Lugano (Svizzera, Canton Ticino) – RODCENKO. Il protagonista russo dell’aggiornamento dell’arte

| 26 aprile 2016
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“La fotografia è un’arte” / “Se si desidera insegnare all’occhio umano a vedere in una nuova maniera, è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da prospettive ed angolazioni totalmente inaspettati e in situazioni inaspettate; gli oggetti nuovi dovrebbero essere fotografati da angolazioni differenti per offrire una rappresentazione completa dell’oggetto.”

Con queste parole si esprimeva, nel 1928, Aleksandr Michajlovič Rodčenko (San Pietroburgo, 1891-Mosca, 1956), pittore, fotografo e grafico russo che collaborò alla costituzione del movimento costruttivista, a cui il LAC di Lugano – Museo d’Arte della Svizzera Italiana (nuovo centro culturale polifunzionale inaugurato a Settembre 2015) dedica un’ampia esposizione curata da Ol’ga Sviblova, fra le massime esperte di fotografia e d’arte delle avanguardie sovietiche, Direttrice della Moscow House of Photography/Multimedia Art Museum (Istituzione organizzatrice dell’evento) e curatrice del Padiglione Russo alla Biennale di Venezia del 2007 e 2009. Con l’omaggio odierno all’artista simbolo dell’Avanguardia russa continua dunque il virtuoso approfondimento sui protagonisti delle avanguardie storiche da parte di questa importante Istituzione. Figlio di uno scenografo e di una lavandaia, Rodčenko studiò all’istituto d’arte della città di Kazan’, dove conobbe la futura moglie e artista Varvara Stepanova. Si interessò alla poesia di Vladimir Majakovskij e da questa si accostò alle nuovi correnti del futurismo e del suprematismo russo. Si trasferì alla Scuola di Arte e Design Stroganov e nel 1916 espose per la prima volta i suoi quadri in una mostra organizzata da Vladimir Tatlin. Si congedò dal servizio militare dopo pochi mesi e divenne membro del Narkompros (Commissariato per l’Istruzione), insegnò al VChUTEIN (l’Istituto statale di arte e tecnica) e si interessò praticò la tecnica del fotomontaggio e delle opere dei dadaisti, al lavoro dei registi Ejzenštejn e Dziga Vertov, con quest’ultimo collaborò intensamente producendo i manifesti per i suoi film. Nel 1921 iniziò con le prime collaborazione in ambito teatrale, cinematografico e grafico. Nel ‘23 realizzò la copertina per il poema di Majakovskij “Di questo”, e nello stesso periodo fu contattato da Laszlo Moholy-Nagy, interessato ad un suo saggio sul costruttivismo. Nel 1924 scelse la fotografia come mezzo artistico principale, abbandonando la pittura. Nel 1926 scrisse articoli sulla fotografia e sul cinema per la rivista Sovetskoe Kino (Cinema sovietico). Al ’27 risale la sua prima mostra fotografica, alla quale ne seguirono molte altre in patria e all’estero. L’anno seguente acquistò una Leica, con la quale catturò immagini con prospettive insolite e audaci, con l’intenzione di combattere tutte le convenzioni della fotografia artistica del periodo. Grazie a queste inquadrature insolite, isolò e mise in risalto i più semplici elementi grafici, linee, cerchi, curve. Come per Kazimir Malevič nella pittura, questo approccio rappresentò una frattura nelle norme rigorose di fine Ottocento. Inviso dalle autorità per il suo stile definito troppo occidentale, gli venne ordinato nel 1933 di ritrarre solo eventi di stato. Con la compagna Stepanova lavorò fino al 1940, quando abbandonò la fotografia in favore della pittura. Morì nel 1956 a 65 anni. Oltre 250 opere fra stampe vintage, fotomontaggi, riviste e manifesti dell’epoca, testimoniano in modo esauriente la forza di questo innovatore e consentono apprezzare il carisma che esercitò tanto sui colleghi artisti che sui letterati, i registi, gli intellettuali che furono suoi compagni di strada. Dai fotomontaggi realizzati per il poema “Pro Eto” (Di Questo) di Majakovskij (ispirato al tormentato rapporto con l’amante Liljia Brik), alle copertine della rivista “Novi Lef”, punto di riferimento dell’intelligentia rivoluzionaria, ai manifesti cinematografici e alle illustrazioni per libri, le opere testimoniano collaborazioni e amicizie restituendo non solo una personalità creativa, ma lo spirito di un momento irripetibile nella storia del secolo trascorso. Il fotomontaggio era già usato alla fine della Grande Guerra come strumento di denuncia dagli artisti “dada” berlinesi (George Grosz ed altri) e del Bauhaus (László Moholy-Nagy ed altri), con i quali egli aveva stretti rapporti. In possesso di una camera Leica, cominciò a fotografare balconi, scale, finestre e muri, dando all’oggetto ordinario e quotidiano una nuova interpretazione, grazie a tagli obliqui e punti di vista inconsueti. In ambito fotografico Rodčenko documentò attraverso straordinari ritratti, immagini di panorami urbani e architetture, reportage in fabbriche e cantieri, gli uomini e lo spirito di un’epoca di grandi speranze e altrettanto grandi contraddizioni. Soprattutto egli sovvertì le regole della ripresa: le sue inquadrature sono oggi la testimonianza più pura del desiderio di aggiornamento dell’arte e del mondo stesso che ha animato gli artisti dell’avanguardia sovietica. Completano il percorso tre “Costruzioni spaziali”, sculture aeree ottenute componendo forme geometriche elementari, interessantissimo esempio di opera costruttivista, ottenuta cioè mutuando i principi logici e produttivi propri dell’industria. La mostra è accompagnata da un esaustivo catalogo edito Skira comprendente circa 250 immagini, i testi della curatrice, di Varvara Rodčenko, figlia dell’artista, del nipote Aleksandr Lavrent’ev, e da uno scritto dello stesso artista. Da non perdere questo omaggio a Rodčenko dopo averci fatto conoscere negli anni scorsi con mostre ed approfondimenti gli artisti simbolo delle avanguardie storiche, di movimenti come Espressionismo, Surrealismo, Bauhaus. Questa esposizione, come afferma il Direttore del museo, Marco Franciolli, assume un particolare significato perché, oltre a percorso creativo del russo, ci dà modo di riflettere sulle due modalità di ricerca: una centro-, l’altra est-europea; la prima caratterizzata dalla coesistenza di numerose vie di indagine, l’altra contraddistinta dalla convergenza di personalità diverse nel dar voce allo spirito rivoluzionario della nuova società russa; è interessante notare come, a distanza, questa presunta diversità è praticamente inesistente, permettendo quindi di rileggere l’arte europea senza barriere.

Sempre qui, oltre all’esposizione di Rodčenko sono in corso: 1) “Il mondo di Markus Raetz”: monografica dedicata ad un protagonista dell’arte svizzera contemporanea con oltre 150 opere dagli anni Settanta (fino al 1° Maggio). 2) “Sulla Croce”: l’iconografia della Croce con opere dalla collezione Olgiati di Ludovico Carracci, Burri, Klein, Fontana, Medardo Rosso, Kounellis (Spazio – 1, appena fuori dal LAC, fino al 29 Maggio). 3) “Nuove consonanze del LAC”: diversi temi scelti, fra cui natura, ritratto….gli artisti sono Arp, Constable, Klee, Melotti, Merz, Paladino, Pissarro; un gioco dei rimandi e delle consonanze che aprono a nuove chiavi di lettura. Nuove consonanze propone l’accostamento di opere di artisti fra loro distanti cronologicamente e stilisticamente, ponendo in dialogo linguaggi soltanto apparentemente inconciliabili. I temi iconografici scandiscono un percorso che intende offrire un’esperienza estetica in cui l’osservatore diviene parte attiva del processo di interpretazione delle opere (Fino al 26 Febbraio 2017). Questi lavori fanno parte della collezione permanente del LAC che verrà esposta a rotazione in periodi diversi.

LAC Lugano Arte e Cultura – Piazza Bernardino Luini 6, Lugano; Fino all’8 Maggio 2016; Orari: martedì, mercoledì, domenica 10.30-18; giovedì e sabato 10.30-20; Tel. +41 (0)58 866 4230; sito Internet: www.luganolac.ch

Fabio Giuliani

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