DESENZANO DEL GARDA: UN PIANOFORTE PER AMICO

| 5 maggio 2008
piano

Dal 1974 divenne assiduo frequentatore dell’Azienda Autonoma di Soggiorno un nuovo residente di Desenzano: Ermenegildo Savasi, chiamato Gigio dalla moglie e dai suoi. I dirigenti ed il personale dell’Ente del Turismo furono i primi ad accorgersi che era un provetto ed appassionato pianista.

Con lui al pianoforte, trascorrevano interi pomeriggi nella casa di Rosy Bormolini sette o otto ammiratori e le ore ad ascoltarlo passavano rapidamente e piacevolmente. Polacche, mazurche, ciarde, variazioni, rondos, notturni, sonate, studi, valses, scherzi, preludi, pezzi vari si susseguivano senza respiro ed erano cascate sonore. A Gigio aveva trasmesso la passione per la musica il nonno, di cui portava lo stesso lungo nome. Con la fisarmonica, brillante per la madreperla delle tastiere, questi girava per le balere del Mantovano a suonare ballabili o musica folcloristica e volentieri si faceva accompagnare dal nipotino. Così al momento delle proprie scelte scolastiche, il ragazzo aveva voluto andare a Parma a frequentare il Conservatorio. Finiti i corsi, col diploma in pianoforte in tasca, aveva lasciato la natia Casalmoro per trasferirsi in Germania a suonare in una orchestra, su invito dell’amico Bruno Venturini. Ermenegildo Savasi si trovò bene a Monaco, dove apprezzava il metodo e la precisione del mondo orchestrale tedesco. Diceva che in Germania aveva imparato seriamente a suonare, a contatto con pianisti di maggiore esperienza e preparazione. Grazie a loro aveva appreso nuove tecniche per esercitare la velocità, la precisione delle dita sulla tastiera, una più effi cace interpretazione dei brani eseguiti davanti al pubblico. Nel capoluogo della Baviera Gigio entrò a far parte di una band: I cinque latini, composta da una batteria, da un contrabbasso, da un sassofono, dal piano a cui stava Savasi, e dal cantante. Questo gruppo musicale era ben quotato, tanto da fare spettacoli sia in televisione sia nei locali più alla moda. Non mancava di una organizzazione curata che lo portava in tournée non solo in Baviera, ma anche al nord della Germania, a Berlino, ad esempio. Andò ad esibirsi anche in Svizzera. I numerosi impegni, il rispetto per il pubblico tedesco e internazionale, dato i locali frequentati, fecero sì che i componenti arricchissero sempre di più il vasto repertorio e si preparassero con scrupolo, per mantenere il positivo giudizio degli estimatori. L’esperienza della Germania durò quindici anni, fi no a quando, convinto dalla famiglia, Ermenegildo rientrò in Italia per stare vicino alla madre tanto amata. Qui egli scelse la strada più sicura per lui da percorrere: affrontò il concorso per l’abilitazione all’insegnamento della musica nella scuola media e venne ad abitare a Desenzano. Ricevette offerte per entrare all’orchestra della RAI di Roma. Gli amici dell’Azienda Autonoma di Soggiorno di Desenzano lo spronarono a prendere contatti con il mondo musicale di Bergamo, ma egli, di carattere timido e schivo, lasciò perdere ogni occasione che gli avrebbe permesso di valorizzare maggiormente la propria arte. Con grande piacere si dedicò invece all’organizzazione dei corsi serali di pianoforte per adulti che tenne con il maestro Fazioli di Manerba e con l’appoggio dell’Azienda di Soggiorno. Con sicuro giudizio Gigio valutava se una persona aveva talento musicale e buona volontà d’apprendere. Per questi si prodigava in ogni modo e non contava le ore spese per la sua preparazione. Sorridendo invece, declinava le richieste dei poco dotati. Come insegnante nelle scuole medie statali della zona, il professor Savasi svolgeva il suo lavoro con senso del dovere e nessuno gli avrebbe potuto fare un appunto. Come collega era molto rispettoso degli altri. Sembrava volesse tenere un certo distacco dalle situazioni e dalle persone, in realtà era un acuto osservatore. Lo dimostravano le rare frasi pronunciate e dette al diretto interessato, che rivelavano comprensione e grande umanità. Preferiva chi non era coinvolto in attività direttive, sembrava anzi che amasse maggiormente chi aveva difficoltà nell’insegnamento e pareva un po’ emarginato dagli altri. Allo stesso modo con gli alunni, se da un lato era esigente nelle richieste di attenzione e di buona esecuzione dei compiti, appoggiava il giudizio favorevole per gli scolari più in difficoltà. Emblematico della sua sensibilità si rivelò un episodio accaduto presso la scuola media di Sirmione, al saggio finale di un anno scolastico. Erano stati invitati per la prima volta a presenziare gli allievi della locale Scuola ANFFAS e l’atmosfera era gioiosa. Dopo la recita di scenette e di poesie, dopo l’esibizione di cori, preparati con cura dal professor Savasi, un ragazzo diversamente abile volle sedersi al piano vicino all’insegnante che fu ben contento di questo e invitò il giovane collega a prodursi. Il giovanotto, dal volto molto simpatico, si mise a suonare i primi accordi di un brano semplice e didatticamente famoso di Beethoven. Ogni tanto però si bloccava e ripeteva gli accordi. Ermenegildo, accortosi immediatamente che il ragazzo non ricordava il seguito della suonata, pose le mani sulla tastiera e terminò egli stesso il pezzo, senza lasciar passare imbarazzanti secondi, tra gli applausi fragorosi della sala, tributati ad ambedue gli esecutori. Il piacere di eseguire brani di grandi compositori lo mantenne partecipando a serate nel Grand Hotel di Gardone Riviera, al Villa Cortine, all’Hotel Ulivi, al Continental di Sirmione Talvolta gli veniva chiesto di suonare per un ampio pubblico in piazza Carducci sempre a Sirmione. In queste occasioni suonava quasi tutto a memoria, con un entusiasmo che lasciava spazio a poche pause. Le sue mani correvano instancabili sul pianoforte e sfiancavano chi lo accompagnava col violino o altro strumento. Poteva tornare a casa alle 2 di notte o alle 6 del mattino. Quando era al piano egli non sentiva stanchezza e avrebbe continuato per ore e ore senza interruzione. Chiedevano alla moglie: “Signora, gli da’ il ginseng per mantenerlo in forma?” In realtà il professor Savasi si esercitava a casa ogni giorno per tre, quattro ore ed era esercizio ineccepibile. Lo stava facendo anche quando venne preso da male irreversibile. Aveva moltissimi spartiti, anche preziosi perché antichi, soprattutto quelli degli autori prediletti: Mozart, Beethoven., Schubert, Chopin, Grieg, Debussy e tra i moderni il notissimo Gershwin. La famiglia li ha fatti rilegare dal Ghirardi. Per la nascita di suo figlio Giuseppe il professore aveva composto una splendida ninna nanna e all’anniversario dei suoi otto anni, per le insistenze del bambino, preparò una canzoncina; ebbe poi la pazienza di insegnarla alla compagnia degli amichetti di Giuseppe, che avevano portato con sé, per la festicciola in casa, semplici improvvisati strumenti. Raggiunta la pensione egli dedicò più tempo ad un hobby che non poteva essere che nel campo dell’arte, infatti si mise a dipingere seguendo i suggerimenti dell’amico pittore Francesco Squassina di Botticino. Non aveva tanti amici, lui così riservato e schivo, ma con i pochi era di una grande schiettezza e di una gentilezza d’altri tempi.

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