Milano – “LA TERRA INQUIETA” –

| 7 agosto 2017
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“La Terra Inquieta”: ha questo titolo una raccolta di poesie dello scrittore caraibico Édouard Glissant, da sempre affascinato dal problema della coesistenza tra culture diverse. Da qui è nata l’idea di assegnare la medesima denominazione ad un progetto espositivo ideato e curato da Massimiliano Gioni, promossa da Fondazione Nicola Trussardi e Fondazione Triennale di Milano, parte del programma del Settore Arti Visive della Triennale stessa diretto da Edoardo Bonaspetti. La mostra è il frutto della collaborazione tra due istituzioni che da sempre mettono al centro della loro missione il presente in tutte le sue declinazioni, con particolare attenzione ai linguaggi più sperimentali ed innovativi dell’arte e della cultura contemporanea e con la capacità di dare voce a fenomeni portatori di cambiamenti profondi. Attraverso le opere di oltre 65 artisti –uomini e donne – provenienti da vari paesi del mondo (tra cui Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto, Ghana, Iraq, Libano, Marocco, Siria e Turchia). L’esposizione ci illustra le trasformazioni epocali che stanno segnando lo scenario globale e la storia contemporanea, in particolare affrontando il problema della migrazione e la crisi dei rifugiati.
“La Terra Inquieta consegna all’arte la responsabilità di raccontare i cambiamenti, i conflitti le tensioni che hanno origine da guerre, esodi e catastrofi naturali – sottolinea Clarice Pecori Giraldi, Vicepresidente della Triennale di Milano – La Triennale, come istituzione culturale vigile alle variazioni sociali, sente l’obbligo di fare la sua parte in questo racconto, e riflettere su queste moltitudini senza nome che ogni giorno portano avanti la loro ricerca di una vita dignitosa.”  Attraverso installazioni, video, immagini di reportage, materiali storici e oggetti di cultura materiale,

“La Terra Inquieta” esplora geografie reali e immaginarie, ricostruendo l’odissea dei migranti e le storie individuali e collettive dei viaggi disperati dei nuovi dannati della Terra. Il percorso si sviluppa attraverso una serie di nuclei geografici e tematici (il conflitto in Siria, lo stato di emergenza di Lampedusa, la vita nei campi profughi, la figura del nomade e dell’apolide) a cui si intersecano opere di forte impatto: vere e proprie metafore visive e monumenti precari eretti a commemorazione di questo nostro breve ed instabile scorcio di secolo. Seguendo le trasformazioni dell’economia e le relazioni pericolose che si intrecciano tra corpi, merci, capitali e rotte di scambio e commercio nell’epoca della globalizzazione, la mostra compone un ritratto collettivo capace di restituire voce e dignità alle moltitudini senza volto della contemporaneità. Al centro dell’esposizione, ad esempio, è posta l’installazione video “The Mapping Journey Project” dell’artista marocchina Bouchra Khalili: con semplicità disarmante, l’installazione raccoglie le storie di migranti che hanno attraversato interi continenti alla ricerca di un varco nella fortezza Europa.  “Le migrazioni che stanno interessando ogni angolo del pianeta rappresentano un nodo imprescindibile del nostro presente – ribadisce Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi – uno dei temi cardine attorno al quale la società globale è chiamata a ridefinirsi. Da qui la necessità di organizzare una mostra come La Terra Inquieta, che offre uno sguardo su questa tematica filtrato attraverso il racconto degli artisti. La riflessione che ne è nata ci ha condotti all’immersione in un’esperienza universale, capace di avvicinare uomini e donne lontani per età, religione, cultura e provenienza, ma sempre più destinati a convivere e a condividere valori, vicende e biografie. L’obiettivo di questa mostra, è quello di restituire al pubblico almeno una parte di queste esperienze, perché possano trasformarsi in conoscenza, fornendo risorse e strumenti utili alla ricerca di un equilibrio armonico tra gli esseri umani. L’identità fluida e in continua evoluzione della Fondazione Trussardi ci ha dunque portato ad affrontare in modo nuovo lo stesso tipo di sfida da cui siamo partiti all’inizio della nostra avventura quasi quindici anni fa: raccontare il mondo che ci circonda creando un terreno di riflessione comune, una piattaforma aperta al contributo di ciascun individuo per immaginare un nuovo modello di società.”
Ponendo l’accento sulla produzione artistica e culturale più che sulla cronaca, la mostra vuole dare particolare importanza al ruolo dell’artista come testimone di eventi storici e drammatici e sulla capacità dell’arte di affrontare cambiamenti sociali e politici. Mentre i media e la cronaca ufficiale raccontano di guerre e rivoluzioni viste a distanza, molti artisti conoscono e descrivono in prima persona il mondo da cui provengono i migranti e per questo ne parlano con il senso di responsabilità di chi vuole restituire la complessità di un evento drammatico senza incorrere nelle consuete banalizzazioni e nei sentimentalismi ai quali siamo abituati dai tradizionali canali di informazione. Il risultato sono opere d’arte in cui i codici tradizionali del giornalismo e della narrazione documentaria si accompagnano ad approcci più vicini a quelli della letteratura, dell’autobiografia e della finzione. Qui vediamo non solo immagini di conflitti, ma anche immagini come terreno di incontro, scontro e scambio di punti di vista.
La ricerca di una dignità dell’immagine si accompagna anche, nell’opera di molti artisti di oggi, a una ricerca sulla funzione commemorativa e monumentale della scultura. Interpreti come Adel Abdessemed, Kader Attia, Banu Cennetoğlu, Meschac Gaba, Thomas Schütte, Andra Ursuta e Danh Võ si confrontano con la tradizione del monumento funebre ripensandola in una chiave contemporanea. Molte delle opere in mostra appaiono instabili e fragili, accomunate da una strategia della precarietà: svuotati di ogni eccesso di sentimentalismo, questi nuovi monumenti sono invece investiti di un senso di indignazione più consono a una dimostrazione di strada o a un atto di guerriglia che a una commemorazione ufficiale. Quella che inseguono molti artisti contemporanei è un’immagine in movimento e un’immagine letteralmente commuovente. Diversi sono gli esempi di opere in mostra in cui essi rappresentano il movimento e le migrazioni di merci, oggetti e forme attraverso confini e barriere, sia ideologiche sia economiche. Dalle opere di El Anatsui, Alighiero Boetti, Hassan Sharif e Mona Hatoum emerge una cartografia di scambi e relazioni globali in cui le opere d’arte sembrano replicare i traffici del commercio e dell’economia internazionale. Analoghe sono le preoccupazioni di artisti e collettivi come Šejla Kamerić, Forensic Oceanography o multiplicity, il cui lavoro racconta però non di merci ma di persone.
“La Terra Inquieta” è il racconto di uomini che attraversano confini e – assai più tristemente – la storia di confini che attraversano gli uomini. Ma soprattutto questa rassegna è un esperimento di comprensione e dialogo tra culture. Come ricorda la placca apposta alla base della Statua della Libertà – ritratta nel video di Steve McQueen che conclude l’esposizione – la madre degli esuli accoglie gli stanchi, i poveri, le masse infreddolite, gli scossi dalle tempeste e i rifiuti miserabili delle vostre spiagge.
La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese, a cura di Massimiliano Gioni, pubblicato da Electa, che raccoglie testi monografici ed approfondimenti su tutti gli artisti presenti in mostra ed una raccolta di saggi e testi critici del curatore, di Tania Bruguera, Alessandro Dal Lago, T.J. Demos, Giusi Nicolini. Fondamentale sostegno a questa iniziativa è stato fornito da Fondazione Cariplo.
SKY ARTE HD in qualità di media partner realizzerà una produzione originale per raccontare la mostra.

Palazzo della Triennale – Viale Alemagna 6, Milano; fino al 20 Agosto 2017; Orari: da martedì a domenica 10.30-20.30; Tel. 02 724341; www.triennale.org

Fabio Giuliani

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