Pavia – I MACCHIAIOLI – Una rivoluzione d’arte al Caffè Michelangelo

| 30 novembre 2015
Macchiaioli - Pavia 2015 - 1

“Dopo il 1848, in via Larga, in un caffè, che prendeva il nome da Michelangelo, si riunivano quasi tutti gli artisti della città. E’ come un sospiro che rammento quei tempi, e quelle veglie, né vi rincresca che ve ne faccia parola, perché nella storia di quel caffè si riassume tutta quanta la storia dell’arte nostra Toscana e si ripercuote gran parte di quella italiana.” (Diego Martelli)

Siamo a Firenze, fra il Duomo e Piazza San Marco, collocato in un luogo strategicamente importante perchè a poca distanza dall’Accademia di Belle Arti, regno della pittura ufficiale. Dalla seconda metà dell’Ottocento fino gli anni Venti, divenne punto di accesissime discussioni non soltanto di ordine artistico, prediletto ritrovo per gli artisti, quasi tutti toscani che contribuirono in modo decisivo al rinnovamento dell’estetica pittorica tradizionale. Il gruppo comprendeva pittori quali Giovanni Fattori, Vincenzo Cabianca, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Raffaello Sernesi, Telemaco Signorini ed altri ancora, compresi i critici e i teorici del movimento come Diego Martelli. Ognuno di loro sviluppò stili personali e linguaggi differenti, ma furono accomunati dall’ insofferenza verso l’arte accademica ed ufficiale. Lo scambio di idee era intenso, il clima fervente, non soltanto dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista politico. Al Caffè si recavano anche artisti stranieri, provenienti soprattutto da Parigi, con i quali gli taliani, reduci dalla visita all’Esposizione Universale del 1855, potevano confrontarsi. All’Esposizione parigina essi ebbero infatti l’opportunità di accostarsi alle opere dei pittori del Realismo francese. Il Caffè si dotava di due ambienti principali: il primo era dedicato ai clienti tradizionali, mentre il secondo era una stanza quadrata, simile ad un salotto borghese, destinato ad accogliere il gruppo degli artisti. In realtà, in Italia, il fenomeno dei caffè come luogo di ritrovo per artisti e come poli culturali cittadini ebbe moltissimo successo tra Otto-Novecento, e soprattutto nella città di Firenze, andando a ricoprire quello che nel Settecento era stato il ruolo delle Accademie e nel primo Ottocento dei salotti. Il termine “macchiaioli”, con cui era definito questo gruppo, deriva dalla tecnica detta “macchia”, che definiva l’immagine attraverso pennellate di colore e contrasti cromatici. Le forme sono semplificate, i particolari ridotti. Non si rappresentano più soggetti storici e stereotipati delle accademie, ma la vita rurale, le attività lavorative e le campagne toscane secondo un intento realistico. Nel 1862 venne chiuso il Caffè Michelangiolo e con esso ebbe fine il periodo eroico della “Rivoluzione della macchia”.    Dopo il 1870 si accentuò nel gruppo la tendenza al bozzetto, a scapito di un più solido realismo. La vicenda appena descritta è oggetto di un bellissimo “racconto per immagini” attualmente in corso presso le Scuderie del Castello Visconteo: “I Macchiaioli. Una rivoluzione d’arte al Caffè Michelangelo”, un progetto espositivo ideato, prodotto e organizzato da ViDi in collaborazione con il Comune di Pavia e curato da Simona Bartolena insieme a Susanna Zatti, Direttore dei Musei Civici. Obbiettivo della mostra è quello di indagare i protagonisti e l’evoluzione di questo importante movimento, fondamentale per la nascita della pittura moderna italiana. Il punto di vista adottato racconta nello stesso tempo l’importanza storico artistica del movimento, le novità tecniche introdotte dai pittori del gruppo, ma anche la quotidianità della vita al Michelangelo, seguendo il filo dei racconti, degli scritti, delle lettere lasciate dai protagonisti. Vengono inoltre evidenziati i rapporti con la scena francese e le anticipazioni sul concetto di pittura “en plain-air” rispetto ad un gruppo di artisti francesi che – se pure con tecniche compositive e “tocchi” cromatici differenti – di lì a qualche anno compiranno un’ “irruzione” pittorica che diverrà, nel tempo, uno dei fenomeni più celebri della storia dell’arte; anche loro, al pari dei colleghi italiani, respinti dai Salons accademici ufficiali e denominati con il dispregiativo di “Impressionisti”, come i nostri erano in precedenza stati, sempre riduttivamente, definiti “Macchiaioli”. La storia, e i giudizi di addetti ai lavori e grande pubblico poi hanno fatto il suo corso…Il percorso espositivo presenta oltre 70 opere provenienti da prestigiose sedi museali italiane e collezioni private, firmate dai principali esponenti del gruppo. Vediamo quattro opere provenienti dalla Collezione Morone dei Musei Civici pavesi, due di Federico Zandomeneghi, ritenuto una sorta di “trait d’union” tra la pittura italiana e francese, e una di Vincenzo Cabianca, importante per la data che riporta, a testimonianza della “precocità” del movimento dei Macchiaioli, rispetto all’“Impressionismo” francese. Giovanni Fattori (1825-1908) il massimo esponente, pur non avendo mai partecipato di persona alle guerre fu il maggior esecutore di rappresentazioni di battaglie risorgimentali. In esposizione  tra  le  opere dell’artista livornese  il luminoso “In lettera al campo” (1873-1875) con un soldato in divisa in primo piano, sdraiato su un prato mentre sta leggendo una lettera,  forse proveniente dai suoi cari,  più in là due cavalli e nello sfondo l’accampamento militare. In “Soldato a cavallo” (1860-1870) si coglie il silenzio dell’atmosfera in cui é immerso un soldato in perlustrazione in una stradina di campagna. Di Lega spicca “I fidanzati” (1869),scelto dai curatori quale opera simbolo della mostra. La scena rappresentata coglie la quotidianità di una  coppia di promessi sposi, colti di spalle, che a  braccetto passeggiano  su un prato, illuminati dalla luce calda  e rosata di un tramonto,  una donna matura li segue con due bambini vestiti con abiti ottocenteschi. Di Sernesi il poetico “La radura nel bosco” (1865) con  le macchie degli alberi che sembrano piegati dal vento e il cielo azzurro terso con alcune candide nuvole. Assolutamente pregevoli dipinti di Vincenzo Cabianca sono il malinconico “Maremma” (1857) e “Le Monachine” (1861) con le giovani suore all’esterno di un convento che si affaccia sul mare. Nell’ultima sala  sono esposte opere di artisti che si formarono alla scuola macchiaiola, frequentando il Caffè Michelangelo per poi intraprendere nuovi percorsi personali e raggiungere la notorietà a Parigi: tra questi, il maestro che interpretò meglio lo spirito della “Belle Epoque”, Giovanni Boldini, con opere come il “Ritratto di Mary Donegani” (1869) accanto al pianoforte,   e Giuseppe De Nittis con dipinti come la rappresentazione della vegetazione sulle sponde  della palude maremmana con “Studio di palude” (1866). Lungo il percorso possiamo leggere brevi brani scritti in quegli anni dai protagonisti; l’esempio più significativo della temperie è il seguente: “Quanto furono piene di passione, di entusiasmo, di attività febbrile, quelle belle giornate passate…in quel piccolo e studioso cenacolo di amici. E quali deliziose giornate furono quelle passate dipingendo le arginature dell’Affrico, o fra i pioppi sulle rive dell’Arno.” (Telemaco Signorini) Per tutta la durata dell’esposizione è prevista una serie di attività didattiche e visite guidate gratuite per bambini e adulti. “Di ‘800 italiano si parla troppo poco, perché gli amanti dell’arte cercano sempre l’800 francese, quasi fosse un periodo che, in campo artitico, ha dato frutti migliori rispetto al nostro paese – ha sottolineato Simona Bartolena – Con questa mostra abbiamo voluto ribaltare questa visione distorta, restituendo all’800 italiano la sua centralità, partendo dal Caffè Michelangelo di Firenze, luogo strategico del fermento artistico nella seconda metà dell’800 e premessa fondamentale per la pittura moderna italiana.” E qui mi piace ricordare la bella mostra tenutasi a Padova dalla Fondazione Bano presso Palazzo Zabarella, “I Macchiaioli. Prima dell’Impressionismo”(27 Settembre 2003- 8 Febbraio 2004), in cui i curatori Fernando Mazzocca e Carlo Sisi avevano dimostrato come questo gruppo italiano sia stato una vera “primizia” nel risveglio della pittura europea.                       La mostra è corredata da un catalogo edito da Skira.

Scuderie del Castello Visconteo – Viale XI Febbraio 35, Pavia; fino al 20 Dicembre 2015                               Orari; da lunedì a venerdì 10-19: mercoledì: 10-22; sabato, domenica e festivi: 10-20; (La biglietteria chiude un’ora prima) lunedì 7 Dicembre (Sant’Ambrogio) 10-20; martedì 8 Dicembre (Immacolata Concezione) 10-20 Prezzi: Intero: 12 Euro, ridotto 10 Euro; Scuole 5 Euro; Audioguida inclusa nel prezzo Tel: +39 0382 33676; sito Internet: www.scuderiepavia.com

TOSC-02

Macchiaioli - Pavia 2015 - 3

Macchiaioli - Pavia 2015 - 4

Fabio Giuliani

Tags: , , , ,

Commenti

Salvato in: MOSTRE, Pittura
×