FACCIAMO CAMBIO: E’ desenzanese l’inventore del cambio “campagnolo”

| 25 giugno 2016
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La storia di Gino Busi, desenzanese, ciclista ed inventore del dispositivo per modificare i rapporti in bicicletta,
nel ricordo del nipote Mattia.
Qualcosa “in” cambio? Praticamente niente, come in tante storie di intuizione grezza e geniale. Invece “il” cambio per bicicletta uscito dall’ingegno desenzanese ruspante di Gino Busi, sotto le insegne Campagnolo,  di fortuna ne fece un bel po’.  Alleggerendo o intensificando potenze e fatiche dei campioni del pedale appartenenti ad ogni epoca. Per un concetto meccanico che, pur nell’evoluzione incessante di materiali e strutture, ancora oggi interseca catena e rapporti in scale dinamiche pronte all’uso.

Un ricordo datato, quello di Gino Busi, ripescato appassionatamente dal nipote Mattia, viaggiatore e promoter su rotte internazionali, oltre che apprezzato musicista.. “La storia è semplice – racconta Mattia condensando ricordi da rimettere in circolo – mio nonno era un grande appassionato di ciclismo. Disciplina che praticò con successo. Partecipò ad un Giro d’Italia, correva l’anno 1928 e fu primo vincitore, nel 1923, della coppa Caldirola. Una passione che lo portò a studiare la possibilità di cambiare rapporto in movimento durante la pedalata”. Il viaggio di Gino era iniziato nel 1922, anno in cui vinse ben 12 corse libere.  Dopo il grande exploit del 1923 con il successo nella Caldirola, la carriera di Busi continuò con alterne fortune. Partito militare, l’attività agonistica si ridusse notevolmente. La ripresa concreta avvenne nel 1927 e 1928 con la partecipazione a due edizioni del Giro d’Italia. In totale Gino Busi collezionò 29 primi premi e 11 secondi posti. Medagliere di tutto rispetto, considerando il periodo che lasciava pochi spazi a coltivare passioni, sebbene faticose come quella del ciclista. In ogni caso Gino aveva probabilmente deciso che quel sudore sui pedali andasse meglio sfruttato e stimolato. L’idea del cambio si sviluppò sulla base dell’esperienza diretta di atleta, poi evoluta nello scatto d’ingegno da accomunare a quelli impetuosi di certi scalatori che si alzano sui pedali per staccare gli avversari in salita. Ecco, il cambio da bici è servito e serve tutt’ora ad organizzare la pedalata in ragione del su e giù di pendenze, pianure comprese. “Dall’originale intuizione – aggiunge Mattia – il prototipo di cambio a poco a poco prese corpo. Il modello vide concretamente la luce nel 1946 in sinergia con le Officine Guatta di Sant’Eufemia della Fonte. Nel documento stilato proprio nel 1946 dallo studio degli Ingegneri Galvani, Salvi e Veronelli in cui viene ripetutamente citato l’inventore Gino Busi, si promuove il deposito del brevetto, precisando che il dispositivo poteva essere altresì sfruttato per altri tipi di cambio”. Primo passo sostanziale per la costruzione ed assemblaggio in serie. “Dispositivo per deviare e regolare la tensione della catena e per bloccare l’oscillazione del mozzo posteriore di cicli ecc.” Significativo oggetto/missiva originaria di molteplici funzionalità dall’assoluto valore sia tecnico che economico. Dura però è la vita degli inventori. Così, per l’impercettibile quanto inspiegabile volatilità delle ragioni dei giusti, complici probabilmente i rigori post bellici fatti di povertà, fame e delizie angoscianti similari, il dispositivo di Gino prende altre strade. Percorrendole a dovere grazie al marchio Campagnolo. “La vicenda prese poi contorni molto legati alle necessità del momento – commenta Mattia Busi – mio padre ricorda che l’idea fruttò veramente una cifra irrisoria. Con quei soldi ci pagarono una cena al ristorante! Un evento peraltro piuttosto raro – sorride in conclusione Mattia – in quell’immediato dopoguerra”.

G.R.

 

Articolo dal Dipende Estate www.giornaledelgarda.info/giornali/160623-1526-232estate2016doppiapagina.pdf

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