Novara – DAL RINASCIMENTO AL NEOCLASSICO. LE STANZE SEGRETE DI VITTORIO SGARBI

| 14 gennaio 2018
Stanze segrete Sgarbi 1

Una “cartina geografica” di capolavori di artisti italiani, noti e no

“La caccia ai quadri non ha regole, non ha obiettivi, non ha approdi, è imprevedibile. Non si trova quello che si cerca, si cerca quello che si trova. Talvolta oltre il desiderio e le aspettative.” (Vittorio Sgarbi)

Dopo aver acquisito, dal 1976, 2800 titoli dei 3500 elencati da Julius von Schlosser nel suo volume “La letteratura artistica”, Vittorio Sgarbi capisce “che quadri e sculture potevano essere più convenienti e divertenti del libro più raro”. Questa illuminazione scaturisce dall’incontro con Mario Lanfranchi, collezionista maestro perfetto, il primo dei tanti da lui incontrati dopo aver abbandonato il dogma universitario che lo aveva indotto a “guardare le opere d’arte come beni spiritualmente universali ma materialmente indisponibili”.    Così, dal 1983, incrociando il “San Domenico” di Niccolò dell’Arca, Sgarbi decide che non avrebbe “più acquistato ciò che era possibile trovare, di cui si poteva presumere l’esistenza, ma soltanto ciò di cui non si conosceva l’esistenza, per sua natura introvabile, anzi incercabile.” Da questo irrefrenabile impulso, strettamente connesso all’irrinunciabilità della bellezza e al profondo amore per la propria terra, da questo collezionismo “rapsodico, originale, che ambisce a rapporti esclusivi con le opere come persone viventi”, è sorta, incontro dopo incontro, una vera e propria summa dell’arte italiana, tra pittura e scultura, dal XIII secolo ai giorni nostri: un insieme che riflette la cultura ampia e multiforme del critico che ha rintracciato, acquisito, studiato e in ultimo protetto le preziose opere che lo compongono. Come osserva il curatore della mostra Pietro Di Natale: “l’arte ha una funzione culturale, è autenticamente cultura animi,  e per questo non è solo utile, ma anche necessaria nel percorso di ogni uomo. Una collezione d’arte privata è dunque la fondazione di un sistema simbolico, la creazione di una palestra per l’anima, un luogo dove si materializzano scelte intime, meditate e, talvolta, sofferte. Sovente si dimentica che la sua più alta vocazione sia quella di accogliere il pubblico, di offrirsi agli sguardi, di raccontare la propria storia”. Questo accade dunque al Castello di Novara, dove possiamo ammirare oltre 120 opere, tra dipinti, disegni e sculture, dalla fine del Quattrocento all’Ottocento. La mostra vuole dar conto in primis della peculiare e complessa “geografia artistica” della nostra nazione, per cui sono rappresentate le principali “scuole” italiane: lombarda (Giovanni Agostino da Lodi, Morazzone, Schivenoglia, Francesco Hayez), marchigiana (Johannes Hispanus, Cola dell’Amatrice, Battista Franco, Giovanni Francesco Guerrieri, Simone Cantarini, Andrea Lilio, Sebastiano Ceccarini, Giovan Battista Nini, Francesco Podesti), veneta (Pietro Liberi, Johann Carl Loth, Simone Brentana, Enrico Merengo), ferrarese (Nicolò Pisano, Garofalo, Giovanni Battista Benvenuti detto l’Ortolano, Sebastiano Filippi detto Bastianino), emiliana e romagnola (Niccolò dell’Arca, Francesco Marmitta, Ferraù Fenzoni, Guercino, Matteo Loves, Guido Cagnacci, Anna Morandi Manzolini, Giacomo Zampa, Mauro Gandolfi), toscana (Giovanni Martinelli, Giacinto Gimignani, Pietro Paolini, Simone Pignoni, Alessandro Rosi, Onorio Marinari, Giuseppe Moriani, Pietro Balestra, Giovanni Duprè), romana (Cavalier d’Arpino, Artemisia Gentileschi, Pseudo Caroselli, Bernardino Nocchi, Giuseppe Cades, Antonio Cavallucci, Innocenzo Spinazzi, Agostino Masucci).       Alcune opere presenti sono inoltre state sottratte a musei americani e riportate nel nostro Paese, come nel caso del “Ritratto di Francesco Righetti” di Guercino proveniente dal Kimbell Art Museum di Forth Worth. Questo suggestivo percorso offre al visitatore un’ampia panoramica sulla natura e sulla funzione di dipinti e sculture (pale d’altare, quadri “da stanza”, miniature, bozzetti e cartoni preparatori, eccetera), nonché sui soggetti affrontati dagli artisti, da quello sacro, alle raffigurazioni allegoriche e mitologiche (Ignaz Stern, Simone Pignoni, Filippo Comerio, Vincenzo Morani), dal ritratto (Lorenzo Lotto, Luciano Borzone, Philippe de Champaigne, Ferdinand Voet, Baciccio, Pier Leone Ghezzi, Giorgio Domenico Duprà, Giovanni Antonio Cybei, Giacomo de Maria, Lorenzo Bartolini, Raimondo Trentanove, Vincenzo Vela), al paesaggio e la veduta (Jan de Momper, Giuseppe Bernardino Bison, Antonio Basoli), alla scena di genere (Eberhart Keilhau detto Monsù Bernardo, Matteo Ghidoni detto dei Pitocchi). Non dobbiamo dimenticare, e penso non dispiacerà a Sgarbi, che non solo suo è il merito di questa raccolta, ma è anche il frutto dell’intensa e straordinaria percezione di sua madre, Rina Cavallini – recentemente scomparsa, e alla quale la mostra è dedicata – nonché delle sue trattative d’acquisto. Quello che soprattutto mi conquista dell’esposizione è la non settorialità, purtroppo prerogativa di molti studiosi attuali che vedono solo un secolo o un genere pittorico, ma l’ampiezza di veduta temporale dell’arte. Il vero conoscitore, pure con alcune sue preferenze, deve andare indifferentemente percorrendo i secoli, come fa appunto il Prof. Sgarbi, portando alla ribalta inoltre autori straordinari che non solo il grande pubblico, ma anche alcuni specialisti, non conoscono. Questo significa far progredire gli studi, tenendo presente l’insegnamento del più grande Roberto Longhi, raccontato in un suo saggio critico da Oreste Marini. Questo progetto espositivo, che ha esordito nel 2016 ad Osimo (Ancona) nell’imponente Palazzo Campana sede dell’Istituto per l’Istruzione Permanente, del Museo Civico e della biblioteca comunale, passato poi nella prima metà del 2017 a Trieste presso l’ex Pescheria-Salone degli Incanti, fa tappa ora a Novara al Castello Visconteo, promosso dalla Fondazione Castello per valorizzare il sito, vero fiore all’occhiello e scrigno storico della città, da poco riaperto al pubblico, sul quale do alcuni cenni.   Il Castello di Novara – detto anche castello visconteo – sforzesco – ha origini molto antiche, sebbene la sua datazione ufficiale di realizzazione si attesti intorno al XIV-XV secolo. Si narra che in quello stesso luogo sorgesse in epoca celtica una costruzione e poi in epoca romana un altro edificio, realizzato con ciottoli di fiume e i cui resti sono parzialmente interrati sotto il cortile centrale. Ma è nel Medioevo che la struttura prende corpo e forma per come è oggi arrivata a noi. Nel 2003 parte un restauro finalizzato al suo recupero e alla fruizione da parte della cittadinanza come nuova sede del Museo Archeologico e come spazio espositivo della Raccolta del Museo Civico, nonchè come sede di mostre ed eventi culturali. Questo evento espositivo avrà termine i 22 Gennaio, proprio il giorno in cui è celebrato San Gaudenzio, Patrono della città di Novara, la cui Basilica – a lui intitolata svetta imponente e si può ammirare fin da fuori del centro abitato.

Castello di Novara, Piazza Martiri della Libertà – fino al 22 Gennaio 2018; orari: da lunedì a domenica 10-19  (la biglietteria chiude un’ora prima); info, prenotazioni, visite guidate: ATL Turismo Novara Tel. 0321.394059 – info@turismonovara.it ; orari: lunedì-venerdì 9-13 e 14-18:00; sabato 10-17; info e biglietteria: 334 6273975; sito ufficiale: www.lestanzesegretedivittoriosgarbi.it

Fabio Giuliani

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