Milano: GIUSEPPE CAPOGROSSI – “Elementi”

| 13 gennaio 2015
Capogrossi 2

 

Un linguaggio arcaico personalissimo

“La mia ambizione è di aiutare gli uomini a vedere quello che i loro occhi non percepiscono. La prospettiva dello spazio nel quale nascono le loro opinioni e azioni.”

Così scrive, in un’autopresentazione al MoMA di New York, Giuseppe Capogrossi (Roma, 1900-1972) uno dei più riconosciuti maestri della pittura italiana del Novecento. Grazie alla sua formazione pittorica classica coltivata nell’ambito della scuola romana, si afferma a livello internazionale, ottenendo ampi consensi e partecipando a numerose mostre personali e collettive in Europa. Alla Galleria Tega, spazio espositivo storico milanese, da anni sempre attento ai valori dell’arte, è possibile vedere attualmente una mostra a lui dedicata dal titolo “Elementi”, con una ventina di opere dai primi anni Cinquanta all’inizio dei Settanta che mettono in evidenza l’evoluzione della nuova forma espressiva del maestro. In questo caso si considera il punto di vista cronologico, partendo da “Superficie 110” del 1950, una delle prime tele astratte di Capogrossi, già presentata alla retrospettiva a lui dedicata dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia tra Settembre 2012 e Febbraio 2013. La rassegna prosegue con “Il Palazzo di Cristallo” del ’51 – scrive Luciano Caprile – è come contraddistinto da una struttura planimentrica che tende a dilatarsi radialmente partendo da un nucleo centrale di fitte linee rosse da cui si staccano tenaglie nere di apparente compressione. Particolare suggestione poetica la trovo in “Superficie 424” del 1961, in cui si denota – sottolinea sempre Caprile – come egli amasse inserire talora elementi di rottura o di instabilità nello spazio rigorosamente scandito dalle sue caratteristiche forme, quasi a rimarcare il senso non programmabile dell’esistenza. Nel ’62 ottiene il premio per la pittura alla XXXI Biennale di Venezia a pari merito con Ennio Morlotti, confermandosi come uno degli autori italiani più conosciuti e quotati. Fra le opere degli ultimi anni presenti in mostra, ricordiamo “Superficie CP/833/A” del 1966 che, afferma Luciano Caprile, “può essere considerata il timbro, il sigillo di un gesto senza eguali che evolverà fino al 1972”. Una ricerca che porterà Capogrossi ad ottenere dal Ministero della pubblica istruzione la medaglia d’oro per meriti culturali nel 1971, un anno prima della sua morte. Nel catalogo della mostra, prodotto da Galleria Tega / Silvana Editoriale, a cura di Eleonora e Francesca Tega, oltre al saggio di Caprile         “Il rivoluzionario linguaggio di Capogrossi”, leggiamo l’introduzione “Capogrossi: la prospettiva dello spazio” di Luca Massimo Barbero di cui riportiamo alcuni illuminanti passaggi. “Quando nel gennaio del 1950, apparvero alla Galleria del Secolo di Roma le nuove opere di Capogrossi l’effetto è quello di un vero e proprio ‘caso Capogrossi’, scandaloso, inconsueto, centrale all’arte contemporanea dell’Italia del tempo. (…) Le opere alla Galleria del Secolo sono gli incunabili del nuovo segno, di quello che nei decenni successivi i critici cercheranno di volta in volta di definire come l’ “Alfabeto di Capogrossi”, il suo atlante dei segni il mondo del suo elemento.” Mentre nel suo testo critico per quella storica mostra così scriveva Corrado Cagli: “Esprime dal profondo dell’inconscio collettivo gli archetipi con la forza attuale dell’attuale primordio.”

Galleria Tega – Via Senato 20, Milano; fino al 24 Gennaio 2015; www.galleriatega.it

Orari: da lunedì a sabato 10-13 e 15-19; Tel. +39 02 76006473; mob. +39 3487421417

Fabio Giuliani

 

Commenti

Salvato in: MOSTRE, Pittura
×