Mantova – ALBRECHT DURER – “Come sentirò freddo dopo il sole”

| 23 dicembre 2016
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“Fra le molte cose rare, che (Giulio Romano) aveva in casa sua vi era una tela di rensa sottile il ritratto naturale d’Alberto Duro di mano di esso Alberto, che lo mandò, come altrove si è detto, a donare a Raffaello da Urbino; il qual ritratto era cosa rara, perché, essendo colorito in guazzo con molta diligenza e fatto d’acquerelli, l’aveva finto Alberto senza adoperare biacca, ed in quel cambio si era servito il bianco della tela, delle fila della quale, sottilissime, aveva tanto ben fatti i peli della barba, che era cosa da non potersi immaginare, non che fare, ed al lume traspareva da ogni lato: il quale ritratto, che a Giulio era carissimo, mi mostrò egli stesso per miracolo, quando vivendo lui, andai per mie bisogne a Mantova.” (Giorgio Vasari)

Ora il Complesso Museale Palazzo Ducale Mantova presenta negli spazi espositivi del Castello di San Giorgio una mostra dedicata ad Albrecht Durer, pittore, incisore, matematico e trattatista tedesco (Norimberga, 1471-1528) e ai suoi rapporti con l’arte italiana e, in particolare, con le incisioni del Mantegna che furono per lui un tramite indispensabile per accostarsi all’arte antica. Il titolo della mostra è ispirato ad una famosa domanda che Dürer si pose nel 1507 tornando in Germania dopo un viaggio in Italia: “Come avrò freddo dopo tutto quel sole?”. Il percorso espositivo comprende un nucleo di importanti prestiti dall’Albertina e dal Kupferstichkabinett di Vienna, Istituzioni museali con cui la mostra è in collaborazione; è inoltre presente una scultura in bronzo attribuita a Leonardo da Vinci raffigurante un cavallo e conservata allo Szepmuveszeti Museum di Budapest. Vediamo circa 70 opere suddivise in sezioni. I – “Introduzione. Tecnica della grafica a stampa”. Nel corso del XVI secolo si sviluppa la stampa su carta come nuovo ‘medium’, rendendo così possibile per la prima volta riprodurre opere d’arte e renderle accessibili    ad un più vasto pubblico. La più antica tecnica di stampa fu la xilografia che consentiva solo un numero limitato di copie; più tardi seguì l’incisione su rame che aveva una tiratura maggiore. Durer si cimentò con quest’ultima e il risultato è così commentato da Ludovico Dolce in “Dialogo della pittura”, 1557: “E, quando egli non avesse avuto altra eccellenza, basterebbe a farlo immortale l’intaglio delle sue stame di rame; il quale intaglio con una minutezza incomparabile rappresenta il vero e il vivo della natura, di modo che le cose sue paiono non disegnate, ma dipinte, e non dipinte, ma vive.”

II – “Durer, Mantegna e la tradizione antica”. “Anche Andrea Mantegna, che a Mantova godette di alta considerazione, ammise con evidente franchezza l’abilità di Durer; egli aveva ricondotto la pittura a un sicuro rigore e legittimità e si guadagnò questa fama proprio perché aveva riportato alla luce opere d’arte distrutte e le aveva poste come esempio per l’arte.” (Joachim Camerarius, 1932)

III – “Trionfi”. Con la riscoperta della tradizione antica nell’Italia del XIV secolo gli autori si lasciano ispirare all’istituzione del trionfo, l’onore sacro riservato al condottiero vittorioso con riferimenti alla mitologia. Ai più famosi tesori della famiglia Gonzaga apparteneva la serie che rappresentava i “Trionfi di Cesare” che conosciamo da un’acquaforte di Robert van Audenaerd (1663-1748) da Andrea Mantegna (1431-1506). Durer prese a prestito dalle “Quattro “Muse danzanti” del Mantegna sulla tela del Parnaso eseguita da Isabella D’Este, per “il grande carro trionfale” dell’Imperatore Massimiliano I, in cui i Geni guidano i cavalli. Massimiliano fu tra i primi sovrani a riconoscere l’importanza dell’arte per il culto della memoria.

IV – “Durer e la teoria delle proporzioni”. “Tuttavia io non trovo nessuno che abbia descritto come si prendono le misure della figura umana, ad eccezione di uno, che si chiama Jacopo (de’ Barbari) e che è originario di Venezia, un abile pittore. Questi mi ha mostrato un uomo e una donna che aveva fatto secondo la teoria delle proporzioni…ma non ha voluto spiegarmi i fondamenti del suo lavoro, l’ho proprio notato. Perciò ho intrapreso un mio tentativo e ho letto l’opera di Vitruvio che scrive anche delle proporzioni delle membra dell’uomo.”

V – “Durer e Leonardo da Vinci”. Alcuni lavori particolari di Durer nel cosiddetto “Taccuino” documentano che egli deve aver conosciuto i disegni di Leonardo per l’allestimento della statua equestre di Ludovico il Moro. La statuetta di Budapest, qui ora esposta, viene messa in relazione con un modello che l’artista produsse su commissione del Re di Francia Francesco I per la realizzazione di un monumento in suo onore. Mentre la connessione con la produzione artistica di Leonardo è certa, l’esecuzione del bronzo è dibattuta. La xilografia dureriana (1523) fa pensare che l’artista potesse essere venuto a conoscenza anche dell’ “Ultima Cena” di Leonardo forse attraverso un’incisione già allora circolante.

VI – “Durer e la diffusione del ritratto”. Nel corso del XV secolo il ritratto non fu solo legato al ricordo di un defunto o di un donatore di opera sacra ma divenne rappresentazione profana con funzione di ricordo nell’ambito famigliare. Con Durer il ritratto per la prima volta non fu fine a sé stesso ma si rivolse ad un pubblico interessato.

VII – “Ispirazione-imitazione: Durer e i suoi imitatori”. E’ Giorgio Vasari che già nel 1568 ci parla di artisti che si sono ispirati o hanno copiato Albrecht Durer.

Completa il percorso espositivo un nucleo di opere antiche della collezione di Palazzo Ducale che mette in evidenza i debiti dell’arte rinascimentale e di quelli del Mantegna e di Durer nei confronti dell’antico. La mostra è curata da Johannes Ramharter (storico dell’arte per anni Conservatore al Kunsthitorisches Museum di Vienna) e da Peter Assman, (Direttore di Palazzo Ducale) mentre il documentatissimo catalogo, edito da Electa, contiene, oltre ai testi dei curatori, fra altri, i saggi di Rodolfo Signorini su “Mantegna e il magnetismo dell’eredità classica”, di Angelo Loda, “Grazio Cossali, e la meretrice di Babilonia”. I Servizi Educativi del Museo hanno elaborato per le scuole d’ogni ordine e grado, per alunni a partire dagli otto anni, un percorso didattico guidato con attività laboratoriale della durata complessiva di tre ore. Un’occasione, questa, per ammirare, dopo i restauri per i danneggiamenti causati dal terremoto del 2013, nella Torre Nord-Est, anche la “Camera Picta”, comunemente nota come “Camera degli Sposi”, capolavoro assoluto di Andrea Mantegna.

Palazzo Ducale-Castello di San Giorgio; Piazza Sordello 40, Mantova; fino all’8 Gennaio 2017; Orari: da martedì a domenica 8.15-19.15; la biglietteria chiude alle ore 18.20; Chiusura anche in data 25 dicembre 2016 e 1 gennaio 2017; Tel. 0376-224832

Fabio Giuliani

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