EROS IN TAVOLA

| 3 luglio 2008
mandragora

Se c’è chi è sicuro che il miglior afrodisiaco sia il successo e chi il denaro, c’è anche chi crede alle virtù erotizzanti di alcuni cibi. A questo proposito gli antichi andavano per erbe…

Gran successo aveva allora la radice della mandragora, il cui nome ebraico dudaim deriva dalla parola dud, che significa amore. Sembra che Circe usasse proprio la mandragora per i suoi omerici filtri d’amore. I plebei romani si accontentavano della semplice lattuga, della rughetta e perfino della malva, mentre Ovidio, teorico dell’Ars Amandi, riteneva che solo “nel vino Venere divien fuoco aggiunto a fuoco”. L’agronomo Columella asseriva che la ruca seminata attorno alle statue di Priapo aveva la magica virtù di risvegliare i sensi degli uomini troppo tranquilli. Ma fu nel Medioevo che l’usanza di preparare strani intrugli a scopo afrodisiaco prese maggiormente piede: sembra che il gimento avesse poteri particolarmente efficaci, tanto da esserne proibito l’uso dall’abate Pietro il Venerabile nel convento di Cluny. Per osservanza alla religione cristiana nei monasteri si facevano lunghi periodi di quaresime o di magro durante i quali i monaci consumavano molto pesce. Brillant Savarin ai primi dell’800 trattò delle virtù afrodisiache del fosforo e dell’idrogeno, trattandosi di sostanze altamente infiammabili, raccomandò di non preparare il pesce insieme ad altri ingredienti irritanti. Trappisti, Certosini e Carmenlitani non sapevano nulla in proposito e sembra fossero soggetti, a causa della loro alimentazione, ad irresistibili tentazioni del demonio. Il Concilio di Trento apportò importanti modifiche alle normative sulle quaresime, ma, proprio in quella sede, nacque spontaneo un nuovo interrogativo: il cioccolato è da considerarsi afrodisiaco o no? I Gesuiti, grandi commercianti del prodotto, optarono ovviamente per il no, nel frattempo al di fuori di conventi o congreghe religiose, si faceva un gran utilizzo di ostriche, tartufi , cibi rari e costosi che venivano considerati, nel ‘700, insiti di virtù erotizzanti. Come facevano tanti, si consumavano luculliani banchetti a base di carne. Ma, a parte la finzione opera di De Sade, sembra proprio che lui stesso sia stato rinchiuso più volte alla Bastiglia con l’accusa di tentato avvelenamento per aver somministrato ad ignare donne di facili costumi dosi eccessive di cantaride (sostanza ricavata da un coleottero) come stimolante sessuale. Sembra che all’epoca la si mettesse persino nelle torte e nei biscotti. Si dice la Pompadour la utilizzasse per riconquistare l’amore di Luigi XV, il quale invece tentava di rendere più intraprendente la nuova amante Du Barry con pizzichi di ambra grigia sciolta nella cioccolata. Mentre tutto questo succedeva in Europa, a Pietroburgo, per parlare male di Caterina II, si diceva che avesse dato un erede al trono di Russia dopo aver consumato a cena caviale e storione, ed aver passato una focosa notte con un certo Sergei Saltykov. Fra la passerella di “grandi” non poteva certo mancare Napoleone. Anche Bonaparte infatti non fu esente da sospetti. La nascita, seppur legittima, del re di Roma, pare sia stata favorita da una cena a base di tacchino tartufato e champagne. Non saranno state sostanze afrodisiache, ma per lo meno di gusto gradevole e non pericolose. Forse non c’è nulla di vero in tutto ciò e non vi sono sostanze con poteri particolari. Giustamente i romantici sono inclini a pensare che il miglior afrodisiaco sia la presenza accanto a loro dell’essere amato. E non ha tutti i torti neppure Roland Barthes quando afferma che “quanto più è raro e raffi nato il cibo, tanto più invita alla voluttà e all’edonismo, e senza il lusso non c’è libertinaggio.” Il potere economico può far sembrare afrodisiaci anche il cibo o le bevande solo facendole diventare rare e costosissime e perciò a solo appannaggio della ristretta cerchia di chi se le può permettere. Personalmente credo che né champagne, né tartufi , né ostriche o quant’altro possano darci stimoli che non avremmo senza il loro consumo. Non penso siano i cibi ad essere afrodisiaci, ma piuttosto che le belle emozioni che proviamo siano date dalla compagnia della persona con la quale condividiamo questi cibi e dalla sensualità che questa persona ci sa trasmettere.

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