Milano – INTRECCI DEL NOVECENTO – Arazzi e tappeti di artisti e manifatture italiane

| 25 settembre 2017
Intrecci del Novecento 1

Talento e mestiere

Arazzo: “tessuto con figure e scene d’insieme lavorato a mano con una tecnica tale da rendere invisibili i fili dell’ordito che viene appeso alle pareti come ornamento” (Dizionario di Italiano)

Facciamo un breve viaggio nella storia di questa particolarissima tecnica di espressione artistica. Il loro utilizzo ha origini antichissime, come accompagnamento alle pratiche religiose o alle tappe fondamentali dell’esistenza. Sono emersi tessuti di più di diecimila anni fa in Perù, Egitto, Europa. E’ nel Medioevo che vediamo esempi di narrazioni eseguiti con tecnica raffinata in Francia, commissionati dalle Corti e dalla Nobiltà. Gli arazzi devono il loro nome alla cittadina francese di Arras, dove le manifatture medievali beneficiavano della protezione principesca. Ma è nel Rinascimento che avviene il connubio tra arazzo e grande arte, quando Papa Leone X commissiona a Raffaello i cartoni per realizzare gli arazzi della Cappella Sistina, prodotti a Bruxelles nella bottega di Pieter van Aelst. Gian Giacomo Trivulzio a Milano ordina la serie dei “Mesi” dai cartoni del Bramantino; non sono da meno i Medici e i Gonzaga con arazzi ispirati a capolavori dell’arte del tempo con soggetti religiosi o mitologici. E’ così che l’arazzo viene considerato elemento decorativo paragonabile alla pittura, molto utile anche per riscaldare le dimore, più pratici degli affreschi perché si potevano arrotolare e trasportare da un castello all’altro nonché usare all’aperto in occasione di cerimonie e processioni solenni. Nel 1700 è addirittura Goya che si vede commissionati 63 cartoni per arazzi dalla Corte di Spagna. Nell’Ottocento vediamo il declino del genere a causa dei cambiamenti sociali, per cui gli arazzi venivano considerati un prestigio dell’aristocrazia da abbattere. Solo nella seconda metà del secolo si assiste in Europa ad una nuova attenzione verso l’arte tessile. Agli inizi del Novecento il pittore tedesco Kirchner elabora oltre 50 cartoni per arazzi, coperte, tappeti; e qui arriviamo alla titanica impresa del gallerista Moshe Tabibnia che in un volume ha raccolto 182 opere a documentare come la maggior parte degli artisti del ventesimo secolo e quelli del nostro tempo si sono relazionati e continuano a relazionarsi con l’arte tessile con il suo valore di arte “in sé” con uno sguardo particolare su tutte le realtà che in Italia hanno creato arazzi e tappeti. L’attuale esposizione è stata ideata e realizzata dal Centro Studi Moshe Tabibnia, curata dal titolare e da Virginia Giuliano, in collaborazione con la Triennale in occasione della presentazione di questo volume. In ordine cronologico, divise in quattro sezioni, vediamo ben 107 opere tessili di 61 artisti, prestiti di musei e collezioni private di mezzo mondo.

1 – “Dall’inizio del secolo alla Seconda Guerra Mondiale”. Punto di partenza è il futurismo con la sua riscoperta delle arti decorative; protagonisti assoluti Balla e Depero con le loro “case d’arte” a Roma e Rovereto, aprono il dialogo tra arte tessile e pittura dell’epoca.

2 – “Gli anni del secondo dopoguerra”. L’arazzo è fondamentale negli allestimenti dei nuovi transatlantici italiani. Emerge, inoltre, la scuola di arazzeria di Esino Lario, nata nel 1931. Un’ulteriore stimolo arriva dalle “Triennali” milanesi; alla nona Edizione del 1951 la detta Scuola vince la Medaglia d’Oro con l’arazzo “Vendemmia in giardino” da un cartone di Umberto Lilloni (1940).

3 – “Dagli anni Sessanta alla fine del secolo”. E’ questo il momento di maggior splendore e creatività. L’arazzeria Scassa inizia la collaborazione con Corrado Cagli, Capogrossi, Sironi, Guttuso. Non solo arazzi: dalla fine degli anni Sessanta l’Atelier d’arte tessile     “Elio Palmisano” nel milanese crea arazzi e tappeti con gli artisti più affermati, fra cui i grandi astrattisti (Dorazio, Radice, Dorfles, Veronesi) ed altri come Kokoschka, Ugo Nespolo, Gianfranco Ferroni, Ettore Sottsass e Gruppo Memphis. Vediamo inoltre arazzi e tappeti tessuti dalle principali manifatture sarde e quelli ricamati di Niki Berlinguer, tratti dalle opere di Cagli, Guttuso e Lucio Fontana nonché quelli Di Marina Zatta da disegni di Vespignani, Turcato, Baj, Scialoja, Tadini, Nigro.

4 – “Dalle Biennali di Losanna alla Fiber Art”. Dalla seconda metà del Novecento il tessuto entra a far parte dei linguaggi dell’arte contemporanea. Gli artisti iniziano a rivendicare il valore assoluto degli strumenti e dei materiali usati nella tessitura; si afferma quella che anche oggi viene chiamata “Fiber Art”, la cui nascita la si deve principalmente alle rivoluzioni innescate nel mondo dell’arazzo alle Biennali di Losanna a partire dal 1962. Qui si mette in luce che gli arazzi sono sculture di materiale tessile e metallo, di corde, pelli e iute, e non si appendono più neppure ai muri. Emergono figure come Paola Besana, Paola Bonfante, Maria Luisa Sponga che parlano il linguaggio di questa nuova arte tessile. Non solo “Fiber Art”, attualmente alcune arazzerie hanno ripreso la strada dell’arazzo tradizionale in dialogo con gli artisti contemporanei. La rinascita odierna dell’arazzeria pennese è senza dubbio la testimonianza più importante che ha caratterizzato il Novecento italiano e che oggi torna a vivere.

E’ questa un’occasione unica per vedere tutto il panorama artistico italiano del Novecento sotto una nuova luce con la scoperta insospettata degli intrecci fra pittura ed arte tessile della stragrande maggioranza dei pittori che hanno aderito. Unico neo la troppo breve durata di un’esposizione così importante. A consolazione, nella seconda metà di Ottobre a Milano, in Via Monte di Pietà 23, aprirà “Building”, palazzina di cinque piani voluta e progettata da Moshe Tabibnia, dedicata all’arte contemporanea, con una sensibilità verso gli artisti che si dedicheranno anche alle arti tessili, con biblioteca e Centro studi. Catalogo edito da Moshe Tabibnia, Milano: www.moshetabibnia.com

Palazzo della Triennale – Viale Alemagna 6, Milano; fino all’8 Ottobre 2017; Orari: da martedì a domenica 10.30-20.30; ingresso libero; Tel. 02 724341; www.triennale.org

Fabio Giuliani

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