Lago di Garda VITICOLTURA DI RIVIERA

| 3 maggio 2010
vendemmia in valtenesi 2

“La produzione sul Garda potrà coll’accrescer diligenza accrescersi. Questo già si usa al terreno, che all’entrare di primavera e in autunno si svolge coll’aratro, si rompe colla zappa in aprile e agosto, e si purga dell’erbe: ma riceve ancora concime rado e scarso, e nei comuni dove l’olivo e il limone hanno il posto d’onore, ne soffre il digiuno”.

Così il conte Bettoni nel 1879, in uno stralcio dei suoi studi sulla viticoltura benacense. Con l’intelletto nell’agronomia e il cuore nella storia, non mancava di sottolineare le pecche del suo tempo. “Sarebbe poi desiderabile che spariscano sollecitamente molte specie d’uva, che sono di cattiva qualità o per la loro maturanza troppo tardiva o per la poca sostanza zuccherina che contengono. Ma il contadino ha l’occhio in generale per vedere l’abbondanza, e non il palato per gustar il sapore, e quindi mal si persuade a sfrattare dal campo alcune viti che portano copia di frutto, sia pur scipito”. Strada se n’è fatta, talvolta a rimorchio di eventi perniciosi – caso emblematico l’epidemia di filossera d’inizio Novecento – talaltra col senno nel motore a sospingere l’anarchia di cantina nell’alveo dei disciplinari di produzione, degli istituti consortili e di tutela. Ma ogni epoca reca in sorte sfide inedite. Che azzoppano sia il cieco tradizionalista che lo sprovveduto fatalista, l’uno avvinghiato come edera all’albero delle convinzioni, l’altro rintanato negli indugi in attesa del sereno. Il tempo di crisi segna la linea spartiacque dei processi sociali, muta le abitudini, stravolge le convenzioni, dissoda le zolle dei consumi e dei mercati. Austero. Inflessibile. Inesorabile. Più intensa è la recessione, più radicale è la metamorfosi utile al valico. Associare il termine crisi allo scacco e al fallimento, o più specificatamente allo stadio che lo precede, è mirare al bicchiere mezzo vuoto. L’etimologia ne suggerisce viceversa l’accezione positiva, il momento di separazione, di trapasso da un prima a un dopo che non prescinde dall’atto maturativo del compimento di una scelta. Nella lingua cinese l’evidenza semantica è iscritta nell’unione dei due ideogrammi wei e ji , problema e opportunità, che dà vita al vocabolo crisi. Nell’assecondare l’onda lunga di uno sviluppo evolutivo, anche la viticoltura e l’enologia di Riviera non possono esimersi dal percepire la crisi di mercato come congiuntura di transizione, livella degli immobilismi e levatrice per la ricerca di nuove specificità. A partire da un riassetto dell’accoglienza turistica che faccia proprie le logiche aggreganti di filiera, assegnando a ciascun attore – produttore e istituto di promozione, ristoratore e condotta eno-gastronomica, ente pubblico e albergatore – il valore aggiunto del ruolo veicolatore di un’identità percepibile e spendibile di territorio. Non I vigneti della Valtenesi sono le leggi quadro comunitarie, la caduta libera del potere d’acquisto e i buyer della grande distribuzione i soli cecchini pronti all’assassinio della produzione vitivinicola valtenesina e gardesana. La follia del suicidio scorre nelle vene di quanti declamano modelli di sviluppo praticati altrove, su altre sponde lacustri del bresciano, deputandone il buon esito al mero pompaggio di quattrini nei processi di produzione e di marketing. Disconoscendo sia il valore commerciale del marchio univoco che il peso specifico degli investimenti in tecnologia e paesaggio. La crisi segna il passo di una mutazione di costume fra il “quanto mi costa” e il “quanto mi conviene”, fra la logica tirchia di bilancio e il criterio ponderato di un’alternativa possibile. Ne va del patrimonio economico e culturale benacense che rischia il depauperamento per difetto di coraggio. L’assunzione di responsabilità è di fatto uno dei comandamenti imposti dalla crisi. Nell’attimo breve che segue la presa di coscienza del fenomeno e che precede la pianificazione dell’azione organizzata. Sotto il tiro incrociato, stare fermi equivale a morire.

Di: Anna Dolci

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