista realizzerà in seguito).                                Fino al 28 Settembre 2014; chiuso dall’1 al 25 Agosto. Inserita in altro ambiente al piano superiore è invece la mostra di Jeannette Montgomery Barron costituita da suggestivi ritratti fotografici di artisti, galleristi, critici, dealers, personalità del mondo dell’arte negli anni Ottanta a New York. Proprio questo approccio di una giovanissima fotografa che ha potuto frequentare la scena artistica newyorkese, a cui approda alla fine degli anni Settanta, tende a restituirci uno sguardo dall’interno e contestualmente dall’esterno su questo vitalissimo momento culturale nella “grande mela” in cui eclettismo e divergenze erano la norma. A New York la scena che si sviluppa nell’East Village e a Soho,        il contesto culturale trasgressivo e pieno di energia, percepibile in luoghi come Area, Mudd Club, Odeon, e naturalmente nella Factory di Warhol, sono trasportati in questi ritratti fotografici intensi e magnetici che trasmettono la netta percezione di come e perché queste figure siano divenute vere e proprie icone, figure di culto che hanno saputo imprimere un modello di stile divenuto moda nei decenni successivi con una declinazione in molti ambiti creativi, e non solo nell’arte, a livello internazionale. Per il curatore della Collezione Maramotti con questa rassegna si offre in tal modo ai visitatori la possibilità di dare un volto agli artisti e creare una connessione con il percorso visuale della collezione permanente. L’ospite si trova faccia a faccia con ritratti a dimensione naturale la cui sequenza propone un complesso sistema di relazioni tra questi soggetti: dal gruppo strettamente connesso alla Factory a quelli che si sono avvalsi della fotografia e della performance nella loro accezione politico-sociale, al gruppo di pittori coagulati sulla ricerca di una nuova vitalità del segno pittorico dal graffitismo al neoespressionismo alla “new geometry”. La mostra è corredata da un piccolo libro speciale, dal titolo “Scene”, che accoglie testimonianze di quegli anni attraverso la forma del diario, della notazione, degli scatti presi negli studi e nelle case o nei clubs: un percorso minimale e intimo certo rispetto a importanti testi storici e critici dedicati a quegli anni, ma sicuramente interessante, in grado di trasmettere il sentimento di quel momento a chi non l’ha vissuto. La fotografa introduce la pubblicazione con queste parole: ”Something was happening and everybody knew it. I can tell you one thing: it was a lot of fun.” (Qualcosa accadde ed ognuno lo sa. Io posso dirvi una cosa: fu bellissimo.) Vediamo ritratti di: John Ahearn, Donald Baechler, Jean-Michel Basquiat, Mike Bidlo, Ross Bleckner, James Brown, Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Moira Dryer, Eric Fischl, Fischli & Weiss, Julio Galan, Leon Golub, Peter Halley, Keith Haring, Jenny Holzer, Alex Katz, Barbara Kruger, Annette Lemieux, Robert Mapplethorpe, McDermott & McGough, Luigi Ontani, Rene Ricard, David Salle, Kenny Scharf, Julian Schnabel, David Shapiro, Cindy Sherman, Starn Twins, Philip Taaffe, Rigoberto Torres, Andy Warhol.                                                                                                                                                                                         Fino al 31 luglio 2014; La mostra, ad ingresso libero, è visitabile, così come quella di Mark Manders, negli orari di apertura della collezione permanente: giovedì e venerdì 14.30-18.30; sabato e domenica 10.30-18.30; Collezione Maramotti – Via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia; Tel. 0522-382484; www.collezionemaramotti.org

Fabio Giuliani

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