Milano: ROBERT CAPA IN ITALIA

| 17 aprile 2015
capa

La guerra vista da chi la guerra odiava

78 scatti in bianco e nero realizzati al seguito delle truppe anglo-americane in Italia, negli ultimi due anni della Seconda Guerra Mondiale. Parliamo della mostra dedicata a Robert Capa (Budapest, 1913-Thái Binh, Vietnam, 1954), uno dei più grandi fotografi di guerra, curata da Beatrix Lengyel, finalmente a Milano, presso lo Spazio Oberdan, della ex Provincia di Milano, da inizio 2015 istituzione che ha preso il nome di Città Metropolitana, dopo il successo a Roma, Firenze e Genova. L’esposizione, intitolata “Robert Capa in Italia” in collaborazione con la Fondazione Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia e il Museo Nazionale Ungherese di Budapest, con il patrocinio del Comune di Milano, è promossa dal Ministero delle Risorse Umane d’Ungheria e dal Consolato Generale di Ungheria di Milano, che in questo modo rende omaggio al grande autore, i cui natali ebbe proprio in quella terra. Le immagini appartengono alla serie “Robert Capa Master Selection III” dell’Agenzia Magnum, da lui stesso fondata nel 1947 e conservata a Budapest presso il Museo Nazionale Ungherese che le ha acquisite tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009. Il fotografo era presente in Italia tra il 1943 e il ’44 quando gli alleati sbarcarono in Sicilia, per risalire fino ad Anzio, in quella fase terribile della guerra che anticipava la sua fine e la liberazione dal nazismo e dal fascismo. Praticamente tutte immagini colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza. Lo spiega perfettamente John Steinbeck in occasione della pubblicazione commemorativa di alcune fotografie: “Capa sapeva cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino”. Ed è proprio così che Capa racconta la resa di Palermo, la posta centrale di Napoli distrutta da una bomba ad orologeria o il funerale delle giovanissime vittime delle famose “Quattro Giornate” di Napoli. E ancora, vicino a Montecassino, la gente che fugge dalle montagne dove impazzano i combattimenti e i soldati alleati accolti a Monreale dalla gente o in perlustrazione in campi opachi di fumo. Le fotografie esposte a Spazio Oberdan mostrano una guerra fatta di gente comune, di piccoli paesi uguali in tutto il mondo ridotti in macerie, di soldati e civili, vittime di una stessa strage. L’obiettivo Capa tratta tutti con la stessa solidarietà, fermando la paura, l’attesa, l’attimo prima dello sparo, il riposo, la speranza. Così il grande scrittore Ernest Hemingway, nel ricordare la scomparsa (avvenuta durante la Guerra del Vietnam per l’esplosione di una mina) descrisse il fotografo: “Ѐ stato un buon amico e un grande e coraggiosissimo fotografo. Era talmente vivo che uno deve mettercela tutta per pensarlo morto”. Accompagna la mostra un catalogo con testi di Beatrix Lengyel, Ilona Stemlerné Balog, Éva Fisli e Luigi Tomassini, bilingue italiano-inglese, di 192 pagine e 80 fotografie. E’ una coedizione Museo Nazionale Ungherese di Budapest e Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia. Basta la copertina per mostrare al mondo che la Vittoria Alata si fonda sulla rovine e sull’anima sgomenta di chi deve combattere in guerra.

Spazio Oberdan – Viale Vittorio Veneto 2, angolo piazza Oberdan, Milano; Fino al 26 aprile 2015; orari: martedi-domenica ore 10-19.30 (la biglietteria chiude alle 19); Prenotazioni al 02-77406300; www.cittametropolitana.milano.it

Fabio Giuliani

 

 

 

Commenti

Salvato in: Fotografia, MOSTRE
×