EPISTOLARIO D’ANNUNZIANO INEDITO

| 5 ottobre 2011
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La fantasia è l’aroma inesauribile che profuma la vita.Una nuova lettera alla moglie Maria Hardouin, tutta dedicata alle peripezie del loro primogenito, Mario.

L’epistola è senza data ma probabilmente è precedente il 1887, anno della nascita del loro terzogenito Ugo Veniero: a questa gravidanza infatti, particolarmente difficile, stando a quello che scrive, il Vate accenna nelle prime righe. Tutte le attenzioni di questa missiva sono rivolte al piccolo Mario che viveva con D’Annunzio nella casa dei nonni paterni di Pescara. Si racconta della sua inesauribile fantasia, delle sue parole in cui abbondavano divertenti diminutivi e peggiorativi; si dà spazio ai suoi momenti di puerile vivacità e irriverenza, alla sua antipatia per la lingua francese… sono toni, quelli che usa D’Annunzio, di paterno orgoglio per il proprio fanciullo, di cui scrive alla madre con tenerezza e compiacimento. Leggendo queste righe rimane impressa l’immagine del bambino che gridando “vecchiaccia!” alla nonna se ne fugge nei campi o quella delle sue smorfie quando il padre tentava di parlargli in francese. Sono momenti di vita familiare cristallizzati nell’inchiostro di questa epistola, scritta in risposta di due lettere della moglie. Tanti sono i riferimenti alle persone note a entrambi, che D’Annunzio menziona o saluta. Da notare la citazione del Fanfulla, un quotidiano italiano dell’Ottocento su cui il Vate pubblicò i suoi primi scritti.

Tanti piccoli dati di varia natura emergono da questa lettera: si ricavano pratiche mediche (come quella di dare il ferro ai bambini), turistiche (l’abitudine di fare i bagni al mare), pedagogiche ed educative. Ai lettori moderni può sorprendere ad esempio il fatto che il piccolo Mario abitasse con il padre anziché con la madre. Il clima di questa lettera è giocoso e sereno; il poeta è in compagnia del figlio, si sta preparando per un pranzo di nozze e per un viaggio ad Ortona e Orsogna. Caratteristiche dello stile di questa lettera, oltre al compiacimento del D’Annunzio per la sua frase molto retorica “La fantasia è l’aroma inesauribile che profuma la vita, è il potere magico che cambia un vil bicchiere di vetro in una coppa d’oro” sono le sottolineature, che in questa missiva usa abbondantemente per dare maggior rilievo ad alcune espressioni.  A dominare tutta l’epistola, sono la dolcezza verso il figlio e la moglie, chiamata con il consueto vezzeggiativo di “micina”.

 

Domenica

Cara Maria,

ricevo in questo momento le tue due lettere. Mi dispiace tanto che tu stia poco bene. Il terzo figliuolo è certamente segnato ed avrà meravigliose fortune, poiché la sua nascita è accompagnata da molto spasimo. Così dice la tradizione in terra d’Abruzzi. Mario era presente quando leggevo le tue lettere. Sul serio, si rammenta assai bene di te. Ha preso il ferro pochi minuti fa, e lo prende puntualmente tutti i giorni. Comincerà quanto prima i bagni di mare. Lo stabilimento non è ancora in piedi. E’molto più svelto, incomparabilmente più svelto. Chiacchiera senza tregua ed ha una fantasia vivacissima. Non fa che inventare cose straordinarie, non mai accadute. Mi ricorda un poco quello che tu mi dicevi delle figliette di zia Elena Adam. La fantasia è l’aroma inesauribile che profuma la vita, è il potere magico che cambia un vil bicchiere di vetro in una coppa d’oro. (Senti che frase!) Mario dunque resisterà ai dolori e ai disinganni. Mario non rammenta il francese. Io gli ho chiesto diverse cose; ma per tutta risposta egli mi ha voltate le spalle con un grugnito poco amabile, mentre i capelli gli si sollevavano in atto d’insofferenza. Però non ha ancora preso la cantilena pescarese. Una cosa nuova: dice tutte tutte le parole in diminutivo o in peggiorativo: Cerasette, Fidozzo, vinozzo, panuzzo, nonnetta, nonnettaccia, Elviretta, Ernestinetta, Nanninetta, ecc ecc. Ogni tanto, quando è in collera, grida alla nonna: –Vecchiaccia!- e fugge, dicendo –Me ne fuggio in campagna, io!-. Ha molta gelosia per Gabriele Coemza. Tutte le volte che ne sente parlare, diventa rosso e gonfio, e minaccia poi di prenderlo per una zampetta e di gittarlo dalla finestra. –Insomma qui tutti si occupano di lui ed egli si (verbo intraducibile, ndr) di tutti. –Grazie di avermi mandato quelle lettere, Risponderò io al Marana. Tu mi dovresti fare il piacere di dire a Tiberi che vada subito da Salvadori del Fanfulla e gli dica che io aspetto immancabilmente quello che sa e che non so capire come mai egli non mi abbia ancora fatto saper nulla. –Fra pochi minuti andrò a Francavilla dove c’è un pranzo di nozze. Si ammoglia un fratello di Nunzia, la figlia di Za’ Luisa. Domani partirò per Ortona- Orsogna. Addio, cara Maria. Abbiti cura. Sono molto grato alla mamma delle sue bontà. Ti riscriverò da uno di quei paesi. Tutti ti risalutano affettuosamente. Io abbraccio Peppina; e bacio te mille volte. Addio, micina.

Gabriele

Elisa Zanola

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