Pavia – DA GIAMPIETRINO A SEGANTINI – Dipinti della collezione Superti Furga

| 6 giugno 2016
Collezione Superti Furga 1

Storia di un collezionismo “selezionato”

Nato a Milano nel 1932. Si è laureato nel 1956 presso l’Università Luigi Bocconi di Milano. Dottore Commercialista e revisore contabile, è iscritto all’albo dei Periti del Tribunale di Milano. Dal 1973 è professore ordinario di Ragioneria generale ed applicata presso l’Università di Pavia. Svolge attività di consulenza di varia natura nell’area societaria e di bilancio, nelle valutazioni di aziende, come consulente d’ufficio o di parte in perizie. E’ membro dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale e della European Accounting Association. E’ autore di un centinaio di pubblicazioni in materia economico-aziendale. Parliamo di Ferdinando Superti Furga, che, pure se quotidianamente impegnato in attività legate all’economia aziendale, ha trovato il tempo di dedicarsi all’arte arrivando a formare nel tempo una sua personalissima collezione di opere di importanti autori in un arco di tempo compreso tra XV secolo ed inizio Novecento. Per rendere dovuto ricordo alla città – sua seconda patria che l’ha apprezzato e dove attualmente vive e lavora – ha stabilito che, dopo la sua morte, l’intero lotto andrà a far parte dei Musei Civici della città, situati al Castello Visconteo, aggiungendosi alle preziose collezioni permanenti. Per dare al grande pubblico un “assaggio” di quanto poi sarà possibile ammirare quotidianamente il Dott. Superti Furga ha portato proprio qui, nello spazio espositivo al piano strada, un’accurata selezione di 24 capolavori dell’arte italiana, circa un terzo della collezione. “Non ho selezionato le opere secondo un movimento, un genere o un periodo – scrive egli stesso nel catalogo che accompagna la mostra (Bellavite Editore) –, ma ho seguito l’idea della pittura in quanto modalità di espressione comunicativa, apprezzandola nel contesto generale dell’evolvere della storia. La mia è una collezione rapsodica, che abbraccia alcuni secoli dell’arte italiana secondo le scelte, più o meno razionali, di un collezionista mosso da passione ed entusiasmo, e attratto dall’altissimo livello dell’arte pittorica italiana nei secoli, capace di comunicare l’evolvere del pensiero e delle varie manifestazioni di cultura di una società in continuo dinamismo.” Il percorso espositivo parte dal Rinascimento lombardo rappresentato dalla preziosa tempera su tavola di Ambrogio Bevilacqua (documentato a Milano dal 1481 al 1512) che raffigura l’ “Andata al Calvario” e rivela una forte influenza di Borgognone, nel clima rarefatto e nella calma contemplazione che anima l’opera. Alla scuola lombarda di Leonardo da Vinci appartengono la “Sacra Famiglia” (olio su tavola) di Marco d’Oggiono (Oggiono 1470/75-Milano 1524), la “Madonna con il Bambino” (olio su tavola) attribuita a Francesco Galli, detto Francesco Napoletano (Napoli, 1470 circa-Venezia 1501), una “Madonna con il Bambino” di Pseudo Francesco Napoletano, attivo a Milano agli inizi del XVI secolo, e il bellissimo “Ecce Homo con Madonna” (olio su tavola), capolavoro di Giovanni Pietro Rizzoli, detto Giampietrino, attivo a Milano dal 1515 al 1540. Questa è la prima esecuzione conosciuta di un “Cristo coronato di spine” in cui compaia anche la Vergine. Si prosegue con tre olii su tavola appartenenti alla bottega di Francesco Raibolini, detto il Francia (Bologna, 1447 circa-1517): “Madonna col Bambino e San Sebastiano”, “San Gerolamo nel deserto” e “Madonna col Bambino”, attribuita a Giacomo Raibolini (1484 circa-1557 circa). Quindi un “Cristo portacroce”, tavola di chiara ispirazione michelangiolesca, attribuita alla Bottega di Giorgio Vasari (1511-1574), e due opere della pittura cremonese del cinquecento: la prima è il “Cristo incoronato di spine”, tavola del celebre Giulio Campi (1507-1573); l’altra, un olio su tela, è il ritratto di “Giovanni Battista Furga”, magistrato mantovano (antenato del collezionista) realizzato da Anonimo cremonese-mantovano alla fine del XVI secolo. Dalla civiltà della “maniera” ci si spinge verso il “naturalismo”, lo spirito tridentino propone la religiosità del cattolicesimo con un approccio realistico, e la funzione della pittura è rivalutata per trasmettere i misteri della fede alla massa dei fedeli. A rappresentare questi ideali due tele: “Cristo davanti a Caifa” di Bernardo Strozzi (1581/82-1644), che nella contrapposizione di luci e ombre testimonia già un tentativo d’approccio al linguaggio caravaggesco, e “Amor Sacro e Amor Profano” di Giuseppe Danedi, detto il Montalto (1618 – 1688). Arriviamo al Settecento con il “Riposo in Egitto” di Giovanni Paolo Panini (1692 – 1765), che ha uno sguardo attento e continuo alla classicità e raffigura l’episodio evangelico in un contesto di antichità classica, e con due opere del celebre maestro bergamasco Vittore Ghislandi, detto fra Galgario (1655-1743): “Giovane pittore” e “Giovinetto artista”. Viene considerato il Romanticismo, la Scapigliatura fino all’affermazione del Verismo con otto capolavori di altrettanto grandi maestri dell’arte italiana: “Salmace ed Ermafrodito” di Giovanni Carnovali, detto il Piccio (1804-1873); un “Autoritratto” di Federico Faruffini (1833-1869); il “Ritratto di Vincenzo Furga” di Cherubino Cornienti (1816 – 1860), quadro che raffigura un altro avo, più vicino, del collezionista e che, come il precedente citato, resterà nella collezione di famiglia; il “Ritratto dell’avvocato Piergiorgio Curti” di Tranquillo Cremona (1837-1878); e il “Ritratto del pittore Achille Tomminetti” eseguito da Daniele Ranzoni (1843-1899); la “Testa di ragazza” di Luigi Conconi (1852-1917); la “Testa di ragazza” di Leonardo Bazzano (1853-1937). Il percorso termina con “Decorazione di frutta” di Giovanni Segantini (1858-1899), un’opera insolita, questa, rispetto ad altre più famose realizzate dal maestro del “Divisionismo”: per il formato circolare mi viene personalmente da definirlo un “Disco d’artista”; ma qui la “musica” è “composta” da “note” cromatiche senza interruzioni di spazio in una perfetta e poetica “sinfonia” fruttifera. Susanna Zatti (Direttore dei Musei Civici di Pavia) sottolinea che la genesi e la storia dei musei sono per lo più storia di collezionismo privato e di mecenatismo, e i Musei Civici di Pavia ne sono un esempio. Infatto la famosa Pinacoteca che raccoglie in Castello dipinti dal ‘200 al primo ‘800 trova il suo nucleo fondamentale nella raccolta di dipinti che il marchese Luigi Malaspina nel 1835 volle legare alla città a beneficio e per l’istruzione della collettività secondo i princìpi dell’epoca dei Lumi. Sono seguite altre donazioni: Alessandro Brambilla, Giuseppe Marozzi, Giuseppe Radlinski, Giuseppe Cortese, Don Pino Strozzi, Carla e Giulio Morone. Ora nel suo intervento in catalogo, “Più che una mostra, un anteprima” poi ribadito all’inaugurazione, ci parla di questa nuova donazione: “(…) In seguito, quando le opere diverranno patrimonio del museo, altri – storici dell’arte e critici – studieranno e valuteranno i dipinti, discuteranno attribuzioni e cronologie; ora è il collezionista che parla e presenta la sua raccolta e ci dice quali emozioni, quali messaggi gli hanno trasmesso e gli trasmettono tuttora le raffigurazioni pittoriche di cui si è circondato e che fanno da sfondo alla sua vita quotidiana.” Alla fine devo dire che il donatore attuale si rivela, oltre che grande appassionato conoscitore, anche studioso profondo: infatti inquadra le opere perfettamente nel loro periodo storico con approfondimenti sull’evoluzione della società e dell’arte nel tempo. Spirito umanitario , in apertura del catalogo afferma: “Occorre mettere a disposizione di tutti quello che è stato piacere di pochi.”

Castello Visconteo – Musei Civici; Via XI Febbraio 35, Pavia; fino al 26 Giugno 2016; Orari: da martedì a domenica 10-17.50; per informazioni: Tel. 0382 399770; www.museicivici.pavia.it

 

Fabio Giuliani

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